E, come consuetudine, al racconto della favola segue un’interpretazione psicologica…
Tante volte mi capita di accogliere in studio pazienti che intendono sbarazzarsi velocemente della loro collera: “Dottoressa, ho spesso degli scatti di rabbia: mi aiuti a liberarmene”.
La storia dell’orso della luna crescente può aiutarci a comprendere quanto sia sbagliato cercare di ignorare le nostre emozioni…anche le più sgradite.
Al contrario, è bene armarsi di pazienza e tolleranza nei confronti di ogni stato d’animo. La collera non è qualcosa di cui liberarsi in fretta, ma va osservata molto attentamente per cercare di comprenderne l’origine. Solitamente insorge quando perdiamo la speranza. Dietro la collera si nasconde il dolore; dietro il dolore, di solito un trauma, talvolta recente, più spesso antico.
Le emozioni, anche quelle grezze e confuse, sono fonte di energia. E così, la rabbia può essere manipolata e trasformata in modo che non lavori contro di noi ma a diventi energia utile in altri campi. Quindi, invece di ignorare la nostra collera, è meglio invitarla ad accomodarsi accanto a noi per conoscerla e comprenderla. Inizialmente la collera si comporterà come il marito arrabbiato della storia: non vorrà parlare ma restare sola e prendersela con tutti o con se stessa. E’ a questo punto che servirà tutta la pazienza della protagonista della favola la quale, preso il coraggio a due mani, decide di scalare la montagna per incontrare l’orso (la rabbia). La montagna è un simbolo che descrive i livelli di consapevolezza da raggiungere prima dell’ascesa a un livello successivo. La parte inferiore, le colline ai piedi della montagna, rappresenta spesso il bisogno di giungere ad una nuova coscienza. Tutto quel che accade sulle colline è considerato una maturazione, una messa alla prova di quanto accaduto ai livelli inferiori. La vetta rappresenta il confronto con la massima saggezza. E’ dunque bene ritirarsi sulla montagna quando non sappiamo che altro fare.
La donna della storia compie il suo viaggio per portar luce nell’oscurità della collera. E, come nel racconto, vale la pena propiziarsi l’orso (la nostra parte istintiva) assumendo la rabbia come maestra piuttosto che come nemica.
A tutti noi capita di sperare che qualcosa di “magico” risolva in un lampo una situazione particolarmente difficile. Ma la magia non sta in qualcosa di esterno a noi (la guaritrice della favola) ma semplicemente nella pratica: compiere tutti i passi dovuti, uno dopo l’altro, tutte le volte che è necessario, il più a lungo possibile o per sempre.
I periodi di sofferenza ci permettono di sondare la profondità della nostra anima e rappresentano potenzialmente una forma di estrema ricchezza. Non esistono scorciatoie: è necessario prendersi il tempo per andare lontano, faticare e dominare le proprie paure. Al ritorno da questo viaggio interiore, la nostra vita sarà indiscutibilmente arricchita di una consapevolezza nuova.
Fonte: Clarissa Pinkola Estés – Donne che corrono coi lupi – Milano, 2013 Frassinelli