La Tv ha da poco trasmesso la sua fiction sulla vita di Oriana Fallaci, senz’altro la nostra giornalista più nota e famosa nel mondo.
Della Fallaci conoscevo i suoi libri, il suo lavoro di reporter di guerra, la sua scomparsa causata dalla malattia, quella malattia che non lascia molta speranza, ma che lei amava chiamare direttamente con il suo nome, senza falsi pudori.
Vedere la sceneggiatura mi ha permesso di meglio inquadrarla, seppur attraverso una certa immaginazione che è il bello del cinema, nei fatti e nelle vicende storiche del tempo.
Mentre la guardavo pensavo tra me: “Però, che fortuna che ha avuto Oriana, è riuscita ad essere in tutti i luoghi dove era importante trovarsi, è riuscita a intervistare gli uomini o le donne che avevano cose estremamente significative da dire, ha saputo superare il limite di essere donna e trasformarsi in un soldato non armato che andava in trincea, sotto il pericolo del fuoco nemico; ha visto la storia così come noi miseri mortali ci guardiamo il telegiornale…”
E poi ancora: “Oriana ha saputo portare nel giornalismo il suo valore aggiunto, che era proprio quello di essere donna; una presenza femminile in un mondo totalmente maschile; una presenza femminile che ha permesso l’incontro con altre donne, qualche volta simili, ma per la maggior parte totalmente ed abissalmente diverse, per condizioni, status, cultura e contesto.”
E ancora :” Ma guarda, è stata dentro l’inferno dell’Indocina, è stata dentro i più catastrofici fatti militari come il Vietnam, senza mai ferirsi. Quando invece si è trovata dentro una manifestazione che avrebbe dovuto rivelarsi democratica, fu ferita da un proiettile che solo per caso non la uccise, insieme a molte altre numerosissime vittime che invece non ebbero la sua stessa fortuna”
E ancora: “Dietro la sua apparenza altera e glaciale, come probabilmente aveva cura di presentarsi, c’era una donna normale, con le sue fragilità; una donna che sentiva e condivideva profondamente il dolore dell’ingiustizia, per la cui denuncia metteva a repentaglio la sua stessa sicurezza; d’accordo, era il suo lavoro, e lei voleva farlo al meglio per essere la numero uno; d’accordo, era ambiziosa e perfezionista, e non lasciava nulla al caso o nelle condizioni di potere essere frainteso o bersagliato; d’accordo, se lo poteva in un certo senso permettere perchè si era scelta una vita libera, senza legami, senza responsabilità verso terzi, senza guinzagli o palle al piede che non fossero i suoi due amatissimi genitori, che però sapevano da parte loro badare perfettamente a se stessi, e non solo…”
E ancora: “Ma perchè fondamentalmente la Fallaci è diventata la Fallaci? Cosa l’ha fatta essere quello che è stata?” e credo che nessuno possa rispondere a questa domanda, forse nemmeno lei stessa, se fosse ancora viva. Ha ovviamente contribuito la sua stessa educazione, un profondo sentire antifascista che Oriana aveva bevuto e mangiato fin dalla sua adolescenza; l’ambiente in cui è vissuta, un ambiente per molti aspetti privilegiato che io credo abbia nutrito lo spirito ed il cervello ancor prima della carne; e poi il suo sviscerato amore per la libertà e per la verità”
La libertà è un dovere, ancor prima che un diritto, lei diceva.
Per scrivere, occorre dire sempre la verità, qualunque essa sia se pur tagliente e dolorosa, senza timore, se si vuole uscire salvi dal pantano delle parole, lei diceva.
Quando poi aveva deciso di non rilasciare più articoli, affranta dalla sua ingloriosa e assai misera condizione fisica, accade davanti ai suoi occhi la tragedia delle due torri, la tragedia di un paese, di una cultura, di un modo di pensare e di vivere.
Oriana allora è richiamata a scrivere ancora; come tacere davanti a un morto che ti ritrovi sullo zerbino di casa?
I suoi libri, che lei definiva i suoi figli, nascono tutti da un’esperienza di vita vissuta.
Un uomo, dalla sua storia d’amore con il leader della resistenza rossa avverso il regime dei Colonnelli greco.
Lettera a un bambino mai nato, dalla sua mancata maternità che ce la rendono come una persona che nonostante tutto nemmeno lei ebbe proprio tutto dalla vita.
La rabbia e l’orgoglio, dall’essersi svegliata una mattina con l’assistere ad una civiltà che si credeva solida, vederla frantumarsi a terra come vasi di coccio.
E poi ci sono tutte le sue storiche interviste, sopra a tutte quella al fatidico leader della presunta rinascita persiana, lo Ayatollah Khomeini, dopo la cacciata dello scià Reza Pahlavi, ma che invece si rivelò subito ai suoi occhi lucidi e indefiniti, come il presagio di una catastrofe annunciata, di cui proprio in questi giorni se ne possono vedere le conseguenze; interviste che si snocciolano tra aneddoti ed eventi a dir poco esilaranti, dove la serietà dello scopo si mescola all’assurdità delle regole e del protocollo di Stato.
Non mancano ovviamente le stesse interviste di guerra, le più toccanti, le più vere, le più assolute, le più laceranti, perchè a parlare non sono i capi di Stato infagottati dentro i loro troni ben luccicanti e sfarzosi, temuti per il loro assoluto potere, ma sono gli uomini normali che sanno di potere morire da un momento all’altro, che temono di non potere tornare a casa a riabbracciare la loro donna, o i loro figli, o i loro genitori; giovanissimi uomini che davanti all’evento della fine si chiedono sul senso della vita e non sanno trovare nessuna risposta, nessuna risposta non al perchè vivere, ma al perchè dovere morire.
Qui Oriana tace; non è la giornalista di ruolo che necessita di fare scoop, non è quella che sta dall’altra parte della barricata per cui deve darsi un tono ed una apparenza di condivisione; lei è lo stesso soldato dentro la trincea, è quella cosa che sotto il sibilo degli spari si mette a scrivere con l’arma della parola; lei stessa da soldato parla ad una altro soldato che si confida e si lascia intervistare solo perchè davanti a un essere umano come lui, identico a lui, e non lontano da lui.
Alcuni momenti sereni di Oriana? Avere assistito in diretta alla conquista della Luna, lei che ne aveva condiviso le premesse e le problematiche, partecipando in qualità di testimone all’addestramento degli uomini della Nasa.
Alcuni rimpianti di Oriana? Non avere cullato nessun infante, non avere adottato una bambina vietnamita quando ne ebbe l’occasione, non essere insomma diventata madre.
Lei, che di donne e di madri disperate ha riempito pagine di mezzo mondo.
Alcuni difetti di Oriana? Immagino tanti, come quelli di una persona mortale. Ma non è per questo che parliamo di lei.
Ciao, Oriana.