Magazine Psicologia

L’omosessualità non è una malattia ma non tutti gli psicologi lo sanno

Da Renzo Zambello

Un buon 20% dei professionisti interpellati dichiarano di poter “togliere la spina”, “curare la ferita”, “riparare il “disagio”

di Luana De Vita

L’omosessualità non è una malattia ma non tutti gli psicologi lo sanno
«L’omosessualità è una malattia che abbisogna di cure!». Questo dichiarò il professor Giorgio Coda, psichiatra di Torino, durante il processo che lo vide sotto accusa per aver trattato “terapeuticamente” i pazienti ricoverati nell’ospedale psichiatrico di Collegno somministrando più di cinquemila “elettroshock. «Nei malati di mente, anche omosessuali o divenuti omosessuali, è stato usato l’elettroshock lombopubico».

Queste ed altre dichiarazioni gli valsero una condanna, era il 1974 e nello stesso anno l’omosessualità venne cancellata dal Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM) pubblicato dall’American Psychiatric Association (APA). Nella prima versione del 1952 risultava condizione psicopatologica tra i “Disturbi sociopatici di Personalità”, nel 1968 rientrò nelle deviazioni sessuali, come la pedofilia, trovando posto tra i “Disturbi Mentali non Psicotici”, nel 1974 venne rimossa ma spuntò l’”omosessualità egodistonica”, ovvero quella condizione in cui una persona omosessuale non accetta il proprio orientamento sessuale e non lo vive con serenità. Anche questa voce sparirà dal Dsm nel 1987 ed effettivamente dal 1990 anche l’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) depennerà l’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali definendola “una variante naturale del comportamento sessuale umano”.

E se una persona dovesse vivere con disagio il proprio orientamento sessuale omosessuale o eterosessuale? Un buon intervento, oggi, in ambito di salute mentale, non dovrebbe certo agire nel senso del cambiamento della tendenza sessuale, piuttosto dovrebbe tentare di armonizzare in modo “sintonico” tutti gli aspetti della personalità del paziente, con un percorso di supporto che lo aiuti a comprendere e superare la sua difficoltà ad accettare il proprio orientamento sessuale.

Dal processo al Prof. Coda sono passati più di trent’anni e si potrebbe pensare che la questione “omosessualità e malattia” sia un capitolo definitivamente chiuso ma la cronaca, la scienza e la Chiesa ancora scrivono pagine sconcertanti che vale la pena di leggere.

La tecnologia più avanzata fornisce gratis via Ipad e Iphone un’applicazione pratica messa a punto da un gruppo di cristiani conservatori americani – Exodus International – che si propone come scopo quello di far guarire gli omosessuali dal loro stato attraverso un continuo aggiornamento e con l‘aiuto di Gesù: «Exodus ha una prospettiva biblica che non condanna e non perdona, ma redime». E già si è scatenata la rivolta internazionale contro la Apple.

Mons. Paolo Rigon, Vicario Giudiziale della diocesi di Genova, a margine dell’apertura dell’anno giudiziario del tribunale ecclesiastico regionale ligure ha indicato ancora la strada della “cura” dell’omosessualità attraverso la psicoterapia, evidenziando non solo gli aspetti psicopatologici ma anche la necessità di un intervento tempestivo e precoce poiché l’omosessualità “incancrenita” non è superabile. Successivamente ha spiegato di essere stato frainteso: si riferiva, ha detto, al suo ruolo di Presidente del Tribunale ecclesiastico cioè difendere la famiglia, là dove un omosessuale contragga matrimonio con una persona eterosessuale potrebbe presentarsi un problema che richiederebbe supporto psicologico.

L’Ordine degli Psicologi del Lazio è comunque insorto ribadendo che le psicoterapie orientate a “curare” gli omosessuali non hanno alcun fondamento scientifico e anche che “le ‘terapie riparative’ e ogni teoria filosofica o religiosa che pretenda di definire l’omosessualità come intrinsecamente disordinata o patologica, non solo incentivano il pregiudizio antiomosessuale, ma screditano le nostre professioni e delegittimano il nostro impegno per l’affermazione di una visione scientifica dell’omosessualità, variante normale dell`orientamento sessuale”.

Improbabile dunque che uno psicoterapeuta accetti di intraprendere un percorso “riparativo”, di “cura” o di “normalizzazione” per modificare la tendenza sessuale di un paziente, eppure in Inghilterra, l’anno scorso, la rivista Bmc psychiatry ha pubblicato una ricerca che ha coinvolto 1.400 professionisti della salute mentale e il 17% di loro ha dichiarato di frenare gli impulsi omosessuali dei pazienti; solo il 4% degli intervistati ha dichiarato apertamente di aver utilizzato trattamenti specifici per cambiare il loro orientamento sessuale perché ritiene l’omosessualità “moralmente” sbagliata.

In Italia? Un giovane attore e autore di Teatro Civile, Saverio Tommasi, si è occupato di verificare la disponibilità di un centinaio di psicologi iscritti all’Ordine del Lazio, della Toscana e della Lombardia presi a caso dall’elenco dei professionisti on line pubblicato dall’Ordine degli Psicologi e ne ha tratto un interessante quanto sconcertante video-testimonianza: “Psicologi e guaritori d’omossessuali”.

Sembra incredibile ma diversi psicologi, 20% circa, rispondono esplicitamente di poter “togliere la spina”, “curare la ferita”, “riparare il disagio”, si parla anche di percorsi di psicoterapia e preghiera, percorsi biblici e psicoterapia e compare anche la volontà di Satana in persona come causa dell’omosessualità.

Ovviamente nel video compaiono le risposte più eclatanti ma Saverio Tommasi spiega che in tanti hanno accettato di incontrarlo per aiutarlo a guarire dalla sua omosessualità, più del 50%, così come un 20% ha invece esplicitamente dichiarato al telefono che l’omosessualità non è una malattia e dunque non è certo pensabile di intraprendere una psicoterapia per cambiare orientamento sessuale, un 10% circa ha spiegato di non poter parlare per telefono di queste cose e ha rimandato ad un eventuale appuntamento a studio.

Emerge rilevante l’attualità del tema e la gravità di certi comportamenti professionali assolutamente illeciti, importante da questo punto di vista ricordare che chi, in qualità di psicologo e/o psicoterapeuta, classifica l’Omosessualità come patologia e propone o accetta di intraprendere un percorso di psicoterapia e “cura” commette un’infrazione del Codice deontologico professionale e deve essere denunciato all’Ordine degli Psicologi competente per territorio.

C’è poco da ridere, ma questa situazione ricorda la barzelletta del matto che si credeva un chicco di grano: una volta guarito chiese ai dottori se le galline erano state avvisate che lui non era più un chicco di grano. Ecco, rivolgiamo l’invito a chi di competenza: noi l’abbiamo capito che l’omosessualità non è una malattia, ma gli psicologi sono stati informati e formati?

da: http://www.ilmessaggero.it

 Commento del Dott. Zambello

Ho l’impressione che dietro queste curve da “malattia si”,  ” malattia no” riferite all’omosessualità e  proprio all’interno del mondo psicoterapeutico,  si nasconda  una grande superficialità non solo teorica  ma anche  clinica. Che vuol dire curare  l’omosessualità o non curarla?  L’omosessualità non è una malattia, stop.  Come terapeuta non dovrei neanche lontanemente pormi il problema se l’omosessualità del mio paziente sia “modificabile” o meno e,  per la verità,  la stessa cose vale anche per l’etero sessualità. Il mio compito come  terapeuta,  non è quello di interferire con le mie categorie etiche o  morali ma,  di  aiutare il paziente a scoprire, leggere  e, se riesce,  a  seguire le sue. Credo che bisogna  ritrovare il coraggio di essere veramente terapeuti e questo può avvenire se rinunciamo ad ogni tentazione ideologica. Ad esempio,  è vero che spesso le persone,  per i motivi sociologici che ben conosciamo, faticano a riconoscere la propria omosessualità e  a viverla liberamente  ma, è anche vero anche che sempre più spesso si incontrano persone, soprattutto giovani che vivono,  a volte ostentano  la propria omosessualità come una difesa nevrotica narcisistica  rispetto le  dificoltà di diventare adulti.

E’ totalmente forviante, ideologico,  aterapeutico focalizzare la nostra attenzione  sia come adulti, genitori che terapeuti  sul tema omosessualità si, omosessualità no. La meta da inseguire per tutta la vita è quella di diventare “adulti”  e  l’identità di genere non centra niente,  é come i “cavoli a merenda”.   Per quanto capisco io, il più grande “terapeuta” è stato proprio Gesù. Lui ci ha insegnato cosa significa essere adulti cioè,   raggiungere la vera capacità di amare in “maniera oggettuale” (non narcisistica)  ma, non mi sembra che neanche lontanamente nel suo messaggio ci sia una questione di preferenze sessuali.

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