Dicevo, dunque... i protagonisti di questa storia sono quattro. O uno: io. Meglio: i protagonisti sono quattro, io compreso, ma nel corso della vicenda vedrete come il numero dei protagonisti varierà. Sempre calando: non capiterà mai, ad esempio, che da quattro si cresca a cinque o otto occhennesò... centododici. No. Si passerà da quattro a tre, da tre a due, da due a me. Tenendo conto che me... io... sarò sempre nei quattro, nei tre, nei due e... in me. Beh, in me non so quanto io sia stato neppure quando sembrava naturale che ci stessi ed ero uno dei quattro, ma poniamo che in me come personaggio e protagonista del racconto, io ci sia sempre stato, o come fosse il cartellone di uno spettacolo teatrale, diciamo:Io ................ personaggio ................. Me.E per gli altri tre può valere la stessa cosa. L'inizio della vicenda, come tutto il corso della stessa, come avrete già capito, diciamocelo, non è troppo chiaro, questo sappiatelo da ora, non vorrò recriminazioni di sorta su questo punto quando saremo giunti alla fine, io, ricordiatelo, l'avevo dichiarato subito, all'inizio della narrazione. Ecco. Potrei incominciare col dire, dunque, che io e gli altri tre siamo sempre stati molto, molto amici. Sapete, capita che la vostra famiglia non vi piaccia un granché ed allora pensiate: non è colpa mia, i parenti mi sono capitati, non li ho scelti io, io sono solo il frutto ultimo di tutta la loro sacramentata fioritura genetica, anzi, il punto più alto -e, quindi, il più basso- di tutto quel loro essere che a voi piace così poco. Ma questo è un altro discorso e ne parleremo un'altra volta. Così, dite fra voi, i parenti mi sono capitati, ma gli amici me li posso scegliere da me. Ed è ciò che abbiamo fatto io e i miei amici e cosa si potrebbe dire se non che la nostra famiglia eravamo diventati noi? Ognuno di noi in sè stesso con gli altri, intendo. Perché comunque nessuno di noi in sè è mai troppo soddisfatto di com'è. Quello che però siete non è opinabile: è peggio di un parente. Uno zio potrete pure smettere di vederlo, ma voi stessi siete quella cosa che non potete mai smettere di incontrare ogni mattina appena svegli. Per non parlare delle libertà che alcuni Noistessi si prendono durante la notte ricordandoci tristemente con chi dovremo dividere il resto della vita. Con questo non sto dicendo che ognuno di sè trovi in sè stesso la propria metà. Benché l'abbia appena detto. Aldilà di tutto può capitare, anzi Capita! che il Noistessi così tanto da noi odiato si riveli un ottimo amico per qualcun altro, o che perlomeno risulti una compagnia quasi accettabile. Con costoro scambieremmo i nostri Noistessi volentieri, ma questo non è possibile e quindi s'è inventata l'amicizia, che è una forma di condivisione di personalità che non si possono sopportare in sè, una forma di parassitismo... e... di cosa s'argomentava? Ah, sì, dicevo, noi eravamo la nostra stessa, medesima in noi - Famiglia.
Dicevo, dunque... i protagonisti di questa storia sono quattro. O uno: io. Meglio: i protagonisti sono quattro, io compreso, ma nel corso della vicenda vedrete come il numero dei protagonisti varierà. Sempre calando: non capiterà mai, ad esempio, che da quattro si cresca a cinque o otto occhennesò... centododici. No. Si passerà da quattro a tre, da tre a due, da due a me. Tenendo conto che me... io... sarò sempre nei quattro, nei tre, nei due e... in me. Beh, in me non so quanto io sia stato neppure quando sembrava naturale che ci stessi ed ero uno dei quattro, ma poniamo che in me come personaggio e protagonista del racconto, io ci sia sempre stato, o come fosse il cartellone di uno spettacolo teatrale, diciamo:Io ................ personaggio ................. Me.E per gli altri tre può valere la stessa cosa. L'inizio della vicenda, come tutto il corso della stessa, come avrete già capito, diciamocelo, non è troppo chiaro, questo sappiatelo da ora, non vorrò recriminazioni di sorta su questo punto quando saremo giunti alla fine, io, ricordiatelo, l'avevo dichiarato subito, all'inizio della narrazione. Ecco. Potrei incominciare col dire, dunque, che io e gli altri tre siamo sempre stati molto, molto amici. Sapete, capita che la vostra famiglia non vi piaccia un granché ed allora pensiate: non è colpa mia, i parenti mi sono capitati, non li ho scelti io, io sono solo il frutto ultimo di tutta la loro sacramentata fioritura genetica, anzi, il punto più alto -e, quindi, il più basso- di tutto quel loro essere che a voi piace così poco. Ma questo è un altro discorso e ne parleremo un'altra volta. Così, dite fra voi, i parenti mi sono capitati, ma gli amici me li posso scegliere da me. Ed è ciò che abbiamo fatto io e i miei amici e cosa si potrebbe dire se non che la nostra famiglia eravamo diventati noi? Ognuno di noi in sè stesso con gli altri, intendo. Perché comunque nessuno di noi in sè è mai troppo soddisfatto di com'è. Quello che però siete non è opinabile: è peggio di un parente. Uno zio potrete pure smettere di vederlo, ma voi stessi siete quella cosa che non potete mai smettere di incontrare ogni mattina appena svegli. Per non parlare delle libertà che alcuni Noistessi si prendono durante la notte ricordandoci tristemente con chi dovremo dividere il resto della vita. Con questo non sto dicendo che ognuno di sè trovi in sè stesso la propria metà. Benché l'abbia appena detto. Aldilà di tutto può capitare, anzi Capita! che il Noistessi così tanto da noi odiato si riveli un ottimo amico per qualcun altro, o che perlomeno risulti una compagnia quasi accettabile. Con costoro scambieremmo i nostri Noistessi volentieri, ma questo non è possibile e quindi s'è inventata l'amicizia, che è una forma di condivisione di personalità che non si possono sopportare in sè, una forma di parassitismo... e... di cosa s'argomentava? Ah, sì, dicevo, noi eravamo la nostra stessa, medesima in noi - Famiglia.
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