Visto il video? Bene. Ora ditemi: cosa c’entra l’intervento sulle cellule staminali embrionali dell’onorevole Maria Antonietta Farina Coscioni in quel contesto? Premetto che ho grande rispetto per la sofferenza e la vicenda umana della signora Farina Coscioni: indipendentemente dalle scelte che sono state fatte nel suo caso personale, che si possono condividere o meno, indubbiamente è una persona che molto ha sofferto per la terribile ed incurabile malattia di cui soffriva il marito e che dunque ben conosce la tragicità del trovarsi senza nessuna speranza umana cui aggrapparsi. Ma proprio perché ben conosce cosa passa nel cuore e nella mente dei congiunti di persone gravemente ammalate, proprio perché come tutte le persone che vivono queste tragiche situazioni anche lei ha sicuramente chiesto a suo tempo rispetto e silenzio, la Signora dovrebbe sapere che non è bello e corretto strumentalizzare la sofferenza delle persone a fini ideologico-politici.
Ospiti della trasmissione, oltre all’Onorevole Farina Coscioni, sono il Prof. Francesco D’Agostino, Presidente onorario del Comitato Nazionale per la Bioetica, e il Dr. Marino Andolina, il medico, molto esperto di trapianto di midollo e di cellule mesenchimali, responsabile del trattamento di Celeste. Si sta parlando della necessità che terapie innovative come quella proposta e somministrata dal Dr Andolina alla piccola Celeste siano sottoposte a sperimentazione e conseguentemente a rigidi controlli da parte delle autorità competenti (Istituto Superiore di Sanità ed Agenzia Italiana del Farmaco, nella fattispecie).
Il Dr. Andolina, nel suo intervento, giustifica la correttezza giuridica del suo comportamento, e dunque ritiene che la terapia che sta somministrando a Celeste sia legittima, alla luce di alcuni decreti legislativi inerenti la preparazione e la somministrazione di cellule staminali. Il fatto è che questi decreti nel frattempo sono stati superati da una norma comunitaria del 2007 implementata in Italia con un decreto attuativo dal 2010, che assimila le terapie cellulari cosiddette avanzate ai farmaci e come tali le assoggetta alla loro specifica regolamentazione (produzione in Good Manufactoring Practice e sperimentazione clinica rigorosa), escludendole da quelle sulle trasfusioni di emoderivati. Tutto ciò per garantire la qualità del prodotto a principale vantaggio del malato che questi trattamenti dovrà poi ricevere. In Italia, al di fuori di una sperimentazione clinica controllata e regolarmente approvata da un Comitato Etico o dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’AIFA a seconda dei casi, nessun trattamento non ancora approvato dalle autorità regolatorie in quanto ancora in sperimentazione (è il caso del trattamento somministrato a Celeste) può essere somministrato ad un paziente, ai sensi del Decreto 8 Maggio 2003 sul cosiddetto “uso compassionevole”, se non sussistono tutte le seguenti condizioni: 1) che non esista valida alternativa terapeutica per una grave malattia che si vuole trattare (condizione presente nel caso di Celeste, ndr); 2) che il trattamento specifico sia già oggetto, nella medesima indicazione terapeutica, di studi clinici sperimentali di fase terza (in corso o conclusi) o almeno di fase seconda (conclusi) in caso di paziente in pericolo di vita (condizione non presente nel caso di Celeste, ndr);3) che i dati disponibili sulle sperimentazioni effettuate fino a quel momento sono sufficienti per formulare un favorevole giudizio sull’efficacia e la tollerabilità del medicinale richiesto (condizione non presente nel caso di Celeste, ndr).
Richiesto di dare un parere sul caso, il Prof. D’Agostino richiama chiaramente la necessità di un rigoroso controllo scientifico e sociale sull’utilizzo di terapie sperimentali (cioè non già validate scientificamente, approvate dalle autorità regolatorie ed entrate nella pratica clinica) e mette in guardia dal pericolo dello “spontaneismo”: nessuno può inventarsi una terapia e somministrarla a un paziente, soprattutto se non in grado di esprimere il proprio consenso informato come un bambino dell’età di Celeste, senza sottoporsi ai necessari iter approvativi ed ai controlli previsti dalla legge. A questo punto la giornalista chiede all’on. Farina Coscioni: «Chi decide qual è il limite tra la grinta e la voglia di sopravvivere e l’etica anche applicata alla medicina?». In altre parole: è comprensibile il desiderio di due genitori di tentare il tutto per tutto per curare la propria bimba che altrimenti sarebbe condannata a morire. Ed è comprensibile anche il desiderio di un medico di corrispondere a questa richiesta. Ma è accettabile che questo comprensibile desiderio possa indurre comportamenti in contrasto con le norme vigenti? Sarebbe eticamente accettabile? Tradotto rispetto al caso specifico: è giusto ed etico somministrare un trattamento sperimentale, sulla cui efficacia, nel caso specifico, non c’è alcuna evidenza scientifica, ad una bambina senza alternative terapeutiche, senza rispettare le norme di legge vigenti in termini di sperimentazione clinica? Ed è qui che l’on. Farina Coscioni, a mio giudizio, esce completamente dal tema e strumentalizza la vicenda cogliendo l’occasione per attaccare le “responsabilità politiche” di chi in Italia avrebbe reso la ricerca scientifica non libera grazie ad una “legge proibizionista” che vieta la ricerca sulle cellule staminali embrionali, al contempo enfatizzando i risultati della ricerca sulle cellule staminali adulte.
Peccato però che la risposta dell’on. Farina Coscioni rispetto alla domanda che le è stata posta sia di quelle che, se si fosse trattato di un tema di maturità, le avrebbe fruttato un bel 4 (in caso di professore magnanimo) in quanto assolutamente non pertinente. Peccato anche, tra l’altro, che la terapia somministrata a Celeste sia a base di cellule staminali adulte e non embrionali, come le ricorda il Prof. D’Agostino il quale, puntualmente, riporta il tema sui giusti binari, non senza aver prima ricordato che se qualche raro risultato definitivo serio oggi la comunità scientifica ha pubblicato questo è solamente sull’utilizzo delle cellule staminali adulte. Delle quali, tra l’altro, si parla assai meno, a livello mediatico, contrariamente a quanto asserito dall’on. Farina Coscioni, rispetto a quelle embrionali. L’argomento della discussione, qui, non è se le cellule staminali adulte somministrate a Celeste funzionino peggio rispetto a quelle embrionali (peraltro chi le somministra asserisce che stiano funzionando) ma se sia etico somministrare ad un paziente un trattamento sperimentale senza adeguarsi alle procedure previste, nell’interesse del paziente stesso prima di tutto.
Molto di diverso e di più importante si sarebbe potuto dire nell’occasione. Per esempio che in Italia è più difficile che in altri contesti fare ricerca perché gli investimenti pubblici sono modesti. E che a volte è complicato fare sperimentazioni cliniche per via della lunghezza e della complessità di alcuni passaggi burocratici. Sono da anni nel settore della ricerca pre-clinica e clinica e mi sarei trovato d’accordo con queste segnalazioni pur essendo d’altra parte assolutamente convinto che le regole vanno rispettate, nel prioritario interesse del paziente che alle sperimentazioni viene sottoposto. Sarebbe davvero pericoloso se chiunque in Italia potesse fare qualsiasi tipo di ricerca senza alcun controllo; pensateci…
Insomma, penso che l’on. Farina Coscioni abbia perso una buona occasione per dare un contributo serio alla discussione. E, lasciatemi essere un po’ maligno (a pensar male, si sa, si fa peccato ma qualche volta ci si prende), credo che anche chi ha invitato a quel dibattito l’on. Farina Coscioni, conoscendone perfettamente appartenenza politica e pensiero (e dunque prevedendone certamente la posizione), abbia perso una buona occasione per affrontare in maniera seria un dibattito su un tema molto importante e attuale. Tutto ciò detto, ora la cosa più importante è pensare a Celeste e ai suoi genitori e, nel silenzio, pregare per loro.