Rand sulla copertina dell'ebook di L'Occhio del Mondo
Robert Jordan è morto senza aver potuto completare La Ruota del Tempo. Dopo undici romanzi il 16 settembre 2007 lo scrittore è scomparso a causa di una rara malattia con la quale ha lottato per quasi due anni. E fra le preoccupazioni dell’ultimo periodo della sua vita c’era anche quella di non voler lasciare i fan senza la conclusione della sua saga. Per questo ha lasciato un’enorme quantità di materiale sotto forma di appunti, bozze, capitoli incompiuti, sequenze di eventi, nastri audio, in modo che qualcun altro potesse completare un giorno la sua opera.
Dopo la morte di Jordan la vedova, sua editor da sempre, ha scelto un giovane scrittore, Brandon Sanderson, per completare la saga. E Sanderson, pur essendo un grandissimo fan di Jordan e avendo letto i libri un’infinità di volte, per meglio cogliere lo spirito dei romanzi li ha riletti ancora una volta prima di mettersi a scrivere. A suo tempo ha pubblicato in proposito una lunga e interessante serie di messaggi sul proprio blog. Ne riprendo il contenuto a partire dalle sue impressioni su L’Occhio del Mondo.
Adesso che è uno scrittore affermato Sanderson sa quanto sia complicato prevedere ciò che avverrà in volumi che ancora devono essere scritti. Pur conoscendo a grandi linee lo svolgersi degli eventi futuri, anticipare i dettagli di una serie così lunga è una cosa difficilissima, e lui si dichiara stupefatto per l’abilità con cui Jordan è riuscito a porre le fondamenta per i libri che doveva ancora realizzare.
Un esempio di ciò, a suo dire, sono le visioni di Min, ma anche l’uso della mitologia e della storia per preparare il lettore alla trama della Grande caccia o a eventi ancora più lontani nel tempo come le interazioni fra gli Aiel o il ritorno dei Seanchan.
A suo giudizio il modo di scrivere di Robert era straordinario, e durante la rilettura è stato colpito dalla sua incredibile capacità di intrecciare insieme idee molto diverse fra loro.
Secondo lo scrittore, nell’ultimo libro saranno molti i richiami a L’Occhio del Mondo, proprio per dare al lettore un senso di chiusura del disegno e accordarsi al motivo della Ruota che gira.
Quando Sanderson ha fatto quest’affermazione pensava ancora che avrebbe scritto un libro intitolato A Memory of Light. Con il tempo il suo lavoro si è rivelato molto più vasto del previsto, e il romanzo ha finito con l’essere suddiviso in tre parti: Presagi di tempesta, già tradotto in italiano, Towers of Midnight, ancora da tradurre, e A Memory of Light, ancora in corso di scrittura.
Per quanto riguarda la rilettura vera e propria, Sanderson si dichiara stupefatto per le emozioni provate. La prima volta che aveva preso in mano L’Occhio del Mondo, infatti, era lui stesso un teenager e gli era venuto spontaneo simpatizzare con Rand, Mat e Perrin.
E anche le volte successive erano stati loro ad attirare maggiormente la sua attenzione, mentre era frustrato dal fatto che Nynaeve e Moiraine cercassero sempre di tenerli al guinzaglio, dandogli continuamente ordini su come comportarsi e cosa dire o non dire.
Ora, a distanza di anni dall’ultima rilettura, lo stesso Brandon ha avuto modo di crescere e maturare e stranamente — quasi a tradimento, dice lui — ora si ritrova a vedere Rand, Mat e Perrin come degli incoscienti teenager. Al punto da aver voglia, a volte, di urlare per trattenerli dal fare qualcosa di folle, come andare a passeggio per Shadar Logoth senza avvisare nessuno.
E se in passato aveva visto in Nynaeve una specie di autoritaria sorella maggiore, ora che la sua età è vicina a quella del personaggio di Jordan riesce a comprenderne meglio le motivazioni, al punto da ritenerla uno dei personaggi più eroici dell’intero libro.
Se Rand e compagni infatti non avevano avuto altra scelta, la Sapiente ha lasciato i Fiumi Gemelli di sua spontanea volontà, viaggiando da sola malgrado il recente attacco, ed è riuscita a seguire le tracce del gruppo di fuggitivi. E nonostante il fatto che avrebbe potuto tornare a casa in qualsiasi momento, e che Moiraine continuava a trattarla come una bambina, il suo senso del dovere e la sua determinazione l’hanno spinta a rimanere per proteggere i suoi compaesani.
Sanderson ribadisce di essere impressionato da ciò che è riuscito a realizzare Jordan, e afferma senza mezzi termini che questi libri dovrebbero essere studiati da ogni aspirante scrittore.
In un’intervista del 2005 aveva detto che questi volumi erano un perfetto equilibrio di elementi tradizionali, che rendono la storia familiare al lettore, ed elementi innovativi, che forniscono continuamente nuove cose da scoprire. In questi romanzi riusciva a percepire l’essenza del fantasy, pur senza rileggere la stessa storia narrata in innumerevoli altri libri.
E anche adesso che le opere di Jordan sono diventate dei classici del genere, al punto da divenire esse stesse degli archetipi, non hanno perso nulla della loro freschezza e della capacità di coinvolgere il lettore.
Ora nella sua analisi Sanderson si sofferma principalmente sulla caratterizzazione dei personaggi. Se i teenager possono essere affascinati da Egwene o da uno dei ragazzi, altre figure pensano e agiscono in modo diverso, riuscendo a catturare le emozioni di persone di tutte le età.
A suo giudizio questo è uno dei motivi perché questi romanzi funzionano così bene: ciascuno è in grado di trovare un personaggio vicino a lui e di immedesimarvisi, perché il loro creatore è entrato nella loro mente ed è riuscito a mostrarci davvero chi sono e cosa sentono.