Alle mille voci nefaste, che danno l'Italia in caduta libera, c'è chi oppone un po' di sano ottimismo: il ministro Saccomanni. Il buon titolare del dicastero dell'Economia, infatti, è assolutamente convinto che le misure prese dal Governo siano più che sufficienti, spingendosi, addirittura, a sostenere che la ripresa è dietro l'angolo, proprio tra la fine del 2013 e i primi del 2014.
Ora, non per voler fare l'uccello del malaugurio, ma, signor Ministro, lei è veramente convinto di quello che dice? Il sistema lavoro italiano, dalla Legge Biagi fino alla Riforma Fornero, sulla scorta del motto "flessibile è meglio", è stato rivoluzionato in peggio: contratti precari, diritti al ribasso e salari bloccati. I danni provocati sono stati tanti e tali che, di certo, occorreranno anni per rimediare: è, quindi, impossibile che pochi spiccioli e incentivi limitati possano ridare fiato al sistema.
Servirebbe una terapia d'urto, che, però, nessuno sembra intenzionato a mettere in pratica: con la ristrutturazione del debito pubblico, unita alla lotta all'evasione fiscale, alla corruzione ed agli sprechi nella P.A., avremmo i fondi necessari da reinvestire nella crescita; con la semplificazione della normativa sui contratti di lavoro e l'introduzione del reddito di cittadinanza potremmo abbattere il precariato; con un piano industriale nazionale serio potremmo progettare lo sviluppo futuro del Paese, in senso economico, sociale e culturale. Invece, il Governo si perde in piani timidi e dalla dubbia utilità
La falla fondamentale della cura Letta è, principalmente, nella tipologia di lavoratore che verrà inserito nel sistema degli incentivi: ha meno di 29 anni, è senza titolo di studio, senza lavoro da almeno 6 mesi ed è autonomo (vive da solo o con un familiare a carico). Quanti corrispondono a questa descrizione?
Prima di rispondere, tenete presente una discriminante fondamentale: nella fascia d'età compresa dagli incentivi, 15 – 29 anni, la maggior parte dei giovani italiani studia ancora (scuola superiore o università), tanto che quelli che potrebbero essere interessati dall'iniziativa sono appenna 1 milione e 600 mila individui (dati Assolombarda). Da questo gruppo, dovete ancora sottrarre quelli che hanno un titolo di studio (almeno il diploma…) e che sono ancora bamboccioni (non tutti possono permettersi di vivere da soli, lontano da mamma e papà, specie se precari). Quanti ne restano? La metà? Un terzo?
Probabilmente, nessuno lo saprà mai con certezza, ma è più che evidente che l'ottimismo di Saccomanni è fuori luogo: pensa davvero di risalire la china, puntando su un numero infinitesimale di giovani da occupare? E perchè, poi, proprio quelli privi di titolo di studio? Più e più volte, abbiamo ribadito che, nel mondo di oggi, i posti di lavoro vanno creati con investimenti nella new economy (energia verde, web e biotecnologie, su tutti), nella ristrutturazione di vecchi, ma ancora affidabili, settori (enogastronomia, turismo e cultura, Made in Italy, ecc.) e in quei segmenti che sono a metà strada tra il vecchio e il nuovo (industria del riciclo, auto elettriche, ecc.), tutti settori che hanno un gran bisogno di personale altamente qualificato, che l'Italia già possiede, ma che o fugge all'estero o resta, ma è scontento, intrappolato in lavori precari, poco qualificati e mal pagati.
L'ottimismo è assolutamente indispensabile, ma solo se accompagnato anche da un po' di sano realismo, altrimenti si finisce per credere alle favole, caro Ministro.
Danilo