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Se The Missing creava un mistero attorno a un’assenza, Broadchurch, anch’essa serie brittanica, si tinge di giallo.
C’è un omicidio.
Lo sappiamo dopo pochi minuti.
È stato ucciso un bambino a Broadchurch, una città turistica inglese che campa sulla bellezza delle sue coste a strapiombo sul mare.
L’assassino è uno del posto e vari membri della comunità finiscono tra i sospettati.Intreccio classico che, però, esattamente come per The Missing, non deve trarre in inganno e far storcere il naso.
Broadchurch non è, con ogni probabilità, come ve l’aspettate.
E di sicuro potrebbe sorprendervi.
La giudico meno raffinata rispetto a The Missing. E per raffinatezza intendo che, pur presentando tutta una serie di artifizi narrativi ineccepibili, primo fra tutti il sistema a incastro, che ti costringe a divorare un episodio dopo l’altro per sapere come va a finire, manca di orchestralità nella costruzione.
Non ci sono piani temporali che attraverso il passato spiegano il presente e viceversa, non ci sono attori invecchiati e indizi dimenticati.
Il tempo è il presente. È tutto contemporaneo, sotto i nostri occhi.
Il passato, se mai, affiora attraverso rarissimi flashback esplicativi, mai superflui. Oppure è il passato scomodo di alcuni dei protagonisti, la loro essenza che riemerge per giudicare il loro presente.Attenzione, non sto dicendo che una serie è inferiore all’altra perché non presenta vari piani temporali, dico che in questo caso s’è adottato un meccanismo di narrazione più lineare, tutto qua, quindi meno raffinato, meno snob, se vogliamo, ma pur sempre efficace.Broadchurch costruisce il mistero intorno a un corpo.
La morte, scriveva Sartre, è l’unica cosa che ci oggettivizza. Alla nostra morte finiamo alla piena mercé degli altri: diventiamo degli oggetti.
Dura cosa da accettare, per noi che c’illudiamo con la soggettività: droga del nostro essere.
La cosa che colpisce, almeno per quanto mi riguarda in positivo, è l’assoluta mancanza di retorica nei confronti della vittima.
Non ci interessa conoscere la storia del bambino, infatti, essa ci viene preclusa, insieme a futili dettagli personali, ci intriga, da spettatori e improvvisati investigatori, ricostruire il come a un certo punto della sua breve esistenza, questo bambino si sia ritrovato, come suggerisce la sequenza d’apertura, sul ciglio della scogliera, per poi essere rinvenuto senza vita alla base di essa, un centinaio di metri più in basso.
Quindi c’è un oggetto: il cadavere.
Ci sono gli affetti di questo.
E tutta una schiera di personaggi che nascondono il loro passato, per svariate ragioni.
Ho già accennato in un articolo a uno dei protagonisti di questa serie: David Bradley, il vecchio colpito, come detto, dal proprio passato nebuloso.
Siamo, sempre citando Sartre, ciò che siamo senza alcuna possibilità di non esserlo.
Il nostro passato, stranamente, è sempre a noi contemporaneo e contribuisce a determinare, così pare suggerire il percorso di ognuno dei bravissimi protagonisti, il nostro presente.Direi quindi che Broadchurch si concede, a proposito di snobismo, anche derive esistenzialiste. Mai noiose, ma sopraffine.
Ipotesi, la mia, rafforzata dall’aver posto, al centro dell’indagine e dell’azione, Alec Hardy, un David Tennant sciupato e con la barba incolta, un detective che, come tutti, porta su di sé il fardello dei propri fallimenti e non solo, è affetto da una malattia debilitante che, con ogni probabilità, lo condurrà a una fine prematura.
Come contraltare, ma in realtà anche lei non fa che confermare questa ipotesi, Olivia Colman, la detective Ellie Miller, è una donna normale, professionista, madre, moglie, che manca dell’ossessione del suo collega. Certi abissi uno li può comprendere solo scendendovi. Quindi a un’esistenza ossessionata e distrutta come quella di Hardy, se ne contrappone un’altra normalissima.
In ciò rispettando la teoria degli opposti che contribuisce a fondare i più riusciti dynamic duo.Assistiamo ancora una volta a una disperata rincorsa all’ultima azione, quella che, se compiuta, può dare un significato a un’altrimenti sprecata esistenza.
Sarebbe proprio il caso di dire: giocarsi tutta la vita in un colpo solo.
Hardy è l’emblema dell’uomo che deve ristabilire le sue priorità. Tra una vita che s’allontana sempre più e un presente ormai privo di senso personale, arrestare l’assassino di un bambino per portare ai suoi genitori la verità, per quanto cruda essa sia, appare essere la cosa giusta.
Un uomo solo, quindi, liberato dall’illusione di un futuro che non ha più. Il solo che riesce a vedere ciò che resta invisibile anche a un metro di distanza, perché si ha la vista offuscata da altre cose.Il passato dei personaggi quindi, a proposito di piani temporali, è del tutto superfluo, sic stantibus rebus, per una messinscena, dato che esso s’insinua costantemente nel presente, attraverso fotografie, dialoghi, presunzioni d’innocenza e colpevolezza.
Quando il cast venne scritturato, a tutti gli attori venne tenuta segreta l’identità del colpevole. S’è proceduto in questo modo per mantenere tutti nell’incertezza, per spingerli a dissimulare, nell’interpretazione dei personaggi, a dipingere sui loro volti il dubbio e il disagio.
Il risultato è lodevole: si sospetta, puntata dopo puntata, di ognuno di loro. Un microcosmo di persone non proprio limpide che possiedono, loro malgrado, tutte motivazioni abiette e/o sciocche per uccidere un bambino.
Ne esce un quadro sociale non proprio lusinghiero, unito alla critica ai mass-media, oggi sempre più protagonisti di linciaggi mediatici sistematici.È il XXI secolo, baby. Può non piacerci, ma c’è un fatto che tendiamo sempre a dimenticare: che questo mondo l’abbiamo costruito noi, a colpi di telecamera negli anni Ottanta, e continuiamo a costruirlo, a colpi di smartphone.La realtà è quella che è, non si cambia, visto che l’abbiamo voluta noi e l’avalliamo ogni giorno, contribuendo sui social network all’annullamento del concetto di privacy.
Questo sembra dire Broadchurch, ma stabilisce anche che il valore di certe azioni, come l’orrore di altre, non è destinato a cambiare.
Non a breve termine, per lo meno.
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