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L’onomante

Creato il 06 novembre 2010 da Vivianascarinci
>in prose

[Quello che segue è un estratto dal saggio Forugh Farroxhzād, La dea Immediata. Il saggio nella sua interezza andrà a complemento del libro in preparazione L’amore senza persona. ]  

L’onomante

Io apprezzo l’onestà nella vita e quando li scopro nelle loro poesie e nei loro  saggi levare pugni e grida ne sono disgustata e dubito della loro veridicità. E penso tra me “Forse è solo per un piatto di riso che gridano” F.F. (19)

(…) precede L’estetica dell’esilio in Forugh Farroxhzād

L’onomante è colui che indovina il nome di cose e persone prima che la loro materialità si palesi secondo un fenomeno inequivocabile. L’onomanzia è la pretesa arte di prevenire l’avvenire interpretando opportunamente (secondo il valore etimologico numerico o simbolico) il nome o le lettere di cui è formato.  Più che una versione magica dell’anagramma, l’onomanzia può essere definita una lettura altra di tutte le lettere dell’alfabeto al fine di indovinare una sola tra le infinite possibilità che esse danno riguardo la formulazione del nome che definirà simbolicamente quella persona o quell’oggetto nel suo destino. Ma l’onomanzia non si basa sulla facoltà divinatoria di un singolo votato a questo sacerdozio, l’onomanzia a mio avviso è più una facoltà che si affaccia in certi momenti di un percorso poetico, nel preciso attimo in cui si nomina l’appena nato o non ancora esistente. Forugh, vuol dire fulgore (20) ossia splendore vivo, lucentezza. Una luce breve, abbagliante, esattamente come il percorso di una poetica che ha finito per imprimere in modo indelebile, come una luce sul negativo di una fotografia futura, i tratti di una personalità di cui, nelle varie forme di scrittura in cui è possibile leggerla, si possono rinvenire i lineamenti di un volto soltanto. Oltre le poesie, Forugh scrive lettere, rilascia interviste e soprattutto tiene un diario intimo e di viaggio

  

Ovunque alloggiasse, costituiva intorno a sé una fortezza che non poteva essere facilmente espugnata. Questa sua riluttanza a lasciare i modesti agi, per Lei così importanti, del suo posto di lavoro è testimoniata più di una volta nel suo diario. Forugh ha intrecciato lo scrivere alla vita, facendone un punto fermo a giustificazione di quest’ultima. (21)

È nelle sue scritture in forma diaristica che è possibile rinvenire per intero la sincerità e le contraddizioni che la vocazione all’esattezza emotiva nel riportare il momento, finiscono per generare. La semplicità del linguaggio coincide con la trasparenza della variabile, che è il suo sentimento tra le righe. E ciò costituisce una vera e propria miniera per chi voglia indovinare la traslazione che alcune dinamiche non tardano ad avere anche nella creazione poetica

Nel nostro paese, e complessivamente forse nel mondo intero, si trovano individui che sono stranamente avvezzi a ciò che è penetrato loro nel cervello e esiste nei loro paraggi. La sola cosa che esiste a loro parere, è “il disponibile”, e “il bello” è il disegno o argomento che cala bello nella loro vista, e si proporziona e accorda con i criteri e i meriti che essi stessi hanno stabilito per la bellezza. Il “giusto” è quel corretto la cui esattezza è capace di accettare il loro pensiero vasto o limitato. F.F. (22)

Il giusto è qualcosa che non si relaziona a un pensiero vasto o limitato, il giusto per Forugh ha una portata etica di una vastità immaginabile solo se si intende la poesia come iscritta nell’universo, interamente letta e di continuo tradotta a mezzo di scritture che rispettino la loro etica quotidianamente, secondo il momento in cui sono pronunciate, secondo la necessità di conio che il poeta avverte e senza che questo ammetta motivazioni che abbiano una portata minimamente inferiore  

Credo di essere un poeta in ogni momento della mia vita. Essere un poeta significa essere umano. Conosco alcuni poeti il cui comportamento quotidiano non ha nulla a che fare con la loro poesia. Quando hanno terminato di scrivere tornano a essere nuovamente avidi condiscendenti tirannici, miopi, meschini. Dunque io non credo alla loro poesia. F.F.  (23)

Importantissimo, per quanto detto, il libro del giovanile viaggio in Italia e in Germania che Forugh Farroxhzād scrisse tra il 1956 e il 1957. La forma integrale del libro di viaggio fu edita nel suo paese postuma, insieme ad altri scritti e poi poco dopo nuovamente rieditata

In sostanza nel libro [di viaggio ndr] l’autrice registra il proprio soggiorno in Roma. Era cominciato via Brindisi, “un piccolo porto” dove per le curiose attenzioni dei maschietti ringalluzziti ella, persasi lungo straduzze, si vide terrorizzata. (24)

Forugh Farroxhzād porta con sé a Roma qualche poema di Nimā che mostra alla cerchia che l’accoglie “persone amiche dell’”Accademia delle belle Arti” (25) e difende la poesia di quello che considera il maestro nell’ambito del rinnovamento della poesia persiana dai numerosi detrattori e tradizionalisti. Nimā, nella sua autobiografia scrive

My style in poetry is like a poisonous arrow shot at the traditionalists. They consider my poetry unreadable and unpublishable. I have many enemies …I live in Tehran. I write a lot. I publish a little (26)  

È a proposito della situazione in cui versano gli intellettuali nel suo paese che Forugh Farroxhzād, proprio a Roma, in un intervista a Bernardo Bertolucci, parla di spiritualità, non in ambito religioso ma in ambito sociale. E ne parla come l’impossibilità di vivere una spiritualità condivisa e visibile su una ribalta sociale che vede la crisi dei suoi valori senza avvertire che il rimedio sta in quel rinnovamento che la spiritualità propone rendendosi conclamata attraverso il punto di partenza nuovo che la poesia di Nimā definisce. Ciò facendo l’intellettuale stesso diventa spettatore dello sfacelo entro cui la società non gli consente di agire, quando non sia chiuso nell’arcipelago dei suoi particolarismi   

Per principio il rapporto tra gli intellettuali di una società non può instaurarsi, intendo un rapporto spirituale, se non quando nella società esistono alcuni ideali intellettuali condivisi. (…) Molte questioni morali, tutte le convinzioni morali - tutto ciò che prima strutturava la nostra società, ne componeva lo spirito – sono crollate e sono state adesso sostituite da altre cose. Non esiste persino un rapporto tra gli stessi intellettuali del nostro paese F.F. (27)  

Quindi nonostante la costante della solitudine esiste in  Forugh un impegno politico cui la poetessa non si sottrae. E che la espone com’è immaginabile ad aspre critiche se non alla censura. Da donna che intende la società imperniata soprattutto sull’alternanza della differenza di genere, Forugh la ammette senza prevalenze, nutrirsi esclusivamente di una distinzione in cui più che il merito valga soprattutto il prodotto della creatività

Quando una poesia raggiunge livelli di sublimità non dipende più da chi l’ha scritta; appartiene al mondo della poesia, ha il proprio effetto e valore che va oltre chi l’ha composta. Quando io scrivo non penso al mio essere donna: questo fatto entra nella mia poesia in modo inconscio e involontario” (28).

D’altro canto Forugh vive l’esperienza spirituale di un assoluto femminile stordente che da poeta porterà, al solito, a un’estremizzazione

Come ogni tentativo di produrre armonia, per quanto artificiale, nel caos della propria esistenza, anche questo avrebbe tuttavia generato un conflitto dagli esiti sfortunati. Forugh deve essersi resa conto che l’essere amata e l’essere libera non si possono coniugare. L’indipendenza richiede distanza emotiva dagli altri, proprio come l’affetto esige sottomissione e acquiescenza (…) eppure, nonostante il tumulto provocato dai disordini amorosi, Forugh non poteva esistere senza amore o, più precisamente, senza l’idea dell’amore. (29)

L’idea dell’amore in un certo senso si lega a quella spiritualità anelata anche socialmente che vede il poeta non limitarsi con una nomina di ruolo e di genere nei rapporti che vengono moderati da norme condivise. E per di più vede la stessa società praticare un’indistinzione che non è più di ruolo o di genere, ma un’indistinzione che pone donne, uomini, ideologie e oggetti sullo stesso piano, generi da capitalizzare in vista del profitto o nella misura funzionale a un prestigio di terz’ordine. Ciò  nello specifico di una società iraniana da cui Forugh Farroxhzād si sente in una qualità non riconosciuta di ispiratrice spirituale attraverso la novità costituita dalla poesia iniziata da Nimā. Agli albori di un’epoca che investirà tutta la parte “civilizzata” del globo, la poetessa già nomina, grazie alla sua facoltà onomantica il materialismo che, cadute alcune delle ristrettezza vigenti, stava facendosi strada anche tra le mentalità più conservatrici come alternativa a una sclerosi religioso/morale che comunque deprivava  e depriva altre componenti dell’essere

Quando la mia fiducia

pendeva dalle fragili corde della giustizia

e in tutta la città

si frantumava il cuore delle mie luci

quando bendavo

col fazzoletto nero della legge

gli occhi ingenui del mio amore

e dalle tempie pulsanti del mio desiderio

schizzavano getti di sangue  

quando la mia vita ormai

non era altro che il ticchettio dell’orologio,

capii che dovevo, dovevo,

dovevo follemente amare (30) 

Si stava preparando, e Forugh lo colse, una società talmente stordita dalla mancanza di un orizzonte che comprenda e differenzi in un’esperienza conciliabile, il visibile e l’invisibile, il tattile e l’inconcreto, da eliminare totalmente dal suo intendere e dalla sua consapevolezza quanto esiste pur non visibile, pur non nominato, pur non categorizzato. Cioè ciò che Forugh forse ingenuamente  chiama spirituale. La poetessa avverte anzitempo che quando ciò assume la portata di un fenomeno sociale si crea un ecosistema desertico, privo di umori in cui all’occhio del poeta risalta l’evidenza di un’asprezza ambientale mitigata solo dai suoi miraggi.

 

(…) segue Crediamo pure

19. Daniela Zini http://www.forughfarrokhzad.org/papers/italian/premessa-zini.asp#top

20. Angelo Michele Piemontese,  Oriente Moderno/, XXII, n. s. LXXXIII, 1, 2003, p. 160

21. Daniela Zini http://www.forughfarrokhzad.org/papers/italian/premessa-zini.asp#top

22. Angelo Michele Piemontese,  Oriente Moderno/, XXII, n. s. LXXXIII, 1, 2003, p. 164

23. Daniela Zini http://www.forughfarrokhzad.org/papers/italian/premessa-zini.asp#top

24. Angelo Michele Piemontese,  Oriente Moderno/, XXII, n. s. LXXXIII, 1, 2003, p. 163

25.Ibid p. 163

26. Hamid Dabashi Golriz Dahdel, Oriente Moderno/, XXII, n. s. LXXXIII, 1, 2003, p. 93

27. Angelo Michele Piemontese,  Oriente Moderno/, XXII, n. s. LXXXIII, 1, 2003, p. 162

28. Forugh Farroxhzād, È solo la voce che resta, Aliberti editore, Roma, 2009, p. 198

29. Daniela Zini http://www.forughfarrokhzad.org/papers/italian/premessa-zini.asp#top

30. Forugh Farroxhzād, È solo la voce che resta, Aliberti editore, Roma, 2009, p. 188


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