L’eliminazione dai playoff di Champions League ad opera del Braga ha sancito che la squadra di Guidolin quest’anno dovrà sudare molto per ripetere il miracolo degli ultimi 3 anni. Le ennesime cessioni intelligenti dei Pozzo, per fare cassa e puntare sui giovani, siniziano a farsi sentire. Da Pepe a Sanchez, da Inler a Isla, Asamoah, Handanovic: non sempre ripartire da zero può funzionare
Perdere per il secondo anno di fila l’accesso alla fase a gironi di Champions può essere un grande segnale d’allarme: è vero che la stagione è appena iniziata, ma perdere ai rigori (e non si può dare solo la colpa allo sciagiurato cucchiaio di Maicosuel) contro lo Sporting Braga, è di certo meno comprensibile dell’eliminazione dello scorso anno ad opera dell’Arsenal. Se poi aggiungiamo che la squadra di Guidolin ha esordito male in campionato, perdendo la prima contro la Fiorentina, le prospettive non sono delle migliori.
Squadra ancora più giovane e inesperta ricostruita su moltissimi sconosciuti e puntando solo sul gioco del bravo Guidolin: per carità l’Udinese gira, perché è lo stesso tecnico che trasmette la solita idea di gioco propositiva fatta di tanta velocità e classe in tutti i reparti. Ma è chiaro che il solo Di Natale non può fare miracoli.
Lui è l’Udinese, e così sia, ma ormai Totò ha 34 anni e non può ancora mettersi sulle spalle una squadra, che sembra più una accozzaglia di giovani di belle speranze, ma ancora assai acerbi.
Quali sono le cause? L’ Udinese ha il suo solito modo di fare cassa e punta ad ottenere cash da investire per nuovi giocatori a malapena ventenni. E il problema sta proprio nelle cessioni: negli ultimi anni l’idea di fare mercato dei fratelli Pozzo è stata alquanto buona ed ha fruttato molto. Acquistare a poco prezzo giovani di buone speranze per farli crescere in una realtà modesta e provinciale come Udine, con un tecnico bravo e meticoloso come Guidolin, per poi rivenderli a peso d’oro. Fino a ieri aveva funzionato egregiamente: ora il meccanismo potrebbe essersi inceppato.
SOLO CESSIONI – Si ma a che pro? Di solito una cessione cosiddetta “eccellente” arriva perché c’è un’idea di rivoluzione e di rinnovamento, di investire su giocatori di buon livello. Lo ha fatto la Roma quest’anno, sacrificando Borini (acquistato a 6 e rivenduto a 15 al Liverpool) per investire tutto sull'uomo mercato 2012, quel Destro inseguito da tutte le big e di cui si parla un gran bene. Lo ha fatto la Lazio qualche anno fa, cedendo Kolarov, Muslera Lichsteiner ecc.. per reinvestire in giocatori del calibro di Klose, Hernanes e Andre Dias. Lo ha fatto anche l’Inter, privandosi della gallina dalle uova d’oro Samuel Eto’o, andato dove ci sono gli elettrodollari (quelli dei russi magnati dell’energia elettrica), per ricominciare un nuovo ciclo, fatto di Coutinho, Pereira, Gargano e Ranocchia. E del Milan non parliamo. Dopo la cessione a malincuore di Kakà e i 62 milioni incassati da Ibra e Thiago Silva, andati al PSG, i rossoneri si sono messi in testa di reinvestire, puntando sul mercato low-cost ma di qualità.
Viceversa l’Udinese negli ultimi anni ha saputo sfruttare solo il lato economico di queste cessioni, puntando a reinvestire parte delle cifre incassate su giovani di belle speranze: politica che, come detto, ha spesso dato i suoi frutti ma che, a lungo andare, porta inevitabilmente ad un depauperamento tecnico e qualitativo.
Vediamo nel dettaglio le tante cessioni intelligenti dell’Udinese.
DAL 2008 AD OGGI - Dopo il periodo d’oro dell’Udinese, quello di Cosmi e poi di Spalletti, periodo formato Champions per intenderci nel quale militavano tra i tanti, Di Michele, Iaquinta, De Sanctis, Dossena, D’Agostino, Muntari e molti altri, già dal 2007 si è affacciata la nuova politica dell’Udinese: vendere tanto, incassare tantissimo e reinvestire nel futuro. Sempre con la base solida dei senatori, per permettere di avere una squadra che girasse intorno a Di Natale.
Nel 2009 ecco la cessione importante di Fabio Quagliarella, passato al Napoli per 18 milioni circa. A seguirlo quell’anno troviamo Barreto, Candreva e una serie di giocatori in prestito. Nel 2010 si è assistito all’exploit di giocatori come Isla, Asamoah, Benatia e Handanovic, oltre a Sanchez, mentre salutano Udine Dossena, che va al Liverpool, Pepe, riscattato dalla Juventus, D’Agostino e Felipe ceduti alla Fiorentina. Quell’anno la cessione più redditizia però fu quella di Lukovic, terzino serbo passato allo Zenit dell’ex-tecnico Spalletti per 7,5 milioni di euro.
Ma proprio in quella stagione, nella quale si pensava ad un flop dell’Udinese, arrivò un grande campionato concluso con il 4° posto che valeva (allora) i preliminari di Champions, persi poi nel 2011 contro l’Arsenal. Il grande impegno europeo avrebbe dovuto quantomeno portare a rinforzare la squadra in vista dell’Europa League. Ma i Pozzo cedettero 3 gioielli: Zapata al Villareal, Inler al Napoli, diretta concorrente per l’Europa, e la più importante di tutti, quella di Alexis Sanchez, vero e proprio gioiello dei friulani, al Barcellona per 26 milioni. Soldi importanti che avrebbero potuto ricostruire la squadra ma che invece furono parzialmente investiti per acquisti economici: si punta ancora sui giovani, ed ecco quindi i vari Pereyra, Brkic, Danilo, Neuton, Muriel, Torje e Fabbrini, oltre al fine prestito di Floro Flores e Orellana.
L’Udinese può contare per il campionato 2011/2012 solo sul portierone pararigori Handanovic, il difensore Benatia, i centrocampisti Isla, Asamoah e Armero e il solito Di Natale. Una formazione che ancora una volta compie un autentico miracolo conquistando all’ultima giornata un terzo posto valido per i preliminari Champions malgrado la concorrenza di team dall’organico più completo e di qualità come Napoli e Lazio (e arrivando molto sopra Inter e Roma).
Ed ecco il presente. Il mercato delle cessioni intelligenti non si ferma e l’Udinese si ritorva a vendere gli ultimi prezzi pregiati rimasti: Handanovic passa all’Inter, Isla e Asamoah si accasano a Torino, sponda Juventus, Denis va a titolo definitivo all’Atalanta, Candreva e Floro Flores vengono ceduti in prestito a Lazio e Granada, Abdi va al Watford e Pazienza torna dal prestito alla Juve.
NON C’E’ CONFRONTO - Insomma, nella nuova Udinese sono rimasti solo Benatia, Di Natale, Pinzi e Armero a poter fare la differenza. I vari Willians, Pererya, Maicolsuel, Fabbrini e i già conosciuti Danilo e Basta, non sono sufficienti per garantire lo standard al quale ci hanno abituato i friulani. L’opinione pubblica e gli appassionati bianconeri nelle ore successive all'eliminazione per mano del Braga hanno puntato il dito contro i Pozzo.
La partita contro i portoghesi ha evidenziato la realtà dei fatti anche se alcuni dati consolanti non sono mancati. Ad esempio Brkic si è dimostrato un ottimo portiere (pur non essendo Handanovic) e Fabbrini è un giovane di talento; ma la difesa fa acqua da tutte le parti e si avverte la mancanza di giocatori come Felipe e Zapata; senza dimenicare il centrocampo, quasi sterile, con Williams e il mago Maicosuel che non possono reggere minimamente il confronto con Inler, Asamoah e Isla.
I media attaccano i Pozzo, Guidolin attacca sé stesso dando una lezione all’accusatore Mourinho, Di Natale si ritrova come Atlante a tenere l’Udinese sulle spalle; ma il campionato è ancora lungo. Ora i friulani devono dimenticare questa doccia fredda e concentrarsi sul campionato; dove il terzo posto, in virtù del fatto che le varie pretendenti che se lo contendereanno saranno Inter, Roma, Lazio e Fiorentina (con la Juve favorita per lo scudetto, Napoli dietro e il Milan un’incognita indecrifabile), sembra essere davvero un’utopia.
Gianluca Specchioli