Anche se è ancora toppo presto per parlare con definita certezza di attentato estorsivo, quel che conta e ciò che resta è la paura. Il terrore che possa riaprirsi una nuova stagione di agguati, e che tornino i signori del racket.
Le fiamme che hanno devastato il locale di via dei Mille che fa angolo con vico Vasto a Chiaia hanno riaperto una ferita mai completamente sanata a Napoli.
Saranno le indagini a chiarire che cosa ci sia dietro ladistruzione del bar Guida. Fatto sta che tra i commercianti della zona serpeggia quel timore che non si vuole apertamente confessare, lo spettro della lunga mano della camorra che del racket fa una delle sue voci di bilancio più robuste.
«Speriamo sia stata una fuga di gas, altrimenti la cosa sarebbe molto grave e preoccupante», dichiara un commerciante della zona. Il bar aveva recentemente cambiato gestione, e dopo la chiusura di circa tre mesi per rinnovamento del locale, era pronto alla riapertura.
«Non conosciamo i nuovi proprietari», spiega il titolare dell’edicola che si trova proprio di fronte all’angolo tra Via dei Mille e vico Vasto a Chiaia. Il bar, aggiunge l’edicolante, «era, e sarebbe rimasto anche con la nuova proprietà, di importanza fondamentale per questa zona: era l’unico aperto di domenica e faceva sì che ci fossero più persone a passeggiare qui davanti».
A pochi metri di distanza dal negozio distrutto c’è un altro bar: «Fosse stato questo a saltare in aria, avrei perso la mia attività, che porto avanti da 40 anni – commenta il titolare – Tutta questa storia è molto preoccupante, non sono mai capitate cose del genere da quando sono qui e ora noi commercianti siamo spaventati».
Aggiunge la titolare della farmacia non lontana dal luogo dell’incendio: «È la prima volta che capita in questa strada, ma non mi sembra niente di nuovo o di particolare, sono cose che purtroppo a Napoli capitano».
E tornano alla memoria altri episodi, quelli sì figli della violenza camorristica. Nel luglio 2004 via Filangieri fu teatro di un gravissimo episodio: l’attentato dinamitardo (che avrebbe potuto causare anche danni più gravi) ai danni di un’impresa di costruzioni. Secondo quanto emerso dalle indagini, l’impresa non aveva ceduto a una richiesta di tangente relativa all’appalto per la realizzazione della linea tranviaria tra piazza Nazionale e Poggioreale, un appalto da sei milioni di euro. Due persone, tra cui un minore, vennero arrestate.
Nella notte di Capodanno del 2010, ma questa volta nel pieno centro storico, in via Monteoliveto, la mano del racket distrusse invece il bar Seccia. Il locale si trova a poche decine di metri dalla Questura.
Le indagini presero subito la direzione del racket, e puntarono su una famiglia criminale ben nota nella zona di rua Catalana. Si trattò, in quest’ultimo caso, di un sinistro avvertimento: i camorristi decisero di colpire il bar Seccia per lanciare un monito a tutti gli altri commercianti della zona: ecco che cosa succede a chi non si piega alle nostre richieste, ecco la sintesi dell’avvertimento. Il locale venne distrutto completamente.
Due mesi dopo, il bar – completamente ricostruito – è diventato uno dei simboli della lotta al racket: alla cerimonia inaugurale parteciparono il cardinale Crescenzio Sepe, il prefetto Alessandro Pansa al procuratore aggiunto e coordinatore della Dda, Federico Cafiero de Raho, il questore Santi Giuffrè, dal comandante provinciale dell’Arma dei carabinieri Mario Cinque insieme con i vertici dell’associazione antiracket, da Silvana Fucito a Tano Grasso.
Giuseppe Crimaldi
Fonte: Il Mattino
Fonte fotografica: Corriere della Sera