- Anno: 2015
- Durata: 124'
- Distribuzione: Eagle Pictures
- Genere: Biografico
- Nazionalita: USA
- Regia: Jay Roach
- Data di uscita: 11-February-2016
Arriva nella sale italiane dall’11 Febbraio L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo, il film sulla vita del grande sceneggiatore americano.
Sinossi: Negli anni 40, Dalton Trumbo (Bryan Cranston) è uno tra gli sceneggiatori più pagati al mondo e scrive i testi di pellicole classiche di Hollywood. Presenza fissa nella scena sociale hollywoodiana, schierato con i sindacati e attivo politicamente per il riconoscimento dei diritti civili e della parità di retribuzione, Trumbo, insieme ai suoi colleghi, è chiamato a testimoniare di fronte al Comitato per le Attività Antiamericane nell’ambito dell’ampia indagine sulle attività comuniste negli Stati Uniti. Trumbo si rifiuta di rispondere alle domande della Commissione: per questo motivo riceve una condanna con arresto in una prigione federale che gli causa, tra le altre cose, anche l’ostilità della potente giornalista anti comunista Hedda Hopper (Helen Mirren). Nei successivi tredici anni, tutte le più importanti produzioni di Hollywood si rifiutano di far lavorare Trumbo, per paura d’essere associate alle sue opinioni politiche, percepite come estremiste. Costretto a vendere la sua casa ed emarginato da amici, colleghi e vicini, Trumbo fatica per mantenere la sua famiglia, scrivendo per lo più film a basso costo, sotto falso nome.
Recensione: Chi era Dalton Trumbo? Il suo nome è stato il più delle volte offuscato da quell’ignobile periodo di ‘caccia alle streghe’ che negli Stati Uniti all’indomani del secondo conflitto mondiale dominò la scena pubblica, in cui si insinuò un delirio paranoide generalizzato, per cui tutti coloro che simpatizzavano per il Partito Comunista (o erano iscritti) e che intraprendevano le lotte per la tutela e il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori (anche quelli del settore cinematografico) erano additati come il batterio da estirpare per mantenere ‘la grande salute’ del popolo americano. Si assistette a una degenerazione del dispositivo immunitario comunitario, e i soggetti considerati nemici venivano fortemente penalizzati e circondati di un alone di sospetto che li nuoceva fortemente, fino ad escluderli definitivamente dal circuito lavorativo. Ciò accadeva indistintamente, per qualsiasi ruolo occupato, e con maggior vigore nel mondo del cinema, considerato un media di forte propaganda che poteva condizionare, attraverso il suo potere persuasivo, il pubblico, quello ingenuo e vagamente patriottico della fine degli anni quaranta. Trumbo, che allora era uno degli sceneggiatori più pagati a Hollywood, venne messo, insieme ad altri colleghi, nella lista nera di coloro che erano accusati di svolgere attività antiamericane, e convocato dall’apposita commissione per rispondere alle accuse che gli erano mosse. A differenza della maggior parte delle persone coinvolte, che per salvarsi non esitarono a rivelare i nomi di altri loro amici, Trumbo si rifiutò di rispondere alle domande, che considerava una violazione dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione, ovvero la libertà di espressione, uno dei capisaldi su cui si basa la democrazia americana. Ciononostante, per la sua reticenza, considerata un’offesa alla commissione, venne condannato al carcere, in cui scontò per intero la sua pena. Trumbo non era un comunista tipico, nel senso che proveniva da un ambiente borghese, ricco, però non esitò un momento a esporsi al rischio di perdere tutto pur di rimanere fedele a un modo di concepire l’esistenza, tradito il quale avrebbe perso la sua identità più profonda. Seguirono per lui anni difficili, in cui, sotto falso nome si vide costretto a realizzare sceneggiature per film di poco valore, pur di garantire il benessere alla propria famiglia. Era un instancabile lavoratore, capace di scrivere senza mai fermarsi per giorni interi, nella sua amata vasca, in cui non voleva essere assolutamente disturbato. Eppure, nonostante la clandestinità, riuscì addirittura ad aggiudicarsi due Oscar: uno per Vacanze Romane, il celebre film con Gregory Peck e Audrey Hepburn per la regia di William Wyler, e l’altro per La più grande corrida, diretto da Irving Rapper.
Nel corso degli anni dovette difendersi anche dalla spietata giornalista Edda Hopper (qui interpretata da un’abile Helen Mirrer) che fino alla fine cercò di osteggiare suo il lavoro. Subì anche il tradimento del suo caro amico e grande interprete Edward G. Robinson che, convocato a deporre dinanzi alla commissione, svelò nomi di amici e conoscenti nell’inchiesta. Ma anche per Dalton Trumbo (interpretato da un misurato e credibile Bryan Cranston, candidato all’Oscar come miglio attore protagonista per questa sua performance) giunse, dopo tanti anni di sofferenza, il momento della rinascita, grazie a Kirk Douglas, che volle fortemente che il suo nome apparisse nei titoli di testa di Spartacus, il celebre kolossal diretto da Stanley Kubrick. Stessa cosa accadde con Otto Preminger, che svelò per il suo film Exodus il vero nome dello sceneggiatore. Quindi, all’inizio degli anni sessanta si poté considerare finalmente conclusa una triste pagina della storia recente americana che fu fonte di tanto dolore per molte persone. Trumbo, infine, realizzò un film anche come regista, tratto proprio da un suo romanzo del 1939, E Johnny prese il fucile, opera intensa che molti ricordano per la forza e l’originalità.
L’ultima parola – La vera storia di Dalton Trumbo di Jay Roach è molto lineare, non possiede picchi visivi particolari, eppure risulta efficace nel suo tentativo di rendere nota la vita di un uomo non allineato, rievocando con credibilità la sua figura affascinante. Se ne consiglia, dunque, la visione, in particolare per i cinefili, per scoprire tanti aneddoti segreti che hanno segnato nel profondo il cinema americano.
Luca Biscontini