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L’Ostalgie alla mozambicana

Da Kurz69

La parola Ostalgie nasce abbastanza presto dopo la “Svolta”, ovvero dopo la caduta del Muro di Berlino, quando nel 1993 è stata eletta come “Wort des Jahres” (Parola dell’anno). Essa fu forgiata dal cabarettista di Dresda, Uwe Steimler, il quale si è assicurato il marchio di questa parola il 25 Novembre 1992. Il grande dizionario Duden definisce il vocabolo come segue : “Ostalgie, la; [geb. aus Ost[Deutschland] (Germania dell’Est) e Nostalgie]: Nostalgia di determinate forme di vita nella ex RdT.

La nostalgia dei tempi della DDR, il fenomeno che fino a qualche tempo fa ha coinvolto parte della società tedesco-orientale che aveva vissuto (e lottato contro) il regime comunista di Ulbricht e Honecker, non è una particolarità solo tedesca. Fra i perdenti della transizione, coloro che nel cambio di sistema economico, politico e sociale, non sono riusciti a migliorare o mantenere le proprie posizioni sociali, ci sono anche i cosiddetti lavoratori stranieri, provenienti dai Paesi fratelli, che nella Germania del socialismo reale avevano trovato a loro modo l’America.

Regresado da Alemaña

Tra loro, oltre 16 mila lavoratori del Mozambico, giunti a Berlino Est nel 1979, grazie ad uno speciale accordo tra la Repubblica Democratica Tedesca e il Mozambico da altre nazioni comuniste. Caduto il regime, chiuse molte fabbriche per assenza di mercato, questi lavoratori hanno perduto il lavoro e, con esso, la possibilità di preservare il permesso di soggiorno nella Bundesrepublik riunificata. Hanno dovuto far le valige e tornare nelle proprie terre d’origine.
Se vi capita di passeggiare per la 24 de julho a Maputo intorno a mezzo giorno, ci si imbatte in un gruppo di persone che sfilano e rumoreggiano ogni mercoledì da oltre vent’anni da quell’evento accaduto a migliaia di chilometri dal Mozambico, che ha cambiato le loro vite.  «Oggi li chiamano Madgermanes», «tedeschi matti e furiosi, un appellativo affibbiatogli da parenti e amici al momento del rientro in patria per descriverne il temperamento focoso e la battaglia intrapresa contro il governo mozambicano».

Ex vetrai, ottici, muratori, operai nelle fabbriche tessili e nelle miniere, i Madgermanes hanno mantenuto in Mozambico usi e abitudini presi negli anni trascorsi in Germania: sono rimasti in contatto fra di loro, sono ben organizzati, hanno costituito una serie di associazioni sparse in tutto il Paese, parlano un buon tedesco e ricordano volentieri storie ambientate a Dresda o a Karl-Marx-Stadt, l’odierna Chemnitz. Quel tempo è rimasto impresso come l’età d’oro della loro vita. Dopo la caduta del Muro di Berlino, a oltre vent’anni da quell’evento accaduto a migliaia di chilometri dal Mozambico, le loro vite sono radicalmente cambiate.
Rientrati in patria, si sono dovuti organizzare per sostenere con più forza i loro diritti: la prima battaglia è stata quella di ottenere il pagamento del lavoro svolto nella Ddr. «I contratti stipulati fra i governi», prevedevano che una quota del salario, variabile dal 20 fino all’80% dell’intera somma, venisse corrisposta non direttamente al singolo lavoratore ma al governo mozambicano, con l’accordo che questi avrebbe poi corrisposto la cifra trattenuta una volta completato il periodo all’estero. Una sorta di deposito di risparmio, un bel gruzzolo mantenuto in cassaforte, da poter utilizzare una volta ritornati a casa assieme all’esperienza lavorativa maturata in Germania.
Le cose sono andate diversamente. Toccato il suolo mozambicano, i Madgermanes si sono visti per prima cosa confiscare i passaporti. Del denaro spettante neppure l’ombra. Si tratta di una cifra complessiva attorno ai 100 milioni di dollari, sparita nei meandri delle casse del governo di Maputo e che sarà difficile riuscire a ottenere. I documenti che regolavano i rapporti di lavoro sono andati perduti, risulta anche giuridicamente complesso determinare le quote spettanti a ogni singolo lavoratore.
La beffa non è arrivata dal nuovo sistema capitalistico, ma dal socialistissimo governo del Mozambico.

Nel quartier generale dei Madgermanes, la base central di Maputo, gli ex emigrati organizzano da anni la resistenza contro il governo, discutono animatamente le modalità di protesta, indicono manifestazioni, scrivono petizioni. Finora inutilmente. Negli anni, alla rabbia si è sovrapposta la rassegnazione. Oltre alla truffa dei soldi, i “tedeschi furiosi” non sono riusciti a trovare uno spazio nella società mozambicana e neppure a far valere l’esperienza maturata nell’industriale Germania dell’Est.

La maggior parte di loro è senza lavoro. Coloro che riescono a trovare un’occupazione, spesso sottopagata, devono nascondere il loro passato tedesco.

Le proteste contro il governo non hanno giovato: nel Paese sono considerati fra i più fieri oppositori al regime, un pessimo lasciapassare per gli imprenditori». Arrabbiati e furiosi.

 

http://www.madgermanes.com/



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