Pannello con leone che azzanna
un cerbiatto
Le pareti dell'edificio riportato alla luce erano decorate a intarsio di marmi colorati (opus sectile) ed erano crollate all'interno dell'aula già al momento della costruzione. Le formelle del pavimento erano predisposte ma non ancora messe in opera, le pareti erano prive di zoccolatura. Si ritrovarono anche due fosse per lo spegnimento della calce nell'esedra e in una stanza attigua alla sala maggiore. Nella malta di allettamento di uno dei pannelli con leone furono rinvenute due piccole monete di bronzo dell'usurpatore Magno Massimo (383-388 d.C.). La moneta più recente rinvenuta nello scavo appartiene a Flavio Eugenio (392-394 d.C.), per cui gli studiosi ipotizzano che il crollo dell'edificio sia avvenuto tra il 394 e il 400 d.C. circa.
Il restauro è stato condotto tra il 1959 e il 1966 ed è stato finalizzato alla ricostruzione dei pannelli decorati. La lunghezza di questi pannelli è di 146 metri quadri ed ora sono esposti al Museo Nazionale dell'Alto Medioevo a Roma. Successivamente i pannelli furono messi in deposito e, nel 1999, per motivi conservativi, è stato rivisto il precedente restauro. La decorazione dell'aula si articolava in zone sovrapposte. A partire dal basso si succedevano una fascia a specchiature e lesene, un grande fregio floreale, un fregio con elementi vegetali e geometrici, una zona con animali che lottano ed una fascia di coronamento con specchiature e dischi.
Fregio decorativo
Il pavimento dell'edificio era composto da 40 formelle intarsiate e produce l'effetto di un tappeto policromo di 32 metri quadri. L'esedra di fondo era decorata con un motivo a scacchiera. Gli studiosi pensano che il soffitto della sala fosse costituito da un mosaico di pasta vitrea verde-azzurra con tralci di vite ricoperti d'oro, recuperato solo in piccola parte.L'eccezionalità del reperto sta nella perfetta conservazione dell'opus sectile dell'edificio, malgrado il crollo che lo stesso ebbe a soffrire. Gli esemplari coevi che certamente abbellivano molti edifici dell'Urbe, infatti, non sono giunti fino a noi. La decorazione marmorea della domus di Ostia ricorda quella della domus rinvenuta sul Colle Oppio al Campidoglio, sopra la cisterna delle Sette Sale, anch'essa attribuibile al IV secolo.
Pannello con ritratto
virile barbuto
Come veniva utilizzato questo inusuale edificio rinvenuto ad Ostia? Le caratteristiche che presenta sono senz'altro proprie di una residenza di lusso tardo-antica. La sala maggiore, più ricca e grande delle altre, è modellata sulle aule di udienza dei palazzi e delle ville imperiali. A Ostia vi erano numerose domus tardo-imperiali con planimetrie articolate da portici e ninfei, caratterizzate da un'aula maggiore con abside o nicchie o esedre. Sale, sicuramente, di rappresentanza, con una parte deputata alle cerimonie conviviali, alle quali potevano accedere solo gli ospiti più importanti del dominus. Si può pensare che la grande sala dell'opus sectile di Ostia potesse essere un triclinium, dove i convitati potevano ammirare la decorazione delle pareti ed il mare poco lontano.
Fregio decorativo
Non si sa chi sia stato il proprietario di questa lussuosa dimora, forse un funzionario dell'annona, interessato ai commerci oppure un membro dell'aristocrazia senatoria.L'opus sectile era un rivestimento delle pareti ottenuto da lastre di marmi diverse tagliate in varie forme e disposte in modo da formare disegni geometrici o figure. Le lastre erano levigate e lucidate, quindi tagliate nella forma voluta ed assemblate sul piano di lavoro per comporre la decorazione. L'uso di decorare le pareti con questo materiale pregiato fu introdotto a Roma nella metà del II secolo a.C. e raggiunse un altissimo livello tecnico in età neroniana e flavia. Nel IV secolo d.C. l'opus sectile si diffuse in tutte le province dell'impero. La richiesta di materiale pregiato divenne talmente pressante che dovettero essere emanati degli editti che regolamentassero l'estrazione e la circolazione dei marmi (Editto di Diocleziano, 301 d.C.). I componenti dell'opus sectile della dimora ostiense sono marmi tra i più pregiati dell'impero: porfido rosso egiziano, porfido verde di Grecia (serpentino), giallo antico nordafricano e pavonazzetto dall'Anatolia. Accanto a questi pregiatissimi marmi compaiono alabastro, bardiglio, breccia dorata, cipollino, greco scritto, lunense, tasio, palombino, portasanta, rosso antico, verde antico, provenienti da Italia, Spagna, Grecia, Turchia, Egitto, Tunisia e Algeria.
La domus di Ostia non si è consunta nel tempo né è stata spogliata dei suoi preziosissimi arredi, che sono stati quasi tutti recuperati e posti in opera; è, piuttosto, crollata in fase di realizzazione, forse quando ancora non era stata ultimata. Le cause del crollo non sono naturali, in quanto si sarebbe preceduto, in questo caso, all'immediata ricostruzione. Le pareti abbattute sono cadute a terra come ripiegate su se stesse. Probabilmente l'edificio crollò per una causa violenta, forse una furia iconoclasta, religiosa, ideologica legata a motivi particolarmente sentiti. Il IV secolo era un momento particolare per la lotta alle ancora persistenti ideologie pagane, cancellate con particolare determinazione.