Magazine Diario personale

L’uccisione del maiale.

Da Gattolona1964

Ai primi giorni di dicembre faceva già molto freddo,la prima soffice neve copriva i nostri campi. Ogni albero, ogni tetto delle casette, i prati,le stalle, i pollai e gli orti, erano avvolti da una leggera e morbida coperta di lana bianca.Era giunto quindi il momento di chiamare il macellaio, per compiere il macabro ma saporito rituale di ogni anno.Io,bambina curiosa di tutto,ma molto petulante mi interessavo di ogni cosa,di ogni particolare. Eravamo tutti agitati e concitati: la mamma lavava e preparava coltellacci e strofinacci e quant’altro serviva, il papa’preparava la “caldera”(pentolone di rame)per cuocere i ciccioli, lustrava i ganci per appendere i salami, puliva più o meno con precisione, il maestoso tavolo di olmo per la lavorazione delle carni. Io a digiuno per la smania, correvo in camera a infilarmi 2 o 3 paia di calzettoni di lana, dato che in casa c’era solo la stufa e faceva un freddo polare! Gelavo ma ero felicissima ed emozionata per quello che sarebbe successo in quel preciso giorno e per gli altri 2 a venire.Finalmente il fidato ed esperto macellaio S. arrivava con la sua bicicletta cigolante e sempre sgonfia nella ruota anteriore.In quel preciso momento, il papa’ mi ordinava di correre in casa perché non voleva che assistessi al momento dell’uccisione delle povere bestie, non era cosa da bambine.Saggio come sempre, chiudeva le tapparelle verdi e mi diceva che sarebbe venuto lui a prendermi appena possibile.Ancora non potevo immaginare che da grande ne avrei viste di peggiori di scene simili, che avrebbero riguardato l’uccisione non solo di animali, ma di poveri cristiani innocenti….Io bimba birichina di 7 anni, cercavo di curiosare e capire attraverso le oramai usurate tapparelle, quello che i miei occhi non avrebbero dovuto vedere. Il predestinato “MAIALONE” nel senso del peso raggiunto, urlava come un bambino e strepitava, sentendo l’odore della morte. Non voleva uscire dalla sua abitazione,non voleva abbandonare gli altri suoi fratelli; conosceva perfettamente ciò che stava per accadergli. D’improvviso: poi POM!POM! Due colpi secchi con il vecchio revolver del papa’ sparati alla tempia,(che papà poteva tenere in casa,perché aveva partecipato alla seconda guerra mondiale)e la sorte del poveretto si era compiuta. Da lì in poi regnava sovrano il caos più completo: veniva immediatamente squartato in due mezzene, appeso sotto al nostro portico e lasciato a sgocciolare dal suo sangue ancora caldo. La Bianca con occhio esperto e mani da chirurgo, faceva l’autopsia come un medico anatomo patologo, dichiarando se le carni erano tenere a sufficienza per i nostri palati. Dopo aver steso il verbale, ella raccoglieva il sangue in una vasca di alluminio molto capiente. L’operazione seguente era il lavaggio e la divisione delle carni, ogni pezzo era predestinato ad un salume ben preciso.

Il momento che ricordo con maggior piacere, è quello della cottura degli adorati e squisiti ciccioli.Mai più negli anni a venire ebbi il privilegio di gustarne di così fragranti e gustosi. Risento ancora il profumo e rivedo la Bianca che mescola il calderone,aggiungendo qualche foglia d’alloro mesciata ai grani di sale grosso, aveva il viso bordeaux per il fuoco e l’eccitazione, di avere ancora in mano il manico della situazione, cioè il manico della cannella di legno. E io? Povera piccola Fabiana gelata e infreddolita? Quale era il mio ruolo, visto che ero sempre costantemente sotto i piedi di qualche adulto?Il papi mi aveva assegnato il ruolo di primo aiutante nella lunga  preparazione dei salami.Che onore, che cosa meravigliosa tenere in mano quei sottili budelli e riempirli di carne da me tritata, mentre metri e metri di prelibatezza uscivano dalla macchinetta, che altro non assomigliava se non ad una macchina per fare la sfoglia. Non dimentichiamo che gli attrezzi usati, non erano elettrici come oggi a quei tempi, ma tutti a manovella. I coltelli venivano arrotati sul momento, tutti gli utensili manuali, non c’era nemmeno il sentore di marchingegni elettronici o affettatrici elettriche! Mi sentivo veramente importante,  anche se verso mezzogiorno ero sfinita per il freddo della stanza dove lavoravamo,(la vecchia stalla), sia per l’indolenzimento al braccio destro a furia di riempire budelli.Così dopo aver trangugiato in tutta fretta una minestrina in brodo, ma un brodo così unto che nemmeno le nostre galline avrebbero gradito, me ne andavo a fare un pisolino. Avevo deciso che la strada della macellaia non era poi cosi gratificante. Almeno fino all’anno prossimo, quando alla priva soffice nevicata…. voilà! il magico rituale si ripeteva. Gli anni a venire furono per me sempre meno interessanti da questo punto di vista, il mio aiuto per la preparazione dei “salami” era oramai sporadico, diventando un po’ più grandicella ed invogliata ad intraprendere nuovi studi e a conoscere altre attività a me più consone. Ahimè oggi quasi quarantaseienne, rimpiango quei soavi e profumati momenti, dove io e la mia famiglia eravamo tutti uniti e felici, come da tanto tempo non è più. Il mio caro papà Antonio è volato in cielo quasi 2 anni fa, mamma è in Casa di Riposo,il macellaio è sicuramente in compagnia di papà, la mia unica e amata sorella vive la sua vita di pensionata, attenta solo alla propria famiglia e alle proprie grane di salute, che accompagnano ognuno di noi. Non dimenticherò mai quei giorni felici, non li ha dimenticati nessuno di chi è rimasto, se mi aggiro nei pressi della vecchia casa, che ora non esiste più, risento ancora il profumo forte e deciso di quei ciccioli caserecci. Rivedo appesi al soffitto delle camere quei salami, forse un po’ storti,ma genuini, preparati anche con l’aiuto di una bambina infreddolita ed emotiva, ma altrettanto volonterosa.

Canali, dicembre 2010.



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