di Gerardo Lisco. Come si evince da una serie di dati l’Italia si trova in una congiuntura favorevole per la ripresa ed è questa un’occasione da non perdere. Congiuntura favorevole non dovuta all’azione del Governo ma a fatti internazionali ormai noti e cioè: calo del prezzo del petrolio e svalutazione dell’euro rispetto al dollaro. Condizioni queste entrambe favorevoli all’export. L’unico fattore interno che dovrebbe contribuire alla ripresa in termini occupazionali sarebbe il Jobs Act. Ma come si evince da più di uno studio la crescita dell’occupazione dipenderà dalla trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato con tutele crescenti. Cioè si sta passando, dal licenziamento dovuto alla scadenza del contratto, al licenziamento collettivo dovuto a cause economiche che interverranno, alla fine del ciclo economico positivo, se il Governo non coglierà fino in fondo l’occasione favorevole per rilanciare la crescita. Da alcuni elementi è possibile ipotizzare che tale congiuntura favorevole non possa andare oltre la fine di quest’ anno. La Fed nei giorni scorsi aveva lasciato intendere di voler alzare il tasso di interesse. Poi come era presumibile non lo ha fatto. L’economia Usa, per quanto in crescita, presenta ancora delle criticità.Penso quindi che l’aiuto degli Usa all’economia Ue sia dovuto più a fattori politici, cioè al ruolo Imperiale che svolge da oltre mezzo secolo, che a scelte economiche. Retribuzioni basse, orari di lavoro parziali e una disoccupazione ancora al 5,5% imporrebbero scelte non proprio generose verso gli alleati/satelliti. A questi due fattori che riguardano gli Usa se ne aggiungono altri strettamente legati all’Ue e allo stesso Qe. Del denaro che la Bce sta immettendo sul mercato bisogna vedere quanto ne finirà davvero a imprese e famiglie cioè ai consumatori. C’è anche da dire che, il Qe, se non accompagnato da politiche di investimenti produttivi finalizzati alla crescita finirà solo con l’alimentare il debito. Una crescita del Pil dello 0,4%, questa è la proiezione , è infatti del tutto insufficiente. L’indicazione, che viene da più parti, circa la costituzione di una o più bad bank che, rilevando dal sistema bancario il credito inesigibile, dovrebbe facilitare la concessione di prestiti a imprese e famiglie potrebbe rilevarsi un boomerang capace solo di alimentare la crescita del debito pubblico. L’Italia per non perdere l’occasione, qui c’entra davvero l’azione del Governo, dovrebbe creare le condizioni perché alla fine del ciclo economico positivo possa trovarsi in condizioni tali da assorbire gli effetti negativi. Da più parti, soprattutto istituzioni finanziarie, viene l’invito a non perdere l’occasione continuando, se non addirittura accelerando sulle riforme. Ed è qui il punto quali riforme? Le riforme che vengono indicate sono sempre le stesse: flessibilità del mercato del lavoro, riduzione della spesa pubblica con tagli soprattutto alla spesa sociale, moderazione salariale, privatizzazioni, riduzione del ruolo dello Stato. In una parola politiche economiche liberali. Per gli Istituti finanziari internazionali la questione principale è e resta come ridurre il debito pubblico. Il Governo invece di concentrarsi sulla riduzione del debito pubblico con i soliti tagli lineari, che hanno contribuito a far crescere il debito, dovrebbe concentrarsi sulla qualità della spesa pubblica aumentandola nei settori strategici. La spesa pubblica italiana presenta proprio nei settori strategici poste finanziarie risibili. Ne riporto alcuni a titolo di esempio: ricerca, istruzione, cultura, fonti energetiche rinnovabili, l’Italia in tutti i settori elencati si attesta nelle ultime posizioni molto al di sotto di quelle occupate dai Paesi avanzati. Per quanto riguarda le politiche industriali è di questi giorni l’acquisizione della Pirelli da parte di un Gruppo industriale Cinese. Questo è un altro esempio dei limiti delle politiche economiche dei governi degli ultimi anni compreso quello in carica. Concludo facendo mia la riflessione dell’economista Dani Rodrick ne 'La globalizzazione intelligente' e cioè: "Le democrazie hanno il diritto di proteggere i loro patti sociali, e quando tale diritto entra in conflitto con le esigenze dell’economia globale, è quest’ultima che deve cedere il passo. Tra gli interessi dello Stato nazionale e gli interessi del grande capitale finanziario rivenienti dai processi della globalizzazione, se l’obiettivo è quello di salvaguardare Democrazia e Welfare devono prevalere gli interessi nazionali". Ed è proprio per onorare il patto sociale sottoscritto con i propri cittadini che la democrazia italiana ha l’obbligo di cogliere l’occasione favorevole.
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di Gerardo Lisco. Come si evince da una serie di dati l’Italia si trova in una congiuntura favorevole per la ripresa ed è questa un’occasione da non perdere. Congiuntura favorevole non dovuta all’azione del Governo ma a fatti internazionali ormai noti e cioè: calo del prezzo del petrolio e svalutazione dell’euro rispetto al dollaro. Condizioni queste entrambe favorevoli all’export. L’unico fattore interno che dovrebbe contribuire alla ripresa in termini occupazionali sarebbe il Jobs Act. Ma come si evince da più di uno studio la crescita dell’occupazione dipenderà dalla trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato con tutele crescenti. Cioè si sta passando, dal licenziamento dovuto alla scadenza del contratto, al licenziamento collettivo dovuto a cause economiche che interverranno, alla fine del ciclo economico positivo, se il Governo non coglierà fino in fondo l’occasione favorevole per rilanciare la crescita. Da alcuni elementi è possibile ipotizzare che tale congiuntura favorevole non possa andare oltre la fine di quest’ anno. La Fed nei giorni scorsi aveva lasciato intendere di voler alzare il tasso di interesse. Poi come era presumibile non lo ha fatto. L’economia Usa, per quanto in crescita, presenta ancora delle criticità.Penso quindi che l’aiuto degli Usa all’economia Ue sia dovuto più a fattori politici, cioè al ruolo Imperiale che svolge da oltre mezzo secolo, che a scelte economiche. Retribuzioni basse, orari di lavoro parziali e una disoccupazione ancora al 5,5% imporrebbero scelte non proprio generose verso gli alleati/satelliti. A questi due fattori che riguardano gli Usa se ne aggiungono altri strettamente legati all’Ue e allo stesso Qe. Del denaro che la Bce sta immettendo sul mercato bisogna vedere quanto ne finirà davvero a imprese e famiglie cioè ai consumatori. C’è anche da dire che, il Qe, se non accompagnato da politiche di investimenti produttivi finalizzati alla crescita finirà solo con l’alimentare il debito. Una crescita del Pil dello 0,4%, questa è la proiezione , è infatti del tutto insufficiente. L’indicazione, che viene da più parti, circa la costituzione di una o più bad bank che, rilevando dal sistema bancario il credito inesigibile, dovrebbe facilitare la concessione di prestiti a imprese e famiglie potrebbe rilevarsi un boomerang capace solo di alimentare la crescita del debito pubblico. L’Italia per non perdere l’occasione, qui c’entra davvero l’azione del Governo, dovrebbe creare le condizioni perché alla fine del ciclo economico positivo possa trovarsi in condizioni tali da assorbire gli effetti negativi. Da più parti, soprattutto istituzioni finanziarie, viene l’invito a non perdere l’occasione continuando, se non addirittura accelerando sulle riforme. Ed è qui il punto quali riforme? Le riforme che vengono indicate sono sempre le stesse: flessibilità del mercato del lavoro, riduzione della spesa pubblica con tagli soprattutto alla spesa sociale, moderazione salariale, privatizzazioni, riduzione del ruolo dello Stato. In una parola politiche economiche liberali. Per gli Istituti finanziari internazionali la questione principale è e resta come ridurre il debito pubblico. Il Governo invece di concentrarsi sulla riduzione del debito pubblico con i soliti tagli lineari, che hanno contribuito a far crescere il debito, dovrebbe concentrarsi sulla qualità della spesa pubblica aumentandola nei settori strategici. La spesa pubblica italiana presenta proprio nei settori strategici poste finanziarie risibili. Ne riporto alcuni a titolo di esempio: ricerca, istruzione, cultura, fonti energetiche rinnovabili, l’Italia in tutti i settori elencati si attesta nelle ultime posizioni molto al di sotto di quelle occupate dai Paesi avanzati. Per quanto riguarda le politiche industriali è di questi giorni l’acquisizione della Pirelli da parte di un Gruppo industriale Cinese. Questo è un altro esempio dei limiti delle politiche economiche dei governi degli ultimi anni compreso quello in carica. Concludo facendo mia la riflessione dell’economista Dani Rodrick ne 'La globalizzazione intelligente' e cioè: "Le democrazie hanno il diritto di proteggere i loro patti sociali, e quando tale diritto entra in conflitto con le esigenze dell’economia globale, è quest’ultima che deve cedere il passo. Tra gli interessi dello Stato nazionale e gli interessi del grande capitale finanziario rivenienti dai processi della globalizzazione, se l’obiettivo è quello di salvaguardare Democrazia e Welfare devono prevalere gli interessi nazionali". Ed è proprio per onorare il patto sociale sottoscritto con i propri cittadini che la democrazia italiana ha l’obbligo di cogliere l’occasione favorevole.
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