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L’omaggio ai torturatori nel Cile di Piñera

Creato il 23 novembre 2011 da Eldorado

L’omaggio ai torturatori nel Cile di PiñeraL’encomio ai torturatori: si vive anche questo nel Cile di oggi. É quello che è successo a Providencia, un paesotto dell’hinterland di Santiago, dove il sindaco ha pensato bene di organizzare una cerimonia pubblica in omaggio di Miguel Krassnoff, uno dei comandanti della Brigata Lautaro, l’unità speciale della Dina, la polizia segreta, incaricata delle azioni di sterminio degli oppositori di Pinochet. A volere la manifestazione è stato il sindaco di Providencia, Cristian Labbé, in passato incaricato dell’incolumità del dittatore.  

La celebrazione ai più è sembrata una provocazione, tanto che Krassnoff non è morto, ma è detenuto nel carcere Cordillera, condannato a 144 anni di carcere per ventitrè differenti casi di violazione dei diritti umani. Alla protesta di piazza che ha impedito la cerimonia e che ha lasciato diversi feriti, si contrappone il silenzio imbarazzante di una estesa parte della classe politica, che a distanza di anni non è ancora in grado di prendere le distanze dalle torture e dalle violenze dei giorni della dittatura. Lo stesso presidente Sebastián Piñera aveva rilasciato un paio di giorni prima uno sconcertante messaggio agli organizzatori, in cui con le scuse per non poter partecipare, porgeva i suoi auguri ¨per la buona riuscita della cerimonia¨.

Gas lacrimogeni, idranti, botte è stata la ricetta propinata dei carabineros, che hanno aggredito ed arrestato il giornalista radiofónico di Adn Radio Chile Esteban Sanchez, il decimo registrato quest’anno come risultato della deriva repressiva della polizia cilena. Il tentativo dell’estrema destra è quello di imporre una nuova storiografia, che mostri come la dittatura nel fondo fu solamente un mezzo per garantire la crescita e lo sviluppo del Cile. La cerimonia, infatti, serviva anche come occasione per presentare il libro ¨Prisionero por servir a Chile¨ di Gisela Silva, che celebra l’operato di Krassnoff. Un’apologia per un torturatore che da un lato ha sempre negato le accuse, ma che dall’altro si è  sempre vantato di essere stato integrante della struttura decisionale della Dina, la responsabile di migliaia di omicidi politici.

Ma chi è Krassnoff? L’ex generale ha un pedigree da icona dell’estrema destra. É infatti nipote di Piotr Krasnow, il leader dei Cosacchi del Don e collaboratore dell’esercito nazista. Nato in Austria nel 1946, é in Cile dal 1948, quando sua madre e sua nonna –le uniche sopravvissute della sua famiglia alle purghe staliniste- riescono a raggiungere il Sudamerica. Qui, il suo destino è presto chiaro: a soli 19 anni è già di stanza ad Arica con il suo reggimento, per iniziare la lunga carriera militare. Nei giorni del golpe viene assegnato alla protezione di Pinochet, che lo premia con incarichi di prestigio nella Dina, la polizia segreta. In particolare Krassnoff è tra i comandanti della Brigata Lautaro che nel 1976 si occupa dell’arresto dei membri del Partito Comunista ancora alla macchia. Le indagini successive hanno ricostruito il modo di operare della brigata che, prima di eliminare fisicamente i detenuti, provava su di loro nuovi tipi di torture, effettuate in special modo con gas e composti chimici.

Le responsabilità di Krassnoff sono state ampiamente documentate. Con le vittime ed i testimoni di quelle torture ancora in vita, i revisionisti cercano di riscrivere la Storia da un punto di vista innocentista e indulgente che viola ancora una volta chi ha vissuto in prima persona le violenze e le perdite di familiari. Osvaldo Andrade, deputato del Partido Socialista, è uno di quelli: ¨Io sono una delle persone torturate da Krassnoff. Non so cosa ci sia da celebrare. Un tipo che ha sulla coscienza omicidi e che ha abusato brutalmente dei detenuti?¨.

Intanto Piñera, come in altre scottanti situazioni, nicchia. Il suo portavoce ha ribadito l’impegno dell’attuale governo di rispettare i Diritti umani: rimane però il fatto inequivocabile che a convocare la cerimonia sia stato un esponente della sua coalizione e che il silenzio del presidente pesa come un tacito assenso alle azioni violente del recente passato della Storia cilena.


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