di Giulia Annovi
Oggi giornata di quelle che torni a casa con 100 links in testa. Ho partecipato a Bologna alla prima giornata di Spaghetti Open Data: un raduno nato per sostenere il rilascio dei dati pubblici in formato aperto.
La filosofia che ci sta dietro è nel pieno rispetto del mondo del web (e soprattutto di quello 2.0) che sembra materializzarsi. Le parole d’ordine son condivisione, trasparenza e collaborazione.Ma di cosa? In senso lato della conoscenza, ma in senso molto più pratico di tutta una serie di dati che dovrebbero essere accessibili per questioni di diritto. E invece in Italia non è così: il diritto alla conoscenza sembra che ci sia negato.
Oggi però ho avuto modo di vedere persone che credono fermamente in quello che stanno facendo. Anche se in Italia questa sensibilità è nata veramente da poco, la comunità è vivace e ci sono già un certo numero di esempi di chi ha aperto i dati della pubblica amministrazione a tutti: http://www.opencoesione.gov.it/; http://www.twinbit.it/servizi/drupal; http://semanticweb.com/urbanopoly-gamers-way-to-smarten-up-cities_b33432; www.wikitalia.it;
Di sicuro sono rimasta affascinata dagli aspetti tecnici che stanno dietro alla pulitura e alle diverse forme di pubblicazione dei dati.Il tutto non è certo privo di difficoltà. Per esempio, i dati possono essere stati raccolti male perché chi se ne è occupato pensava che nessuno li avrebbe mai visionati. Oppure ci possono essere difficoltà di comunicazione a causa dell’uso di software proprietari che non possono essere acquistati da tutti. A volte si è rimasti alla cara vecchia carta.
Però la vera novità sta nel desiderio forte di coinvolgere la comunità e di collaborare: mi sembra un fatto inedito per l’Italia dove finora tanti non hanno fatto altro che coltivare il loro piccolo orticello.
Bisogna che ognuno condivida le proprie conoscenze. E’ necessario che i pareri, le idee, i feedback di ciascuno siano convogliate in piattaforme attive per finalizzare al meglio il proprio lavoro. I dati possono essere migliorati e da tutti. (cit. @dagoneye)
Tuttavia, resta il bisogno di educare i cittadini a questo diritto, alla trasparenza, alla partecipazione. E non si tratta solo di renderli più “digitali”.
Nello stesso tempo però è anche fondamentale rendere facilmente leggibili questi dati: occorre predigerirli. Sono i giornalisti che devono imparare a cercare i dati (non solo quelli open ma anche quelli hidden) a leggerli e da questi raccontare un pezzo di storia. I giornalisti sono quelli che creano i link mancanti, i legami che ricompongono il puzzle e spiegano bene ciò che le persone non possono comprendere. E di cose interessanti ne possono venire fuori andando a chiudere le falle della conoscenza: i dati sulla sicurezza sismica delle scuole. E poi così cambia anche il mestiere del giornalista. Da solitario si trasforma in colui che è in grado di coinvolgere altri giornalisti, programmatori, webmaster, statisti, grafici… (cit. @elisabetta_tola).
Questa è solo una piccola riflessione ma penso che serva a far capire che di lavoro ce n’è tanto e che serve l’aiuto di tutti!