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“Fu in quel momento che mi colpì l'odore, un odore molto simile a quello dei macelli all'alba, ma infinitamente più dolce e lievemente nauseabondo, anzi, per essere più precisi, esilarante. Mischiato a quell'odore c'era quello di alcool, di etere e ancora altri ma l'odore del sangue, con la sua dolcezza, con il suo zucchero umano, con la sua linfa, dominava su ogni altro e nemmeno i flussi d'aria che entravano violenti nell'abitacolo, riuscivano a portarlo via: stagnava, nella sua dolcezza, e per così dire parlava; si esprimeva, un po' come potrebbe esprimersi un quadro. Quell'odore era un'opera d'arte, quando è veramente tale, esprimeva soprattutto il mistero, l'attesa, il rimando a capire. A capire che cosa? Non lo sapevo. Lo tornai a sentire, forse inconsciamente a cercare, e a cercare di capire, altre due o tre volte in sala operatoria. Era lo stesso, stessissimo odore, ma nel corpo prima di un uomo sui cinquant’anni (il soldato ferito ne avrà avuto venticinque), poi in quello di una donna, poi in quello di una ragazza. Non cambiava, era lo stesso odore, dolce, leggermente esilarante, dolcemente nauseabondo. Il che significa che, almeno in materia ematica, gli uomini nascono con uguali diritti. Ma continuavo però a venirne attratto e a non capire. Sì, era chiaro, quello era l'odore della vita, l'odore più profondo essenziale ed unico della vita, ma perché mi attraeva tanto? [...] Forse quel tanto di belluino, perfino di antropofagico e vampiresco che, nel profondo più profondo, esiste ancora nell'uomo? Forse. Forse come una metafora, cioè come qualche cosa che allude ad altra o altre cose, per esempio alla brevità della vita, alla sostanza di cui siamo fatti, al fagotto di ossa carne e appunto sangue di cui siamo al tempo stesso contenuto e contenitore? Forse al Dove andiamo, chi siamo, da dove veniamo? a cui appunto allude Paul Gauguin in suo famoso quadro? Certamente a tutto questo perché in quell'odore, nella dolcezza di quell'odore c'era anche una punta dell'odore di secrezioni, di sperma, cioè di acque e di ittico, una punta di quell'odore di mare che si coglie alle volte quando si ingoia un'ostrica fresca insieme alla sua acqua marina. Ma non più di una punta che bastava a spiegare tutto in una sola, chiara, ma in realtà vaghissima parola : la vita”. Goffredo Parise (1979)