L’italia tra le varie nazioni europee, probabilmente assieme alla Francia ed alla “povera” Grecia, è in un periodo di profondo fermento politico.
Sono bastati solo pochi mesi dall’insediamento del “nuovo” governo Renzi, nato dopo la famosa spallata dell’ex sindaco di Firenze all’ex primo ministro Letta, per vivere in questo periodo un inconsueto fermento, sotto il punto di vista politico, per le repentine riforme, ora di parvenza ed ora strutturali, che cercano di far cambiare in modo decisamente positivo il destino della nostra nazione.
Non a caso la recente riforma sulle province, grazie alla decisa opera lusinghiera dei media, si è trasformata difatti agli occhi dei cittadini in un processo di rinnovamento totale e strutturale dell’ordinamento amministrativo del nostro paese, traducendosi secondo i sostenitori del cambiamento in un progetto salvifico per le casse italiane. Peccato per il piccolo particolare tralasciato dai soloni di turno, cioè un decreto legge semplice non può cambiare, notoriamente, la Costituzione Italiana, che difatti prevede ancora l’ordinamento amministrativo delle province. Non solo.
Secondo i fautori di codesto disegno di legge, ora approvato, tutto questo porterà un alleggerimento economico sostanzioso delle casse statali, che ci sarà sicuramente ma non sarà così “sostanzioso” come vogliono far credere. Ciò che, nella sostanza, porterà questo nuovo decreto legge, sarà rendere più leggere le province, svuotandole e cercando di eliminare alcune cariche e pochi compensi “direttivi”.
I risparmi quindi saranno molto modesti, e quella che veniva ad essere dipinta come una riforma completamente “nuova” e “radicale” rispetto agli anni appena passati, senza il governo del “rottamatore” Renzi, viene a denotarsi come una riforma come tutte le altre, cioè profondamente incompiuta e molto “scenica”.
La manovra, invece, che preoccupa molto di più, è quella relativa all’abolizione del Senato e la sua trasformazione nella cosiddetta “Camera delle Autonomie”, spogliata dal potere legislativo e vestita del potere meramente consultivo. Il Monocameralismo non è un’esperienza così nuova nel nostro mondo ma bisogna considerarlo nel contesto in cui si è sviluppato e nel contesto in cui si è radicato.
Le nazioni ad adottare questo sistema sono la Svezia, la Danimarca, l’Islanda, ed in parte anche il Regno Unito, che seppur retto da un sistema bicamerale de iure, de facto una delle due camere ha solo funzioni cerimoniali ed ha pochi poteri.
Questo però non significa che l’esistenza del monocameralismo in pochi paesi europei debba essere usato come modello di democrazia pura a cui ambire, oppure omologare il proprio sistema governativo perché si ritiene che questo sia “adatto” alla nostra cultura. La cultura governativa italiana, come è noto, è stata costruita attorno ad un bicameralismo perfetto e sarà piuttosto dura digerire la volontà, da parte dei nuovi arrivati, di una rivoluzione non solo strutturale ma anche e soprattutto culturale nella nostra nazione.
Ad avvalorare questa tesi sicuramente c’è la fase storica attraversata dai partiti italiani dopo lo scandalo di Tangentopoli, che ha portato difatti i partiti italiani ad omologarsi sulla scia della destra e della sinistra europea, cercando di giungere al tanto agognato, mai raggiunto pienamente, Bipolarismo.
Sicuramente le recenti elezioni non hanno fatto altro che demolire la logica bipolare evidenziando, con l’emergere del Movimento 5 Stelle, una difficoltà oggettiva nell’elettorato italiano nel dividersi ai soli due esistenti poli politici.
Quindi la decisione di presentare una proposta così coraggiosa e così strutturalmente rivoluzionaria non fa altro che marcare la volontà del “nuovo arrivato” Renzi di sparpagliare le carte in tavola, cercando di virare su manovre non del tutto così necessarie per il nostro paese, nonostante i proclami sul risparmio che questa arrecherebbe alle “povere” casse dello Stato. Bisogna risparmiare è vero, ma bisogna anche capire che non si può barattare l’equilibrio dei poteri per la logica del risparmio, senza considerare che difatti, al governo non c’è una maggioranza riconosciuta nell’elettorato. La logica del risparmio in uno Stato è sacrosanta se nella sostanza è equilibrata e non porta solo a manovre strutturali ed eclatanti per convincere i cittadini, che ormai non hanno più fiducia nelle soggetti istituzionali.