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L'Oriola tra storia e mito: il quartiere plebeo

Creato il 09 maggio 2011 da Ambrogio Ponzi @lucecolore

L'Oriola tra storia e mito: il quartiere plebeo

Olio su tavola di Ponzi Ettore 1955

Oggi il quartiere Oriola è una ristretta fascia di territorio urbano che insiste su due vie parallele, Via Mentana e Via Ponteromano, cucite alla centrale Via Cavour da Via Vito Aimi. Sino al 1930 in realtà l'Oriola aveva una estensione bel maggiore in quanto partendo dalla Rocca arrivava alla Porta di san Donnino comprendendo di fatto l'area oggi battezzata Piazza Grandi.
Il "risanamento" del quartiere degli anni trenta, con l'apertura di Via Corsica e la demolizione di fabbricati, ridussero di una buona metà l'estensione del quartiere. Per effetto dei bombardamenti il quartiere uscì malridotto dalla seconda guerra mondiale, ma malgrado tutto conservava negli abitanti i segni delle passate miserie. Solo la feroce "ricostruzione" ha lentamente segregato gli abitanti in scatoloni condominiali con servizi igienici in ogni unità abitativa, la mobilità delle persone ha poi fatto il resto. Certo che non manca anche oggi l'orgoglio di essere nati e vissuti nel quartiere, ma riguarda ormai ultrasessantenni in vena di nostalgie.
L'Oriola tra storia e mito: il quartiere plebeo
Olio su tavola di Ponzi Ettore 1950
A descrivere il carattere degli abitanti di un quartiere privo di riferimenti storici importanti può aiutarci la cronaca. Nel caso della nostra città comunque la cronaca ha un vantaggio sulla narrazione storica, quello di non essere viziata dalle estrapolazioni ed interpretazioni di cui sono farcite le narrazioni  dei nostri storici locali. Limitatamente alla cronaca del '900 non c'è tanto da aggiungere a quanto scritto da Vittorio Chiapponi nel suo libro "Buragh du" dove ha appunto magistralmente tratteggiato l'Oriola del secolo passato. Noi pubblichiamo invece questo racconto che riprende una vecchia cronaca del XVI secolo ed è stato pubblicato nel 1927 sul periodico diocesano. Sembra di capire che anche a quel tempo l'Oriola era una città nella città.

L'Oriola tra storia e mito: il quartiere plebeo

I portici Via Croce Rossa, ora Via Vito Aimi,
in una ricostruzione pittorica di Ettore Ponzi  

Una festa di ballo finita tragicamente e sacrilegamentePrego di notar subito, che non si tratta di una fattaccio dei nostri giorni, bensì di oltre tre secoli fa, dal quale si capisce che anche allora si amasse organizzare feste da ballo. Ma erano più rare che attualmente e non vi figuravano i balli esotici ossia selvaggi degli odierni festivals. Nondimeno anche in quei tempi i balli avevano, presso a poco, gli stessi strascici, annessi e connessi immorali … che essi hanno tuttora.Infatti il Pincolini ci narra che pel 6 febbraio 1595 fu organizzata nel cosidetto quartiere d'=riola una festa plebea danzante, in cui volle entrare per forza un soldato. La presenza di costui suscitò subito nei ballerini, non sappiamo se anche nelle ballerine … perché il cronista non lo dice, un certo malumore che scoppiò dapprima in vivissime proteste seguite poi da uno scambio di coltellate che causarono la morte di uno dei Micari. Indescrivibile il putiferio che ne nacque, volendosi linciare il soldato. Costui però, odorato in tempo il vento infido, riuscì ad eclissarsi, cercando rifugio presso i Padri Capuccini. L'inseguirono inferociti “i plebei d'Oriola”, reclamando dai Frati il milite ospitato.I Capuccini si rifiutarono di consegnarlo, per cui i plebei, urlando, cominciarono a far irruenza contro la porta della chiesa, risoluti d'entrarvi. Essendo alfine riusciti a rompere la porta, entrarono.Il Pincolini continua a raccontarci che i plebei “inorridirono, sì, ma non inorbirono, come pretese la semolicità di quel Padre Guardiano, il quale vestitosi coi sacri arredi, assistito da luminari levò dal Sancta Sanctorum il Venerabile Sacramento e andò loro incontro, come Santa Chiara andò incontro ai Saraceni, scomunicandoli e maledicendoli”.Ma i “plebei”, peggiori dei Saraceni, anziché indiettreggiare si misero a frugare in ogni angolo e trovato il soldato, lo trascinarono alle carceri.Però l'atto sacrilego compiuto dai “plebei d'Oriola” obbligò la comunità a denunciarlo al Duca spedendo a tale scopo a Parma Lancillotto Pinchellini e damiano Gallinari i quali pregarono il sovrano a far catturare e bandire gli autori del sacrilego fattaccio.Da "Il Risveglio" Novembre 1927


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