Credo che Utrecht sia una città discriminante, nel senso che chi nasce lì sembra favorito nella carriera calcistica, chissà cosa daranno da mangiare ai bambini! Oggi non parlerò del campione più noto di Utrecht, Marco, il cigno, ma di Wesley Benjamin Sneijder. Nasce il 9 giugno 1984 e, come tanti campioni olandesi, si forma nelle giovanili dell’Ajax. L’esordio avviene presto, dicembre 2002, un po’ per caso. Koeman si ritrova senza titolari disponibili per la partita con l’Excelsior, dalla primavera parlano bene di questo ragazzo dai piedi buoni, bassino, solo 170 cm, ma l’intelligenza tattica e le cannonate che tira spaventano non poco gli avversari. Inizia a giocare come mediano, sia regista che di rottura all’occorrenza, ma essendo giovane e smanioso di giocare si adatta anche a ricoprire la fascia destra. Una vera fortuna per i biancorossi averlo in squadra. In pochi mesi diventa titolare inamovibile, si mostrerà sicuro anche nell’esordio in Champions League. Il primo anno in prima squadra l’Ajax ottiene un secondo posto, l’anno successivo vince il Campionato. Andrà via dai Paesi Bassi nel 2007, dopo aver vinto due Coppe d’Olanda e tre Super Coppe d’Olanda.
La seconda vita di Sneijder è in Spagna, con il Real Madrid, il suo arrivo coincide con la partenza di Beckham, da cui eredita la cameseta 23. Le sue doti gli permettono di primeggiare anche tra i blancos, 30 presenze e 9 reti, ma soprattutto tanti assist, anche perché da mediano viene spostato sulla trequarti, come rifinitore, infatti nella seconda stagione porterà il numero 10. Il primo anno con il Real termina con il titolo spagnolo. Nell’estate del 2008 si infortuna, ma riesce a recuperare prima del previsto e continua a deliziare i tifosi madrileni con le sue traiettorie precise, impressiona per le capacità balistiche, un vero cecchino, l’olandese è addirittura ambidestro nel calciare gli angoli, un artista. Nel 2009, come amano dire i giornalisti oggi, non fa più parte del progetto dei blancos, decide di venire in Italia e soddisfare le ambizioni di Moratti.
Il nuovo numero 10 dell’Inter gioca la prima partita senza nemmeno essersi mai allenato con la squadra. Mourinho crede molto in lui e lo getta nella mischia con ottimi risultati. La personalità non gli manca e l’esordio è ottimo: l’Inter batte il Milan 4 a 0. Il gioco nerazzurro è nei piedi e nella testa dell’olandese. Il 2010 è un anno da incorniciare nella carriera di Wes, è tra i protagonisti del triplete nerazzurro, a Milano vincerà anche il mondiale per club, sfortunatamente non disputerà la finale, causa problemi fisici. Dal punto di vista sentimentale va tutto a gonfie vele, archiviato il divorzio con la prima moglie, Ramona Streekstra, ad agosto sposa la bellissima Yolanthe Cabau, dopo aver sfiorato l’impresa al Mondiale di Sudafrica, chiudendo comunque da vice-campione dietro solo all’Invincible Armada. Nella classifica del Pallone d’Oro arriva 4°, dietro ai tre marziani del Barcellona. Quando tutto va per il verso giusto è ora di iniziare a preoccuparsi. Per Wesley arriva il primo infortunio, uno stiramento muscolare di un certo rilievo, essendo il giocatore più importante per gli schemi dell’Inter, il subentrante Ranieri decide di non rischiarlo e lasciarlo in panchina anche più del dovuto. La terza stagione in nerazzurro è appannata dal rendimento di tutta la squadra, ma non è colpa di Snejider. Il 2 agosto 2012 inizia la sua quarta stagione a Milano, già dalla prima partita per i preliminari di Champions League Wes si fa trovare pronto, desideroso di riscattare la stagione appena conclusa, purtroppo dopo un mese circa è costretto a stare lontano dai campi per un nuovo infortunio muscolare. Con la dirigenza iniziano le prime incomprensioni, messaggi su twitter relativi alla sua cura in California, Branca che per ridurre il monte ingaggi della squadra vuole fargli prolungare il contratto con uno stipendio inferiore…insomma le solite storie da calcio italiano. L’olandese, che non è uno a cui manca il carattere, le cose non le manda a dire solo tramite social network e, rifiutando le proposte di Branca, viene messo ai margini della squadra. Il biscione in Campionato non è che il pallido fantasma della squadra allenata dallo Special One, ma Stramaccioni e la dirigenza decidono di non voler perdere il braccio di ferro con “il miglior centrocampista che l’Olanda abbia mai avuto” (M. Van Basten) e continuano a farlo stare in panchina. Dispetti su dispetti tra le due parti, alla fine Sneijder riesce a rimanere lucido e approfitta dell’opportunità offertagli dal Galatasaray. Si trasferisce in Turchia e, come da copione, si ambienta subito anche nel Paese della Mezzaluna, i tifosi lo amano, lui li ringrazia con le sue giocate in campo.
A fine stagione da Istanbul lancia l’ennesima dichiarazione al vetriolo verso la sua ex squadra: “Inter al 9° posto? La dirigenza se lo merita, volevano distruggermi. Mi dispiace per i compagni e i tifosi” Poi continua dicendo di aver superato un brutto momento a Milano solo grazie all’amore della moglie e ai consigli di Mourinho. Sembra che il Portoghese gli abbia consigliato il passaggio in Turchia e ora, probabilmente, farà carte false per portarlo al Chelsea. Insomma, una bella storia che, per ora, finisce bene. Oggi molti interisti si lamentano degli sfoghi del capitano della Nazionale olandese, io credo che in un mondo di soldatini e dichiarazioni scontate come quello dello sport è, ogni tanto fa bene avere persone dirette. Come si fa a lasciare in panchina uno come lui? So che il mobbing verso i calciatori fa ridere se paragonato a quello verso i precari o qualsiasi altro tipo di lavoratori dipendenti, ma non per questo è da considerarsi giusto. Se poi pensiamo che certe cose accadono anche nelle serie minori, dilettantistiche…
Non se ne abbia a male Wes per il titolo di questo articolo, credo che parlare sia una delle caratteristiche che più rappresenta il nostro essere umani, quando non si fa a sproposito.