Niente Facebook, siamo inglesi. L'83. edizione degli Oscar non ha riservato particolari sorprese, confermando più o meno tutti i pronostici della vigilia. E così Il discorso del Re, patinata ricostruzione storica sulle difficoltà oratorie di Sua Maestà Giorgio VI d'Inghilterra, si porta a casa le statuette più importanti: quelle per miglior film, regia, attore protagonista e sceneggiatura originale.
Un verdetto annunciato, dunque, ma che lascia un po' l'amaro in bocca a noi cinefili d'oltreoceano che speravamo in un palmares ben diverso e più rispettoso dei nostri 'gusti' occidentali.
Intendiamoci: non che Il discorso del Re sia un brutto film, tutt'altro. Ma è un film che deve il suo appeal esclusivamente alle perfomances degli attori protagonisti: per il resto è il classico 'film da Oscar', costruito apposta per vincere: gran confezione, leccatissimo, convenzionale, politicamente corretto e ruffiano al punto giusto. Tutti ingredienti che hanno facilmente fatto breccia nei giurati dell'Academy, da sempre orientati verso un conservatorismo di maniera e sempre restii a premiare le opere più innovative e disturbanti. Una giuria che ha così celebrato oltre i propri meriti la pellicola di Tom Hooper (lui stesso inopinatamente premiato anche per la regia, decisamente piatta e senza sussulti).
Dispiace però che a farne le spese sia stato The Social Netwok, spietato ritratto della società contemporanea firmato David Fincher, che prende come pretesto la 'genesi' di Facebook per condurci in un cinico e durissimo pamphlet sul disgregamento dei valori morali nell'epoca della comunicazione 2.0. Per noi The Social Network è il film più bello e significativo di questo inizio millennio, e probabilmente lo resterà per molti anni ancora: un film 'epocale' nel senso letterale del termine, capace di tenerci col fiato sospeso per tutta la sua durata, come un thriller, e capace di farci riflettere e rabbrividire sulla nostra condizione una volta terminato. Le tre stauette conquistate (miglior sceneggiatura adattata, montaggio e colonna sonora) sono solo un 'contentino' che non rende giustizia alla grandezza di questa pellicola.
Tutto come previsto anche sul fronte degli interpreti: Colin Firth si è aggiudicato a mani basse l'Oscar per il migliore protagonista, mentre Natalie Portman ha trionfato tra le attrici. Due vittorie largamente 'annunciate' ma, questa volta, ampiamente meritate. Bello soprattutto il trionfo della Portman, radiosa col suo pancione da mamma in attesa e quasi 'dispiaciuta' di aver battuto quattro colleghe di grande bravura: Annette Bening, Nicole Kidman, Michelle Williams e Jennifer Lawrence. Quest'anno la competizione femminile era di altissimo livello, e ognuna di queste attrici, senza retorica, avrebbe potuto essere premiata senza che nessuno storcesse il naso (a differenza dell'anno scorso quando, tra mille polemiche, venne premiata Sandra Bullock). Tra i non protagonisti trionfa invece The Fighter, ennesima storia di pugilato portata sul grande schermo da David O. Russell, che vede premiati sia Christian Bale (era l'ora!) che Melissa Leo.
Quanto al resto, fanno notizia i quattro riconoscimenti a Inception nelle categorie tecniche (fotografia, suono, effetti visivi e sonori), a parziale risarcimento dell' 'ostracismo' dell'Academy nei confronti dell'incompreso Christopher Nolan. Scontati anche i riconoscimenti a Toy Story 3 come miglior film d'animazione e migliore canzone, e le statuette a Alice in Wonderland per costumi e scenografia. Vittoria per la danese Suzanne Bier nella categoria dei film stranieri col suo In un mondo migliore. E per concludere una curiosità: la settima vittoria (!) in carriera per il truccatore Rick Baker, ormai un 'mito' per l'Academy Awards. Stavolta vincitore grazie al make-up di Wolfman.
Arrivederci al prossimo anno!
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