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L'ultima avventura

Creato il 22 maggio 2013 da Unostudioingiallo @1StudioInGiallo
E' con cuore pesante che prendo la penna per scrivere queste parole, le ultime con le quali avrò mai più occasione di ricordare al mondo le straordinarie capacità che il mio amico Sherlock Holmes possedeva.

L'ultima avventuraComincia così, con questa sconcertante rivelazione del dottor Watson, L’ultima avventura (titolo originale: The Final Problem), racconto pubblicato sullo Strand Magazine nel dicembre del 1893 e successivamente inserito nelle ormai celeberrime Memorie di Sherlock Holmes (1894).Si tratta, sotto molti aspetti, di una raccolta memorabile, e il gioco di parole è d’obbligo: essa consegna infatti al lettore un ritratto insolito, e di conseguenza particolarmente prezioso, del detective più famoso di tutti i tempi. Ne Il mistero della Gloria Scott Il rituale dei Musgrave, un giovane e timido Sherlock Holmes muove i primi passi nel mondo dell’investigazione al servizio di due compagni di scuola. In altri racconti (si veda, ad esempio, La faccia gialla), il nostro eroe appare in una forma tutt’altro che smagliante: tituba, latita e commette perfino qualche errore – veniale, ben inteso, affinché la verità trionfi come in ogni giallo deduttivo che si rispetti. Nelle Memorie, insomma, Holmes si scrolla di dosso un po’ di quell’aura di saccente intangibilità che lo avvolge da Uno studio in rosso (1887) in avanti. Ne L’interprete greco veniamo inoltre a conoscenza di un legame di cui non si trova traccia negli scritti che precedono la raccolta in esame: Sherlock ha un fratello maggiore, l’indolente e intelligentissimo Mycroft. Ha il sapore di una beffa, questa fratellanza tardiva, soprattutto ove si consideri che, nelle intenzioni originarie di Sir Conan Doyle, le Memorie costituiscono il canto del cigno dell’amata-odiata creatura.A collocare definitivamente la silloge di cui si tratta nell’olimpo della letteratura poliziesca è tuttavia la presenza de L’ultima avventura, classico imperdibile e vero e proprio unicum nell’universo holmesiano. La vicenda è lineare: il pomeriggio del 24 aprile 1891 uno Sherlock Holmes “ancor più pallido e magro del solito” e in uno stato di profonda alterazione nervosa si materializza nell’ambulatorio del dottor Watson dopo un misterioso soggiorno in Francia. E’ scampato a ben tre attentati, quel giorno: il mandante è il geniale professor Moriarty, “il Napoleone del crimine” che “se ne sta immobile come un ragno al centro della sua tela” ed è responsabile di quasi tutte le imprese malvagie che affliggono la città; “se vi è un crimine da compiere, un documento da rubare, poniamo, una casa da svaligiare, una persona da eliminare – si passa parola al professore, e l’impresa viene organizzata e portata a termine”. Talvolta gli esecutori materiali vengono catturati e arrestati; ma lui, il diabolico deus ex machina, non viene mai neppure sfiorato dai sospetti. I tempi stanno per cambiare, tuttavia: Sherlock Holmes ha finalmente raccolto tutte le prove che occorrono per consegnarlo alla giustizia: entro tre giorni la rete si stringerà intorno al professor Moriarty e alla sua organizzazione…Si tratta di un racconto per molti versi atipico. Gli holmesiani più affezionati, ad esempio, sentiranno la mancanza del consueto incipit in Baker Street in cui Holmes delizia un sempre incredulo dottor Watson con un saggio delle sue prodigiose facoltà deduttive; inoltre, particolare ancor più irritante, ne L’ultima avventura non vi è alcun mistero da risolvere in barba agli assai poco perspicaci ispettori di Scotland Yard. Il racconto in esame è immaginato come un grandioso finale di partita in cui l’eroe e l’antieroe si confrontano in un duello all’ultimo sangue e – molto curiosamente – raggiungerà il suo climax nella vertiginosa cornice delle Alpi svizzere, fra gli spruzzi di schiuma e le pareti nere di una cascata.Ce n’è abbastanza per trascorrere un quarto d’ora di puro piacere letterario. Per quanto atipico, il breve racconto in esame è divenuto ormai un classico e rappresenta una delle pietre miliari della narrativa gialla. Leggiamolo con la benevolenza che si deve a un grande autore e a un grande personaggio anche quando si concedono di svicolare da ogni possibile cliché per imboccare, una volta tanto, sentieri non battuti.Del resto a tutto vi è rimedio, come ci insegna la parabola mirabolante di Sherlock Holmes.Perfino alla morte, in determinati casi.

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