L’ombrello rosso

Sette del mattino. L’uomo e la donna camminano sul marciapiede sotto lo stesso ombrello. La pioggia è lenta ma continua, cade ininterrottamente da ieri sera. Non sono marito e moglie, non sono fratello e sorella, non sono amanti. Forse sono semplicemente amici, forse nemmeno quello. Mi piace immaginare che siano due sconosciuti accomunati per un momento dall’unico inconveniente rappresentato dalla pioggia e dal fatto che uno dei due, probabilmente lui, stamattina abbia avuto l’accortezza di uscire di casa con l’ombrello. Lei invece ha l’aria di quelle donne perennemente in ritardo su tutto, che quasi non vede l’ora di arrivare in ufficio, sedersi e rilassarsi per qualche minuto prima di iniziare questa ennesima giornata di lavoro, dimenticando tutte le cose che galleggiano in sospensione nella sua vita irruenta. Appena fuori dal portone però, ha incontrato quest’uomo gentile che, con una proposta d’altri tempi, le ha offerto di accompagnarla sotto l’ombrello fino alla macchina. Ammesso che nelle intenzioni dello sconosciuto quello sia un modo come un altro per provarci, lei ha accettato di buon grado, direi, a giudicare dal tono squillante della sua voce, anche volentieri. Così, questa città affollata e invivibile, per un attimo scompare sotto il grande ombrello rosso che oscilla di qua e di là, mentre i due se ne vanno incontro al giorno con un cipiglio che tradisce tutta la loro appassionata e imprevedibile occasione, nient’altro che uno squarcio di umana comunanza, di fuoco, nell’ostilità e nel dominio dei lupi.