La PAHO (Pan American Health Organization), la più antica organizzazione della sanità pubblica nel mondo, quest’anno celebra il suo 110° anniversario e ha pensato di festeggiarlo con un report che condanna le terapie riparative.
L’ha fatto giusto ieri, 17 maggio, giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia, affermando che i servizi che pretendono di “curare” le persone con un orientamento non-eterosessuale rappresentano una seria minaccia per la salute e il benessere delle persone colpite.
Venti due anni fa, il 17 maggio, l’Assemblea Mondiale della Sanità eliminato l’omosessualità dall’elenco dei disturbi mentali, quando ha approvato una nuova versione della classificazione internazionale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità delle malattie (ICD-10).
“Dal momento che l‘omosessualità non è un disturbo o una malattia, non richiede una cura. Non vi è alcuna indicazione medica per cambiare l’orientamento sessuale“, ha detto la direttrice di PAHO Dr. Mirta Roses Periago. Pratiche note come “terapia riparativa” o “terapia di conversione” rappresentano “una grave minaccia per la salute e il benessere, anche per le vite di persone colpite”.
Nonostante ci sia consenso nella comunità scientifica nel ritenere l’omosessualità una variante naturale della sessualità umana e pertanto che non può essere considerata come una condizione patologica, le Nazioni Unite hanno confermato l’esistenza di “terapeuti” e “cliniche” che promuovono trattamenti destinato a modificare l’orientamento sessuale delle persone non eterosessuali.
Questo documento osserva che non esistono studi scientifici rigorosi che hanno dimostrato alcuna efficacia dei tentativi di modificare l’orientamento sessuale. Purtroppo sono tante ancora le testimonianze dei danni gravi per la salute fisica e mentale che questo tipo di terapie può causare. Infatti la repressione del proprio orientamento sessuale porta ad aggravare i sentimenti di colpa e vergogna, depressione, ansia, fino a spingere, in alcuni casi, al suicidio.
Esistono casi documentati di adolescenti sottoposti contro il loro volere a questo tipo di interventi, privati della loro libertà e tenuti in isolamento per diversi mesi. Un fattore aggravante è costituito da un numero crescente di segnalazioni di trattamenti degradanti e molestie fisiche e sessuali col pretesto di “guarire” dall’omosessualità, “terapie” spesso fatte illecitamente.
Continua la dott.ssa Roses: “Queste pratiche sono ingiustificabili e devono essere denunciati e passibili di sanzioni e penali ai sensi della legislazione nazionale“. “Queste terapie di conversione dovrebbero costituire una violazione dei principi etici della cura della salute e violano i diritti umani che sono protetti da accordi internazionali e regionali“.
Con questo report Paho fa una serie di raccomandazioni ai governi, alle istituzioni accademiche, alle associazioni professionali, ai media, e alla società civile:
- Chi offre “terapie riparative” o di “conversione”, professionisti o cliniche, dovrebbe essere denunciato e condannato con sanzioni adeguate.
- Le istituzioni pubbliche responsabili della formazione degli operatori sanitari dovrebbero comprendere corsi sulla sessualità umana e la salute sessuale nei loro programmi, con particolare attenzione al rispetto delle diversità e l’eliminazione di atteggiamenti di patologizzazione, rifiuto, e l’odio per le persone non-eterosessuali.
- Le associazioni professionali dovrebbero divulgare i documenti e le risoluzioni da parte delle istituzioni nazionali e internazionali e le agenzie che richiedono la de-psicopatologizzazione della diversità sessuale e la prevenzione di interventi finalizzati al cambiamento dell’orientamento sessuale.
- Nei media, l’omofobia in una qualsiasi delle sue manifestazioni dovrebbe essere esposta come un problema di salute pubblica e una minaccia alla dignità umana e dei diritti umani.
Forse prese di posizione chiare e ferme di personaggi importanti, soprattutto in ambito scientifico, potranno iniziare il lento cambiamento culturale necessario in una società medioevale come quella italiana. Forse un giorno i manuali diagnostici correggeranno la voce relativa all’”omosessualità ego-distonica” con “omofobia”. Forse.