L'obiettivo di Grillo (di Marco Bracconi)

Creato il 18 dicembre 2013 da Tafanus

Mi trovo spesso d'accordo con le analisi di Marco Bracconi. Non questa volta (non in toto), e proverò a spiegare perchè. Quello che segue è un lungo estratto dell'articolo di ieri di Marco Bracconi su Repubblica.it

Nella fase politica che si è aperta con la decadenza di Berlusconi, la sentenza della Consulta e il cambio della guardia al vertice del Pd ci sono alcuni comportamenti del Movimento Cinque Stelle difficili da comprendere.
[...] Grillo vuole le elezioni, subito. Posizione legittima. Vuole anche le dimissioni del presidente della Repubblica e l'elezione di un nuovo capo dello Stato da parte del nuovo Parlamento. Anche questa è una posizione legittima, pur se i modi con cui la esprime fanno danno non solo a Napolitano ma a tutto il Paese, che avrà bisogno di istituzioni salde anche dopo questa presidenza, comunque la si giudichi.
Ma dicevamo. Voto anticipato il prima possibile e via l'inquilino del Colle. Sono questi gli obiettivi politici di breve termine che Beppe Grillo dichiara pubblicamente quasi ogni giorno.
Tutti sanno, anche lui, che questo governo durerà fino a quando non ci sarà una nuova legge elettorale. Esattamente come tutti sanno che un minuto dopo l'approvazione della nuova legge elettorale il governo è praticamente finito. Tutti sanno, infine, che prima si fa la legge elettorale e più Renzi è contento.
Mettendo in fila questi tre elementi, e facendo un elementare ragionamento politico, è evidente che - se vuole - Grillo può tentare di ottenere il suo obiettivo in tempi molto più rapidi di quelli previsti dall'agenda Letta. Una apertura chiara e seria sulla legge elettorale, accettando un confronto senza pregiudiziali e poi trattando alla pari in modo costruttivo, innescherebbe immediatamente il count down per l'esecutivo. Perché per il solo fatto di essere stata fatta renderebbe più fragile l'asse premier-Quirinale, introducendo uno schema alternativo per il superamento del Porcellum capace di imporre a tappe forzate l'avvicinamento alle urne [...]

Non si capisce allora se Grillo queste elezioni il prima possibile le voglia davvero oppure no. Dai titoli del suo blog si direbbe di sì, ma da una lettura logica dei suoi comportamenti politici sembra proprio che tornare al voto più in fretta possibile non gli interessi affatto.
Se il capo politico del Movimento sostiene che le elezioni sono il bene del paese, perché non agisce politicamente in modo da renderle più vicine?
Ognuno può dare il suo giudizio, ma qui non è questione di giudizio. E' questione di logica politica. Che - se prendiamo per buone le parole di Grillo - non ha alcun senso. Basta vedere come si muove l'altro competitor che vuole le elezioni subito: Berlusconi apre a Renzi non perché inciucia, ma perché sa benissimo che questo può accelerare tutto.
Le spiegazioni possibili di questa contraddizione del Movimento sono due.
C'è la possibilità che Grillo desideri in realtà il contrario di ciò che dice, vale a dire che si governicchi ancora a lungo per lucrare sulle anomalie (che ci sono) di questa fase politica.
Ma forse c'è anche una vera difficoltà del Movimento a coniugare le naturali e inevitabili necessità della politica con la propria identità. L'idea di compromettersi alla pari con i partiti, senza dettare condizioni ma trattando, è fuori dal Dna dei 5Stelle. Sedersi ad un tavolo paritario con altri è incompatibile con l'assunto programmatico della sparizione delle forze politiche e con l'impostazione delegittimante verso tutto il resto della classe dirigente. Però è anche vero che le circostanze vogliono che una deroga a questo elemento identitario potrebbe offrirebbe ai pentastellati una ottima occasione per avvicinarsi ad un obiettivo politico da loro stessi definito urgente e prioritario.
Vaghe aperture sul Mattarellum servono a poco per smuovere il timing verso le elezioni anticipate. Mentre l'offerta di un tavolo paritario e trasparente sulla legge elettorale, senza pregiudiziali, avrebbe un impatto molto forte sulle prospettive del governo. Un governo che vede come il fumo negli occhi ogni tentativo di sottrarre il percorso della riforma elettorale dai confini della maggioranza.
Insomma, ragionando politicamente, questa scelta di mettersi un po' alla finestra sul tema del dopo-Porcellum è una mossa completamente sbagliata. Se Grillo vuole provare ad avere il voto nella finestra invernale ed un nuovo presidente della Repubblica in primavera la prima cosa che dovrebbe fare è prendere una iniziativa "dialogante" - senza cedere nulla della sua radicalità - sulla legge elettorale.
Quello che non è chiaro è se non vuole farlo perché sotto sotto gli sta bene ancora così per un po', oppure se non è in grado di farlo perché prigioniero di una identità con la quale ha costruito il suo successo ma che ora gli impedisce di forzare il quadro in una direzione a lui gradita.
Intendiamoci. Conservare coerenza e identità è fondamentale per qualsiasi partito o movimento che voglia mantere radici nella società. Ma anche l'essere conseguenti tra le parole e i fatti - "non come fanno i partiti" - è parte integrante dell'identità grillina

Marco Bracconi

A me la posizione di Grillo, a fronte della sentenza della Consulta sul Porcellum, appare abbastanza "cartesiana":

-a) alle politiche di febbraio il M5S haportato alla Camera 109 deputati, in ragione dell'ottimo risultato ottenuto in febbraio, vanificato in gran parte dal meccanismo del Porcellum, che assegna il 55% dei deputati alla coalizione che prende la maggioranza relativa. Risultato netto: col 25,5% dei voti ha preso il 17,3% di deputati;

-b) La sentenza della Consulta impone di fatto un ritorno al proporzionale. Se così sarà (come e quando non siamo in grado di prevederlo) attualmente il M5S, con un calo al 21% (in discesa) nei sondaggi, in sistema proporzionale prenderebbe 132 deputati (23 in più di febbraio).

-c) Grillo ha quindi fretta di andare al voto per incassare, e perchè avverte il logoramento denunciato dai sondaggi. The sooner, the better. Inoltre, la politica urlata ("al voto, al voto") gli consente ancora per un po' di posizionarsi come il paladino dell'antipolitica (né di qua, né di la"). Non deve scegliere, e questo premia il suo qualunquismo.

-d) In questo quadro rientra il suo abbaiare alla luna sulla destituzione di Napolitano. Premia la demagogia, e sostanzialmente Grillo capisce (o gli hanno spiegato) che con Napolitano Presidente, NON si andrà al voto finchè non ci sarà una nuova legge elettorale.

-e) D'accordo con Bracconi che se ci sarà una nuova legge elettorale, tempo un nanosecondo il Governo Letta andrebbe a casa (per mano nell'asse Grillo-Berlusconi-Renzi). Davvero qualcuno pensa che Renzi si sia sbattuto tanto per fare il Segretario del PD?). Grillo-Berlusconi-Renzi: quello che l'altro giorno Cacciari ha definito "l'asse del populismo".

-f) Molti altri hanno interesse ad andare al voto: i sopraddetti populisti, e i partitini che alle passate elezioni non hanno raggiunto le soglie di sbarramento.

-g) Il quadro politico resta quindi spaccato fra "partito della stabilità" (o dell'immobilismo), e "partito della crisi". Tutti sanno che Napolitano non scioglierà le Camere prima che si vari una nuova legge elettorale. Ma questo varo è una condanna a morte per Letta e per la parte minoritaria del PD che NON fa riferimentoi a Renzi. Il non-varo della legge elettorale è un salvavita per Letta e Alfano.

QUINDI?

Quindi c'è una parte maggioritaria del Parlamento che è per ragioni varie ed assortite per il voto al più presto, ma non sufficientemente maggioritaria per poter schivare la zavorra dell'art. 138 della Costituzione (e parecchie proposte sentite finora richiedono modifiche alla seconda parte della Costituzione). Insomma, sono in una fase da " vorrei ma non posso".

C'è quindi il rischio che restino a favore della stabilità (e quindi ostacoleranno qualsiasi legge elettorale) TUTTI quelli che hanno motivi per restare: Letta e i non-renziani del PD, Alfano (che non riesce a consolidare su quote significative il suo partitino, anzi avverte già una certa erosione) e frange dei risultati di Febbraio (Monti, Casini). Penso quindi che la maggioranza populista sarà spinta ad accettare una legge elettorale purchessia, a costo di accettare l'odiato uninominale a doppio turno.

E' quindi il momento, per ciò che resta del PD di sinistra, di dettare le regole. Senza lasciarsi logorare in discussioni sul triplo turno alla israeliana con scorporo alla cinese. Detti le sue regole. Renzi sa che la sua popolarità potrà cadere con la stessa velocità con la quale è salita. Berlusconi ha fretta (il suo Forza Italia è in caduta verticale); chi non ha rappresentanza in forza di un maggioritario con elevate soglie di sbarramento è ansioso di sedersi di nuovo al tavolo del banchetto.

Al voto, al voto! Bene. Andiamo al voto, ma andiamoci con una legge elettorale che ha sempre premiato (vedi doppio turno alle amministrative) il Partito Democratico, premia la conoscenza diretta dei candidati sul territorio. E senza lasciarsi logorare in trattative infinite. Prendere o lasciare.

Tafanus

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