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L’ora della Montagna liberal-giustizialista

Creato il 28 febbraio 2012 da Zamax

Tre mesi sono un tempo sufficiente per metter fine alla commedia. Ora i montagnardi si muovono. E’ il loro caro leader, Gustavo Zagrebelsky, a firmare la nuova enciclica di Libertà e Giustizia diretta a tutti gli adepti della Montagna. I quali ardentemente l’aspettavano: da tempo, infatti, vagavano raminghi su e giù per la penisola e da soli non sapevano più che cavolo fare o pensare nell’era del governo Monti. In severa obbedienza alla retorica democratica e partecipativa, il pippone va sotto il nome di “Dipende da noi”, ma sembra più l’appello di un generale alla truppa, o il sermone di un imam al gregge dei fedeli. L’unanimismo ostentato è tipico delle più infervorate cricche democratico-rivoluzionarie; Gustavo, perciò, firma «per tutta Libertà e Giustizia»: manco una pecora nera che increspi la piatta superficie bianchiccia della Volontà Generale di Libertà e Giustizia; che è poi il nome del partito dei Fratelli Musulmani d’Egitto, al cui ruolo di profittatori della Primavera Araba questi gelidi esaltati evidentemente s’ispirano.

E’ bene che i pasdaran della democrazia sappiano innanzitutto di aver avallato la forzatura del governo Monti per impedire che il partito del Caimano, in preda alla disperazione, ponesse mano alla forzatura costituzionale finale, e per dare una risposta emergenziale al fallimento della politica e al disastro economico-finanziario incombente. Ma sappiano anche che non hanno combattuto quello che era un simulacro di democrazia rivestito di populismo per cadere in un nuovo simulacro di democrazia imbellettato dalla tecnica. La democrazia «compiuta» è ancora lontana dalla sua realizzazione. La medicina necessaria del governo tecnico, se esce dal suo ristretto alveo programmatico, può diventare un veleno. La «tecnica» non può diventare il lasciapassare per imporre un regime autocratico. Bisogna vigilare. La politica non deve morire, pena la fine della libertà.

Sono sicuro che certi rimasugli del berlusconismo, che prima del diluvio facevano più o meno questo stesso discorsetto, rimarranno a bocca aperta di fronte a tanta faccia tosta, nonostante ne abbiano viste e combinate di tutti colori. I più fessi della compagnia, nella loro infinita bontà, vi potranno vedere perfino una qualche meritoria resipiscenza. Non vogliono intendere che per i liberal-giustizialisti – uso questo termine per fare un dispetto a Gustavo, cui non piacciono i giochi di parole: degli altri, s’intende, perché lui coi concetti e con le parole ci gioca sempre – che per questi fuori di testa di liberal-giustizialisti, dunque, la rifondazione della politica come e più di prima «deve partire dalla sua decontaminazione dalla corruzione». Ciò implica che questa classe politica fallita, quando non provatamente corrotta, non è legittimata a fare le riforme. Un albero malato non può dare buoni frutti. Potrà fare solo la riforma elettorale, ma questa dovrà essere sottoposta al controllo del corpo elettorale tramite un referendum. Sempre che la «società politica» non voglia ancora, irresponsabilmente, fare a meno della «tanto disprezzata società civile», la quale, incredibilmente, è quella stessa società civile alla quale la turba immensa dei cretini rende omaggio ogni giorno senza alcuna pietà per i vostri martoriati orecchi.

Diciamolo: questo Gustavo è una sagoma. Liquidato quindi il governo Monti, e liquidata anche l’attuale irrecuperabile classe politica, sarà la società civile con nuove elezioni ad esprimere una sua rinnovata rappresentanza politica. Queste nuove elezioni dovranno essere un crogiolo veramente democratico. Se voi pensate di essere «democratici» è bene che ci pensiate due, tre, quattro, cinque volte prima di darlo per scontato. Si fa presto a parlar di democrazia. Invece, spiega Gustavo a Repubblica, c’è la «democrazia dogmatica», c’è la «democrazia populista», e poi c’è la «democrazia critica», che è l’unica veramente «liberale». Quella dove tutti pensano con la propria testa. Fin qui lui, per adesso. Il resto ve lo spiego io. Cercate di capire rettamente prima di essere colpiti a ciel sereno da un anatema: una democrazia critica è una democrazia consapevolmente critica, non critica e basta. Le critiche possono anche essere becere. Invece devono essere pertinenti. Devono conformarsi alle regole e ai valori intrinseci della democrazia. Dovete conoscerle, sentirle, respirarle, se non volete essere iscritti nelle liste dei democratici dogmatici o in quelle dei democratici populisti. Se vi sentite perduti, nonostante la vostra «propria testa», sappiate che avete in lui, Gustavo, e nel suo club un infallibile Revisore in Ultima Istanza, che saprà indirizzarvi per il meglio.

[pubblicato su Giornalettismo.com]


Filed under: Giornalettismo, Italia Tagged: Giacobinismo, Gustavo Zagrebelsky, Libertà e Giustizia, Mario Monti

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