di Giovanni Veronesi (Italia, 2013)
con Elio Germano, Ricky Memphis, Alessandro Haber, Sergio Rubini, Alessandra Mastronardi
durata: 113 min.
★★★★☆
Finisce esattamente come inizia L'ultima ruota del carro, con il suo protagonista a rovistare nell'immondizia, emblema che più chiaro non si può dell'Italia del nostro tempo: dove le persone perbene affogano nella melma mentre gli 'arruffoni', gli 'ammanicati', gli uomini per tutte le stagioni cadono comunque in piedi, magari godendosi i soldi in Cina... Una commedia sorprendente questa di Giovanni Veronesi, e non lo avremmo mai detto dopo i vari 'manuali d'amore' che ci avevano esaurito fino allo sfinimento. A testimonianza, purtroppo, che in questo paese per campare (anche nel cinema) bisogna quasi sempre assecondare la mediocrità, pur avendo le capacità per fare ben di meglio...
La forza del film di Veronesi infatti sta tutta qui: è un film dove si ride parecchio, con gusto, ma sullo sfondo di una realtà amarissima. E' un film che ci ricorda i lavori migliori di Carlo Verdone, quelli malincoMici dei tempi d'oro, e non è certo un caso che L'ultima ruota del carro sia la biografia di un personaggio vero, nella fattispecie l'autista personale del comico romano, una persona assolutamente 'normale' che rappresenta la parte migliore del paese, quella che sgobba duro, che paga le tasse fino all'ultimo centesimo, che tiene agli affetti personali, che ancora considera la moralità un valore. Quella maggioranza silenziosa che non fa notizia, che viene sistematicamente bistrattata dalla classe dirigente e che, malgrado tutto, trova ancora la forza per guardare avanti.
Ernesto Marchetti è una specie di Forrest Gump italiano: è una persona umile, perbene, di un candore tale da rasentare l'ingenuità, e che vede sfilare davanti a sè quasi quarant'anni di storia italiana, che talvolta arriva addirittura a sfiorarlo in prima persona (la scena del ritrovamento del corpo di Aldo Moro sotto al palazzo dove stava lavorando come tappezziere, è drammaticamente vera). Ernesto passa dai turbolenti anni '70 agli sciagurati anni '80 del rampantismo e del craxismo imperante, che poi troverà il suo naturale sfogo nel berlusconismo post-tangentopoli. In questi quarant'anni si arrabatterà come può, cambiando mille lavori e ricorrendo (suo malgrado) anche al malcostume italico, fatto di raccomandazioni, amicizie potenti, attività truffaldine, riuscendo tuttavia a conservare la sua purezza e la sua onestà.
Elio Germano a nostro modesto parere è l'attore italiano più bravo del momento, e la sua trasformazione in questo 'uomo qualunque' tenero e virtuoso è straordinaria. Ma va detto che la forza del film sta anche nei comprimari, a cominciare dal bravissimo Ricky Memphis che interpreta un personaggio fondamentale: è Giacinto, l'amico 'trafficone' di Ernesto che, a differenza sua, non esiterà mai due volte a cogliere al volo ogni opportunità (mai troppo lecita) che il sistema corrotto del paese gli offrirà. Lo vediamo prima trasformarsi in portaborse del politico socialista di turno, poi 'convertirsi' anima e corpo a Berlusconi (come tanti altri ex-psi dell'epoca), poi scappare all'estero con i soldi (sporchi) dopo aver assaggiato la galera e fregandosene beatamente della sua condotta. Altrettanto esemplare, per contrappasso, è la figura del pittore astratto incarnato da Alessandro Haber e dichiaratamente ispirato a Mario Schifano: è un bel ritratto, molto amaro e convincente, di un artista di fama cinicamente rassegnato alla dissoluzione morale del paese.
L'ultima ruota del carro è un film convincente e per nulla banale, innegabilmente politico. Ma non politico nel senso di appartenenza a questo o a quel partito, bensì capace di affondare le unghie e analizzare a modo suo un lungo periodo storico che ci ha portati da Moro a Berlusconi. Lo fa ricorrendo a toni leggeri ma anche documentando momenti drammatici e indimenticabili della storia recente, affidandosi a immagini di repertorio (i mondiali dell'82, le monetine lanciate a Craxi, la nascita delle tv private, la televisione del dolore incarnata da Bruno Vespa, la discesa in campo del Silvio nazionale) e mettendo in scena situazioni tristemente tipiche dei nostri tempi (agghiacciante l'episodio sulla malasanità...). Non saremo sui livelli di Una vita difficile, ma questo film di Veronesi è una delle migliori commedie italiane che ci siano capitate di vedere da diversi anni a questa parte.