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L’ombra della ‘ndrangheta sulla A3 Salerno Reggio Calabria 6 Arresti

Creato il 17 luglio 2012 da Yellowflate @yellowflate

L’ombra della ‘ndrangheta sulla A3 Salerno Reggio Calabria 6 ArrestiL’indagine – denominata operazione “Alba di Scilla 2” – ha portato alla luce una capillare pressione estorsiva esercitata  da sei persone legate alla cosca di ‘ndrangheta Nasone-Gaietti  su imprenditori e commercianti locali, sugli importanti appalti dei lavori dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria nel tratto di Scilla-Villa San Giovanni.

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Tra gli operai Francesco Spanò (della Filca-Cisl), Giuseppe Piccolo (responsabile della sicurezza sui cantieri per conto dei lavoratori) e Francesco Alampi (formalmente non dirigente sindacale,),  accusati di estorsione e furto con l’aggravante di aver agito per favorire i clan di Scilla.

Figure insomma  che utilizzavano il proprio ruolo per avere contatti diretti con i titolari delle imprese e fare su di loro pressioni. In particolare i tre sono accusati di avere rubato, nell’aprile scorso, materiale da lavoro e avere danneggiato un furgone della ditta. Quindi era seguita una richiesta di denaro per la restituzione del materiale e per mettere ”a posto” il cantiere.

Avvicinavano le vittime con le loro richieste che poi venivano riportate ai vertici dell’organizzazione, per concertare le modalita’ di intervento. Con un secondo provvedimento sono stati arrestati Giuseppe Fulco, 41 anni, anche lui gia’ detenuto dopo essere stato arrestato in flagranza di reato il primo giugno 2011, e sua madre Gioia Nasone, 68 anni, cui sono stati contestati l’associazione di tipo mafioso. Fulco, nipote diretto del defunto boss di Scilla Giuseppe Nasone, secondo l’accusa, si e’ piu’ volte recato su un cantiere esigendo da un imprenditore 6.000 euro, pari al 3% dell’importo dei lavori, come condizione necessaria alla prosecuzione degli stessi. In questo caso, secondo l’accusa, la cosca ha esercitato la pressione con due danneggiamenti subiti dalla ditta nel cantiere Anas nel tratto Scilla-Favazzina sulla statale statale 18. La madre svolgeva secondo le indagini il ruolo di collante tra il figlio recluso ed i vertici del clan.

 Particolarmente preziosa per lo sviluppo delle indagini, rilevano gli investigatori, è stata la decisione coraggiosa da parte di alcuni imprenditori di non sottostare al giogo mafioso e di denunciare le arroganti richieste estorsive.


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