Sta facendo molto discutere in Italia, almeno ad ascoltare Radio Due, l’ostentazione del cadavere di Gheddafi alla folla libica, che si è ordinatamente messa in fila davanti all’obitorio per andare a verificare di persona la morte der puzzone, come chiamano i romani ogni dittatore o capo politico che è riuscito a durare nel tempo a discapito della volontà del popolo.
Ora, io capisco che anche nell’affaire Gheddafi siano esistiti degli eccessi: in via teorica-ideale, sarebbe stato meglio se invece di linciarlo e di trascinare il cadavere in giro per i villaggi, sputandoci su e giocando a palla con la sua testa, gli oppositori del rais lo avessero arrestato, tenuto in vita, sottoposto a processo e condannato a morte. Formalmente, sarebbe stata una scelta giuridicamente più civile di quanto è accaduto in realtà, anche se il prodotto finale di questo processo più etico-civile, sarebbe stato sempre lo stesso: una folla di concittadini di Gheddafi a far la fila fuori dall’obitorio per fotografarne il cadavere.
Il punto è che la politica è l’arte del reale, non dell’ideale o del teoretico. E nella realtà delle cose, se governi per 42 anni come dittatore, se condanni a morte qualche migliaio di persone, se tieni in scacco qualche milione di persone (di qualunque nazionalità, non importa assolutamente), se ordini gli stupri etnici, se disponi della vita e della morte dei tuoi concittadini trasformandoli in sudditi, come Gheddafi ha fatto, ci sta che, prima o poi, quando ti dice male – perché prima o poi TI DICE male – coloro che hai perseguitato col tuo potere idiota e assolutistico, si ribellino, e ti facciano letteralmente un bucio di culo come un secchio, per dirla come si usa nelle aule di Scienza politica di Oxford.
Tutto ciò è brutto? Forse. Sarebbe meglio il processo eccetera eccetera? Ah senza dubbio, magari all’interno della Corte Penale Internazionale, come ha cinguettato una sempre più fuori dal mondo Emma Bonino. Ma siamo di nuovo lì: le differenze fra realtà e teoria. Sulla base di queste considerazioni di realtà, io non trovo deplorevole e fuori di senno ciò che è accaduto in Libia. Allo stesso modo come non trovavo deplorevole ciò che accadde a Ceausescu, o ciò che accadde a Benito Mussolini a Piazzale Loreto. Piantiamola di ergerci a paladini della civiltà dall’Italia, un Paese dove regna un tizio a discapito della volontà del popolo solo con lo scopo di non finire in galera personalmente.
Quando Berlusconi cadrà – perché cadrà prima o poi – rischierà di essere abbandonato da tutti i suoi fedelissimi, che probabilmente saranno tra i primi a voler giocare METAFORICAMENTE a palla con la sua piccola testa ricoperta di pelo artificiale. Ecco, forse questo è l’aspetto da condannare: l’ira dei tuoi ex sostenitori, di quelli che ti hanno consentito con il loro voto, la loro complicità, la loro ingenuità nella migliore delle ipotesi (ma per quanti si può invocare la scusante dell’imbecillità totale? Pochi, secondo me, sono di più i complici) che si sviluppa, più violenta di altri, per un bisogno di espiazione delle proprie vergogne.
Se vogliamo parlare di senso etico, è su questo che bisogna spostare la lente. Non su quanto sarebbe stato meglio che a Gheddafi lo avessero arrestato in modo britannico, anziché di linciarlo e di fotografare e filmare i suoi ultimi istanti.