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L'oro di Shwedagon

Creato il 09 dicembre 2014 da Enricobo2

L'oro di Shwedagon

Yangon - Shwedagon Paya


L'oro di Shwedagon
Templi e pagode sono la caratteristica di Yangon. Le vedi ovunque, sono anima e paesaggio, sono l'essenza della città, la sua impronta. Entrarvi e girarci un po', osservare, sentire la vita che si svolge all'interno od intorno, non è come fare la stessa cosa nelle nostre chiese, che vivono e svolgono la loro natura durante le cerimonie e le funzioni, poi rimangono in una specie di torpore che fa della visita, il passeggiare in un museo, una semplice osservazione di un'opera d'arte. Il tempio in Oriente ed in Birmania in particolare, vive continuamente e non cessa mai la sua funzione. La respiri in ogni punto ed in ogni momento col suo via vai incessante ed apparentemente disordinato, forse proprio come dovevano essere i nostri santuari nel medioevo. Certo alcuni meno visitati o meno "importanti" danno una impressione più tranquilla, come la Botataung Paya, col suo grande giardino proprio di fronte al fiume, che ti invoglia a pause meditative. Negli altri vieni trascinato dalla folla prepotentemente ed entri a far parte del gioco. Tuttavia una è davvero diversa dalle altre, almeno lo è per tutti i birmani. La Shwedagon Paya è la madre di tutte le pagode, il centro spirituale del paese ed il punto di riferimento assoluto. Da qui sono partite le proteste e le rivolte, qui si fa riferimento per ogni avvenimento importante avvenga nel paese, qui è rivolta l'attenzione ed il controllo del potere. La vedi dappertutto; da ogni parte della città, puoi scorgere, lontana tra gli alberi o vicina, incombente tra i tetti delle case, la sua sagoma inconfondibile che si staglia nel cielo, come monito, come richiamo, come protezione. 
L'oro di Shwedagon
Rosata, all'alba si riflette nel lago dipingendone le acque calme, poi se esce il forte sole estivo, la sua superficie dorata risplende con lampi di luce, per contro se la pioggia del monsone la lava, ne accentua ancor di più la luminosità. Il tramonto le dona toni di arancio e rosso pallido, nella notte fluttua nell'aria sulla sua collina, faro attenuato ma caldo di attenzione costante. Dedicarle un pomeriggio non è tempo sprecato, credo che si capisca molto di più rimanendo ad osservare qua e là tra le mille costruzioni della sua spianata, che visitando tanti altri luoghi di culto. Le quattro enormi scale coperte che risalgono la cinquantina di metri della collina, meritano la fatica, con le enormi colonne di legno rosso bruno che ne sostengono i tetti colorati e le centinaia di negozi di culto che ne affiancano i larghi gradini. Lasci scarpe e calze al primo gradino ed entri come rispettoso pellegrino alla base del monte divino. Qui una città vive di sacro e di profano, trovi cesti di frutta da offrire sugli altari, incensi, statue ed immagini sacre, dipinti, calendari, ciotole per la raccolta delle offerte, cibi e bevande perché anche il corpo ha le sue esigenze e poi indovini ed astrologi, banchi che raccolgono donazioni per questo o quel restauro. L'umanità che vi sale è la più varia, assieme alle frotte di turisti, che però si disperdono subito tra la folla, monaci, famigliole, impiegati e persone d'affari eleganti che si mescolano assieme alla gente di villaggio che forse arriva per la prima volta nella capitale e considera questo appuntamento imperdibile. Tutti chiacchierano, guardano, ridono, comprano, fanno foto con i telefonini. 
L'oro di Shwedagon
Comunque la fatica della salita non è premio essa stessa di devozione. Lo testimoniano i quattro ascensori che affiancano gli scaloni stessi, affollati di monaci, insomma non è detto che per raggiungere l'ascesi si debba per fora soffrire. Ci rimettono i commercianti, certo, ma se arrivi sereno di fronte al divino, invece di ansimare disperatamente, non c'è niente di male, anzi. Caso mai se non vuoi perderti il colore degli ingressi, gli scaloni te li fai in discesa. Quando arrivi sulla spianata e puoi cominciare il tuo giro rigorosamente in senso orario, il grande zedi dorato, la gigantesca campana rovesciata è quasi nascosta dalle centinaia di costruzioni e stupa più piccoli che la circondano, solo quando le arrivi vicino, i suoi quasi 100 metri di altezza, ricoperti di foglie e di lastre d'oro, incombono su di te, cerchio dopo cerchio, armoniosamente digradanti e si rastremano verso l'alto quasi nell'ansia di raggiungere il cielo, prima la spalla della campana rovesciata, circondata da sagome fiorite, poi la coppa capovolta da cui scendono i petali del loto, infine il germoglio di banana foderato di lamine d'oro, mentre l'iperbole della guglia si tende sempre più verticale fino al hti terminale a cui sono appese le campanelle, sormontate infine dalla banderuola e dall'ultimo globo di diamanti, una palla d'oro cava in cui le pietre sono incastonate fino alla punta estrema, un diamante di 76 carati. Oro, oro e ancora ora, in fogli, in lastre, in minuscole scagliette incollate dai milioni di fedeli che per secoli le applicano con fervore.
L'oro di Shwedagon
E' sempre curioso osservare come, maggiore sia la povertà di un paese e maggiori siano state le profusioni di ricchezza, metalli e pietre preziose, nelle costruzioni sacre o di potere, che spesso poi si identificano tra di loro. La spianata è piena di folla multicolore, domani è una della feste più importanti dell'anno, quella della luna piena di novembre e si preparano festeggiamenti in gran pompa. Baldacchini fioriti sono già pronti qua e là, tra gli stupa e le costruzioni templari. Gruppi di gente, guardano le statue, pregano con fervore, sono seduti dappertutto, nelle sale di accoglienza o negli spazi aperti a mangiare o più semplicemente a riposare, molti si apprestano a passare qui la notte, qualcuno già dorme tranquillo in un angolo. La pioggia è cessata e le superfici di ogni costruzione sono lucide e splendenti, Quelle ricoperte di specchietti e di vetri colorate riflettono le altre intorno in mille baluginii di luce. Qualcuno si raduna attorno alle edicole dei giorni della settimana, in cui, se sai in quale giorno sei nato, è più opportuno pregare. Altri si affollano attorno alle statue circondate da piccoli specchi d'acqua e con le ciotole apposite lavano le immagini dei Buddha, sorridenti o seriosi a seconda dello stato di illuminazione che rappresentano. Le facciate dei templi sono trine traforate di marmi incastonati di pietre, di legni lavorati con minuzia e precisione, dipinti di verdi, cinabri e oro, mille e mille statue di ogni dimensione si accalcano davanti ad ogni colonna, altare, frontone. Ogni figura di Buddha con le mani posizionate in un suo particolare mudra, ogni posizione col proprio preciso significato.
L'oro di Shwedagon
Anche i monaci si aggirano come le altre persone in visita, guardano, fotografano, pregano, parlano allo smartphone. La pioggia recente ha reso il pavimento di marmo così scivoloso che di tanto in tanto vedi qualcuno che casca o si tiene per un pelo a stipiti ed a braccia amiche. Cammini con attenzione facendo caso a dove poggi il piede, anche il colore delle piastrelle che calpesti è indice di diversa scivolosità, le più scure sono trappole mortali, se vuoi alzare gli occhi verso le guglie più alte, conviene fermarsi e cercare stabilità. Rintocchi di campane, di gong, folla che scorre ordinata. Perdi l'occhio nelle decorazioni barocche alternate a quelle più severe, antiche o nuove, affiancate le une alle altre, chè la sacralità non vuol distinzione di valore storico. L'insieme ha più di mille anni, ma la consistenza attuale, devastata da innumerevoli terremoti, incendi e predazioni varie ne ha poco più di duecento. Così non devi cercare qui, come in tutti gli altri luoghi di devozione del paese, il fascino archeologico dell'antico, ma l'insieme della commistione di una religiosità vissuta e attiva, in continuo divenire. La senti pulsante in questa folla che cammina, prega, adora, chiede grazie, vive insomma. Quando finalmente, ebbro di sensazioni, di colori e di suoni, ti decidi a scendere, mentre sta per calare la sera, la grande madre comincia a risplendere nel suo luminoso manto notturno. Le caviglie sono ancora sane, pronte ad affrontare la lunga serie di scivolosi gradini. Forse meglio optare per le scale mobili.
L'oro di Shwedagon

SURVIVAL KIT
L'oro di Shwedagon
In molti dei templi e pagode più impotanti e visitati dai turisti, in tutto il paese, si paga un ticket per la macchina fotografica che va dai 2/300K fino ai 1000K nei più importanti. Un cartellino viene applicato alla cinghia dell'apparecchio. Il controllo non è ossessivo e se dichiarate che non volete fare foto, non viene applicato.(Poi però non fatele davvero).
Botataung Paya - ingresso 3.000K - In un bel giardino sul fiume Yangon, potete anche girare intorno senza pagare. Bella atmosfera, meno frequentata e chiassosa della Shwedagon. Ricostruita dopo la guerra in quanto bombardata.
Shwedagon Paya - Ingresso 8.000K - E' il monumento più importante del paese, merita una sosta approfondita. Molto fotogenica. Attenzione a non scivolare se piove o a non scottarvi i piedi sul marmo rovente se c'è pieno sole di pomeriggio. Passando sulla guida verde di plastica che circonda lo zedi, non vi scottate né scivolate, ma probabilmente avrete alla fine i piedi piagati causa la puntuta ruvidezza dello stesso. Ammiratene le diverse sfumature di colore dell'oro nelle diverse ore della giornata. La pagoda si vede da quasi ogni punto della città. 
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