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L’ultimo brano suonato dall’orchestra del Titanic

Creato il 10 gennaio 2012 da Scribacchina

Naufragio del Titanic

Un vero dilemma, cari soliti lettori.
Una di quelle domande che t’agguantano alla gola e non ti fan dormir la notte.
Un dubbio che diventa urgenza di sapere.
Mentre consideri come sia impossibile, oggi, ricevere risposta.

Perché chi ti potrebbe rispondere non è più.
E se anche
fosse stato – passeggero, musicante o capitano -, oggi avrebbe tanti di quegl’anni che forse non capirebbe neppure il significato della tua domanda.

«Domanda, dubbio, risposta… Scribacchina, hai bevuto? Che stai farneticando?»
«Ma no, che bevuto e bevuto: questa qui non beve mai in servizio. Starà tirando in ballo per l’ennesima volta il Titanic e quella cosa dell’ultimo brano suonato dall’orchestra prima che la nave affondasse».
«No, ti prego… ancora quella storia del Titanic?»
«Io stanotte dormo lo stesso anche senza fare bim bum bam per vedere quale dei due brani vince…»

Diamine. Non si può dir niente, oggidì.
E va bene, l’ammetto: son ripetitiva. Talvolta allo sfinimento. Ma… che vi debbo dire? Quando una storia, un’immagine, una melodia (o un’armonia) mi rapisce, faccio ben poco per sottrarmici. Anzi, son lieta di farmi prendere l’anima intera.

Parliamo dunque di cose serie: la storia d’oggi riguarda il Titanic, nota nave da crociera colata a picco durante il viaggio inaugurale nell’ormai lontana notte tra il 14 e il 15 aprile 1912 (ohibò: noto proprio ora, scrivendo, che quest’anno cade il centenario dell’avvenimento).
Il Titanic, come già sapete, aveva un’orchestra d’otto elementi; non è noto il programma musicale della serata del 14 aprile, ma possiam 
farci una buona idea del repertorio dagli spartiti della White Star Line. V’era un po’ di tutto: dall’opera (principalmente francese e italiana, in parte pure tedesca: immancabile il Tannhäuser di Wagner) all’opera comica (The Mikado di Sir Arthur Sullivan) passando per canzoni popolari, walzer e arie tratte da commedie musicali. I musicisti avevan familiarità pure coi ritmi jazz del ragtime americano: sembra infatti che quella fatidica sera la band suonò – tra gl’altri brani – Alexander’s Ragtime Band, composizione di Irving Berlin. 

Leggenda (ma anche storia) vuole che mentre la nave s’inabissava tra i flutti, i musici dell’orchestra continuarono a suonare. Per contenere il panico, si dice, ma in cuor mio son convinta volessero affidare le proprie anime al soffio immortale della musica. Perlomeno, fossi stata io nei lor panni, col quattro corde tra le braccia (che all’epoca sarebbe stato un contrabbasso, per la verità), mi sarei abbandonata corpo e anima alla musica.
Ben sapendo di non aver altro rifugio, altra salvezza.

C’è chi dice che l’ultimo brano eseguito sia stato Nearer, my God, to Thee.
Chi, invece, assicura fosse Songe d’Automne, opera d’un compositore inglese contemporaneo di nome Archibald Joyce.
Chi ha ragione?
E chi lo sa. Io, per parte mia, navigo nello struggimento di scoprirlo.
Certo è che, fossi stata io al contrabbasso, avrei spezzato una lancia in favore della canzone d’autunno. Sarà che l’idea d’andarmene accanto a Dio mi suona strana, tanto quanto mi suona bene l’idea d’abbandonare questa valle di lacrime con un pensiero all’autunno e alla magìa de’ suoi colori (abbandonarla il più tardi possibile, sia ben chiaro, soliti lettori).

L’orchestra del Titanic era formata da otto inconsapevoli eroi delle sette note: George Krins, Roger Bricoux, W. Theodore Brailley, J. Wesley Woodward, P.C. Taylor, J.F.C. Clarke, John Law Hume e Wallace Henry Hartley. Dedico loro un piccolo pensiero, oggi.


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