L’opacità della politica nucleare di Israele

Creato il 14 settembre 2013 da Idispacci @IDispacci

L'opacità della politica nucleare di Israele

È facile comprendere guardando la mappa del piccolo stato ebraico che operare una regolare attività di controllo dei confini è un'impresa non facile. Con i cambiamenti politici intervenuti in seguito alla cosiddetta " primavera araba " buona parte delle zone di frontiera sono tornate ad essere particolarmente calde. Ma non sono solo le frontiere ad essere tornate più calde, anche gli scenari geopolitici più ampi vedono Israele in una posizione assai difficile.

Gli ispettori AIEA che hanno visitato alcuni degli impianti iraniani hanno avuto gradi di libertà assai maggiori ma gli Israeliani sanno che nascondere nel sottosuolo può essere assai vantaggioso. Visto dall'esterno l'impianto di Dimona, oltre alla caratteristica cupola che protegge il reattore, non presenta in superficie (e visto anche dal satellite) nessun edificio più alto di due o tre piani. Ciò che né l'occhio umano né i satelliti possono vedere è cosa ci sia là sotto: sappiamo in base ad un'intervista rilasciata da un ambiguo personaggio il 5 ottobre 1986 sul Sunday Times che nel sottosuolo di Dimona sono presenti almeno 7 livelli che raccolgono sofisticatissimi laboratori di ricerca, dove si lavora anche con il trizio e con il deuterio (fondamentali per la fabbricazione di ordigni termonucleari).

L'abilità con la quale Israele ha costruito il suo programma nucleare è un interessante caso di studio, un caso che ha fatto scuola tra i vicini mediorientali e soprattutto per l'Iran. Occorre riconoscere che almeno oggi c'è un dibattito su ciò che accade nello stato degli ayatollah. Un dibattito che invece non ebbe luogo quando Israele realizzava i suoi piani nucleari ma si sa, quella era la guerra fredda.


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