Leggendo la notizia, la prima cosa che mi è passata per la mente è stata: "Ma va?". A scoprire l'acqua calda è l'ILO, l'organizzazione mondiale del lavoro, che, nel Rapporto sul mondo del lavoro 2013 (non a caso sottotitolato: Una generazione a rischio), vede il nostro Paese arrancare tra precarietà e disoccupazione. Meno male che arrivano loro per dircelo, non ce n'eravamo accorti.
Comunque, l'allarme lanciato dall'ILO non è da poco: l'Italia sta subendo uno dei più drammatici aumenti di disoccupazione di tutta l'Unione Europea (secondo l'Istat, quella giovanile è arrivata al 41,9%, record dal 1977), mentre per recuperare i posti di lavoro perduti dall'inizio della crisi, occorrerà crearne non meno di 1,7 milioni di nuovi. Una mission impossible, se si tiene conto della situazione italiana.
Partiamo dalla struttura del mercato del lavoro. L'ILO evidenzia che il precariato ne è divenuto, ormai, parte integrante: dall'inizio della crisi, i lavoratori precari sono aumentati del 5,7%, tanto che, nel 2012, erano addirittura il 32% del totale degli occupati. L'introduzione della tanto decantata riforma Fornero non ha fatto altro che inasprire il tutto (e qui parte il secondo "ma va?").
La convinzione che, per far crescere l'economia occorra abbattere il costo del lavoro (diritti, salari, stabilità e durata dei contratti), il mantra politico-economico degli ultimi 15-20 anni, si è rivelata una colossale fregatura: i lavoratori precari – in continuo aumento – non riescono a tenere il passo con l'andamento del costo della vita; non spendendo, non fanno girare l'economia e sono costretti a pesare sulle famiglie d'origine e sullo Stato, per coprire i periodi di inattività.
Tutto questo non fa che appesantire la nostra economia, già ferita dalla crisi.
Le numerose – inutili e sempre più dannose – riforme del lavoro, succedutesi nel tempo (pacchetto Treu, Legge Biagi, riforma Fornero), hanno creato questo scenario: una generazione precaria, povera e sfiduciata, priva di stabilità economica e sociale (indispensabile per crescere) e di un welfare dignitoso. La crisi non ha fatto altro che aggravare problemi preesistenti.
In questi casi, sarebbe ovvio un intervento rapido, intelligente e risolutore da parte della classe politica…e invece? Ancora non si vedono progetti di revisione della riforma Fornero (il ministro Giovannini promette che si farà a giugno) e, quel che è peggio, non si ha una road map di investimenti innovativi..
Si vegeta, invece: si nominano saggi inutili, per fare cose inutili se non dannose (riformare la Costituzione!). Oppure, si inventano progetti strampalati, per tenere buono il popolino e non ci si rende conto che, intanto, il mondo corre: per esempio, sapevate che il mercato delle app vale la bellezza di 600 milioni di euro l'anno, che è cresciuto dell'87% nel 2012 e che dovrebbe raddoppiare nel 2013? No? Eppure è un settore che fa gola a molti, sia multinazionali che semplici smanettoni e dove anche i giovani italiani potrebbero tuffarvisi (intelligenza e impegno non ci mancano), fare impresa e creare posti di lavoro, mentre, invece, sono costretti a fuggire all'estero e a sognare la Silicon Valley.
Qualcuno sta impegnando risorse per seguire strade come questa? No, naturalmente, perchè sono tutti troppo impegnati in quei progetti di cui gli italiani non possono fare a meno: riforma della Costituzione, riforma della giustizia, sgravi fiscali per le donazioni ai partiti, ecc. Sono queste le priorità del Paese oppure lo sono il turismo e la cultura, la banda larga e l'agroalimentare, la moda e l'artigianato del Made in Italy e tutti quegli altri settori che contribuirebbero al rilancio economico e sociale dell'Italia? Non è ovvio?
Danilo