L’ora della pugna

Creato il 18 novembre 2012 da Povna @povna

Erano le parole (con l’aggiunta di un “ci rivedremo” bene augurante) con cui li salutava sempre (loro tre: l’Amico Scrittore, Viola e la ‘povna) zio Remo quando uscivano dal suo ricevimento, alla vigilia di qualche esame del loro curriculum accademico (per esempio: quelli annuali di Hogwarts, che erano discussi da una commissione variegata e mista, e valutavano la tesi che, ogni marzo, dovevano avere ricercato e scritto; oppure, banalmente, quello di laurea universitaria).
Loro tre gli dedicavano un sorriso di rimando, e se ne andavano contenti, perché al loro impegno era stata accordata quell’importanza che, oggettivamente, ritenevano di meritare.
Quella che si apprestavano a sostenere era davvero una battaglia? Certo che no, ovviamente. Ma la ‘povna continua a pensare che quel talismano fosse comunque giusto. Un po’, perché nemmeno loro lo prendevano poi troppo seriamente. Ma soprattutto perché erano piccoli: e – se hai diciannove, venti, ventuno, ventidue, ventitré anni (e vivi fuori casa, e ti mantieni, indipendente, proprio con quei voti cui stai andando incontro) – essere incoraggiato dal tuo mentore è qualcosa che ti puoi, onestamente, anche aspettare.
Tutto questo però le è rivenuto un mente in questi giorni, che sono anche quelli prossimi a una accademica scadenza (martedì prossimo, alle ore 17) per un concorso (a professore associato e a cattedra) che prende il nome di “abilitazione nazionale”. Si tratta di una procedura in sé facilissima, perché è basata su una valutazione “per titoli”, attraverso una domanda che si apre, si compila, e si chiude interamente on-line. Questo non ha evitato agli ampi 4/5 di tutti i suoi conoscenti di inscenare un canaio assolutamente imbarazzante, già dallo scorso settembre: “Oddio, la domanda”; “Che fatica di Sisifo!”; “Questo autunno sarà impegnativo, c’è la valutazione nazionale da scrivere”; “Mamma mia, sono distrutto, che incubo”. E via commenti di questo tenore.
E lei, complice anche questo post dell’amica Noise, francamente non sa se scandalizzarsi o ridere. Perché anche lei si è annoiata ad approntare i materiali che il sito on-line chiedeva di allegare alla domanda, e ci ha perso del tempo (nei ritagli: perché prima non ci ha pensato, poi ha avuto questioni più toste e questa settimana era occupata a fare altro); anche a lei è capitato, prima o poi, qualche baco informatico (anche perché se devi scannerizzare cento pubblicazioni in formato pdf un inghippo prima o poi ti capita; ma, di certo, non si è fermata a specularci sopra più di tanto, ché tanto qui di semplice burocrazia si tratta (poi, se son rose, fioriranno – e solo allora sarà il tempo di pensare).
La domanda , insomma, è una cosa che va fatta, punto. Ma non è, di certo, un’”ora della pugna”. E, anzi, se potesse, la ‘povna suggerirebbe alla commissione giudicante di farsi un bel giro sugli stati telematici dei candidati al concorso. Perché una tale difficoltà logistica (o un investimento emotivo così spropositamente alto) a lei davvero sembra un primo dato a sfavore di una progressione di carriera qualsivoglia (troppo stress sotto pressione, inettitudine amministrativa, incapacità di giudizio).
Ma, purtroppo, ha quasi la certezza che questo non sarà uno dei criteri considerati validi dai valutatori ministeriali.


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