Con la disputa del Tour Down Under si chiude la carriera ciclistica dell’australiano Cadel Evans. Persona che raramente alza la voce o che perde la pazienza, non ha mai avuto una grande simpatia per la categoria giornalistica, vista dal ‘canguro’ della BMC come molto veloce nel giubilare e molto più veloce nel crocifiggere. Durante il Giro del Trentino del 2013 gli venne fatto notare che lui era considerato un outsider per il Giro d’Italia (vinto poi da Nibali); “Mi fa piacere – rispose Cadel – che dopo dodici stagioni e qualche vittoria mi consideriate finalmente un outsider”. Nato nel febbraio del 1977 ha vissuto una prima parte della carriera piena di appuntamenti scappati per un niente. Un giro di Spagna (2009) vicino un colpo di pedale scappato via per una foratura, ma soprattutto per un’infinita e interminabile sostituzione della ruota posteriore, per mano di un’addetto al cambio ruote dell’organizzazione gara, che ci mise un tempo da calendario per fare l’operazione. Una scena che fece il giro dei notiziari sportivi per raccontare una momento che aveva dell’inverosimile. Due secondi posti al Tour del France (2007 e 2008), ed il già citato podio alla Vuelta furono perfetti per etichettarlo come un ciclista forte però mai vincente, uno bravo ma che non avrebbe mai vinto un’appuntamento importante. Tant’è che proprio in quel periodo della sua carriera Evans vince il Campionato del Mondo di Mendrisio in Svizzera (2009), su uno dei percorsi considerati da tutti come uno tra i più duri di ogni edizione. L’anno dopo vince la Freccia-Vallone con la maglia iridata e si classifica 5° al Giro d’Italia. Nel 2011 vince la Tirreno-Adriatico e successivamente il Tour de France. Verrà ricordato (ciclisticamente parlando, sia chiaro!) come uno che non se la tirava, che per farlo sbuffare dovevi proprio rompergli le balle senza respiro, ma se qualcuno ha un pelo di pazienza si prenda 10 minuti di tempo e troverà nel web – magari sull’ormai nota pagina Wikipedia – che il suo nome è uno dei pochi (tra i recenti vincitori delle corse importanti) a non avere vicino al nome segnalazioni, se non squalifiche o vittorie cancellate, per questioni di doping. Non è poco, visto che molti dei più grandi protagonisti del ciclismo attuale hanno dovuto anche convivere con sospetti e voci al riguardo, vedi il britannico Froome e l’italiano Nibali.
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Con la disputa del Tour Down Under si chiude la carriera ciclistica dell’australiano Cadel Evans. Persona che raramente alza la voce o che perde la pazienza, non ha mai avuto una grande simpatia per la categoria giornalistica, vista dal ‘canguro’ della BMC come molto veloce nel giubilare e molto più veloce nel crocifiggere. Durante il Giro del Trentino del 2013 gli venne fatto notare che lui era considerato un outsider per il Giro d’Italia (vinto poi da Nibali); “Mi fa piacere – rispose Cadel – che dopo dodici stagioni e qualche vittoria mi consideriate finalmente un outsider”. Nato nel febbraio del 1977 ha vissuto una prima parte della carriera piena di appuntamenti scappati per un niente. Un giro di Spagna (2009) vicino un colpo di pedale scappato via per una foratura, ma soprattutto per un’infinita e interminabile sostituzione della ruota posteriore, per mano di un’addetto al cambio ruote dell’organizzazione gara, che ci mise un tempo da calendario per fare l’operazione. Una scena che fece il giro dei notiziari sportivi per raccontare una momento che aveva dell’inverosimile. Due secondi posti al Tour del France (2007 e 2008), ed il già citato podio alla Vuelta furono perfetti per etichettarlo come un ciclista forte però mai vincente, uno bravo ma che non avrebbe mai vinto un’appuntamento importante. Tant’è che proprio in quel periodo della sua carriera Evans vince il Campionato del Mondo di Mendrisio in Svizzera (2009), su uno dei percorsi considerati da tutti come uno tra i più duri di ogni edizione. L’anno dopo vince la Freccia-Vallone con la maglia iridata e si classifica 5° al Giro d’Italia. Nel 2011 vince la Tirreno-Adriatico e successivamente il Tour de France. Verrà ricordato (ciclisticamente parlando, sia chiaro!) come uno che non se la tirava, che per farlo sbuffare dovevi proprio rompergli le balle senza respiro, ma se qualcuno ha un pelo di pazienza si prenda 10 minuti di tempo e troverà nel web – magari sull’ormai nota pagina Wikipedia – che il suo nome è uno dei pochi (tra i recenti vincitori delle corse importanti) a non avere vicino al nome segnalazioni, se non squalifiche o vittorie cancellate, per questioni di doping. Non è poco, visto che molti dei più grandi protagonisti del ciclismo attuale hanno dovuto anche convivere con sospetti e voci al riguardo, vedi il britannico Froome e l’italiano Nibali.
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