Non era difficile immaginare a quale livello potessero giungere le intemperanze dei berluscones, una volta arrivati al pettine i nodi giudiziari del loro leader. Capisco che non c’era altra strada percorribile, ma Letta ha subito e assecondato i ricatti di Berlusconi; è sembrato affetto dalla sindrome di Stoccolma nei suoi confronti e quel “non a tutti i costi” è rimasto lettera morta. Che ora voglia una prova muscolare ci sta, anche se avrebbe dovuto cercarla sull’affare kazako o sull’Imu. Che si voglia prendere la soddisfazione di trovare una maggioranza, nonostante tutto, ci sta. Che possa pensare di governare con una manciata di transfughi del Pdl, è un’idea scellerata, un accanimento terapeutico che ci porterebbe dritti verso la Grecia.
Letta, se volesse continuare a governare, dovrebbe riuscire a spaccare il Pdl a metà e riuscire ad avere una maggioranza superiore ai 170 senatori. Ma temo che andrà avanti anche con meno di 165, perché “non a tutti i costi” è frase da uomini di polso e Letta ha dimostrato, particolarmente sull’affare kazako e sull’Imu, di non averne. Peccato, perchè il Pd ha l’uomo giusto per tentare una nuova esperienza di governo in grado di disinnescare e ridicolizzare l’eversione berlusconiana. Fabrizio Barca, essendo stato Ministro per la coesione territoriale nel Governo Monti, ha toccato con mano la situazione italiana. Non avrebbe difficoltà ad avere la fiducia del Centro e recuperare quella di Sel; inoltre, è l’uomo giusto per far emergere definitivamente le contraddizioni del M5stelle. Barca potrebbe tirar su un governo coerente con la Carta d’intenti con cui il Pd si presentò alle elezioni di febbraio. Questo è l’unico scatto d’orgoglio e di coraggio che può giovare all’Italia. Il fallimento delle larghe intese è il fallimento di Letta e di Napolitano. Una volta disinnescata la bomba del caimano, ne prendano atto.