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L’onore di un poliziotto

Creato il 30 aprile 2014 da Andreapomella

Cinque minuti di applausi a tre dei quattro agenti condannati per la morte di Federico Aldrovandi. Cinque minuti di applausi tributati dai delegati del SAP in nome di un vecchio male italiano che si chiama corporativismo, non a caso la teoria sociale su cui era fondato il fascismo, non a caso la dottrina a cui si rifanno ontologicamente, ossia nelle loro strutture immutabili e inconsce, i poliziotti presenti ieri nella sala del Grand Hotel di Rimini. Cinque minuti che sono un’eternità, un’eternità in cui è condensata la bestia dell’orgoglio di categoria che valica la ragione, nonché la volontà sfacciata di mostrarsi più forti di ogni giudizio, storico e morale. Il segretario generale del sindacato di polizia, Tonelli, ha dichiarato: “L’onorabilità della Polizia di Stato è stata irrimediabilmente vilipesa”, riferendosi, non come ci si aspetterebbe, allo sfregio collettivo perpetrato dall’ignobile standing ovation, ma alla condanna dei poliziotti colpevoli dell’omicidio di Aldrovandi, mettendo in primo piano la parola onore, ossia il principio che governa la reputazione. “I nostri colleghi”, ha proseguito Tonelli, “ingiustamente condannati, hanno patito un danno infinito, quattro vite sono state definitivamente rovinate”. A saltare all’occhio è la spudoratezza delle parole, il disprezzo della legge da parte di chi la legge dovrebbe ossequiarla sopra ogni cosa, se non altro perché è delegato a garantirne l’applicazione. In un mondo migliore di questo è qui che dovrebbe attecchire la radice dell’orgoglio di categoria. Se la parola onore è davvero così importante, ebbene l’onore di un poliziotto non si manifesta tributando cinque minuti di applausi a colleghi che hanno causato la morte di un ragazzo di diciott’anni, l’onore di un poliziotto si misura dalla lealtà ai principi di giustizia e soprattutto da una cosa che è, sì, veramente sacra: il rispetto che è dovuto alle vittime.


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