di James Fenimore Cooper
Voto: 7/10
Io mi trovo in cima al colle e debbo scendere a valle, e quando Uncas mi avrà seguito, non vi sarà più nessuno del sangue dei Sagamore, perché mio figlio è l’ultimo dei Moicani.
(Pagina 60)
Chingachgook
Un romanzo d’avventura un po’ stereotipato ma che comunque è riuscito a coinvolgermi.
America del Nord, 1757. Mentre c’è guerra tra l’esercito inglese e quello francese che si contendono le colonie orientali, due indiani e un bianco aiutano un soldato britannico a scortare le figlie di un generale nei pericolosi territori degli indiani Uroni.
La trama che ho riassunto qui sopra non è solo quella dell’inizio del romanzo, ma penso possa riassumerlo bene in toto, in quanto queste due povere fanciulle e i loro accompagnatori non fanno altro che passare da un agguato all’altro, da un pericolo all’altro, e ogni volta che sembrano essere finalmente in salvo, la sfiga, e l’indiano Urone Volpe Astuta, li perseguitano! L’ambientazione è quella selvaggia dei non ancora Stati Uniti nordorientali, quando i bianchi avevano solo ancora colonie (mancano alcuni decenni all’Indipendence Day che si è festeggiato in questi giorni) ma avevano già soggiogato i pellerossa in più modi, in particolare arruolando intere tribù nelle loro guerre. Non conosco purtroppo la bene zona, quindi non sono riuscita a cogliere i riferimenti geografici. Peccato, sarebbe stato interessante confrontare i luoghi descritti da Cooper con la situazione attuale, se dove prima c’erano foreste ora ci sono città…
Ma bando alle ciance, torniamo al nostro romanzo. I personaggi sono un po’ stereotipati, ma la cosa non mi ha stupito visto che credo sia un po’ tipico dei romanzi di avventura di quel periodo (dice Nico Orengo nell’introduzione che Cooper si è ispirato molto a Walter Scott). Le fanciulle sono di una bellezza straordinaria, hanno piedi minuscoli che non s’è mai visto, eccetera, i due moicani e l’esploratore bianco sono i migliori tra i migliori, nessuno sa trovare tracce, o all’occorrenza nasconderle come loro, e in più sono anche coraggiosi, altruisti e timorati di Dio (quest’ultima cosa solo Occhio di Falco, visto che i due indiani non sono Cristiani). Volpe Astuta, invece, il cattivo, è sì anche lui molto in gamba, ma infido, codardo, traditore, pure alcolizzato. E così sono le tribù a cui appartengono: degli Uroni non c’è da fidarsi, sono malvagi, violenti, bevono il sangue delle loro vittime, uccidono donne e bambini (ma guai a ferire un generale nemico, rispettano il grado!), e sono feroci già nell’aspetto; i Delaware (ceppo di cui fa parte la tribù dei Moicani) sono valorosi, onesti, belli, praticamente perfetti. Sempre un gradino in basso rispetto ai bianchi, però, eh! Il punto di vista dell’autore appare chiaro su questo argomento: sì, i Delaware sono fantastici, Uncas e Chingachgook sono praticamente superuomini per quanto sono valorosi, forti e resistenti, ma sempre selvaggi rimangono. E Occhio di Falco, loro amico, che li considera come la sua famiglia, ripete in continuazione, ma veramente spessissimo, che lui è un purosangue, un bianco, non lo confondessero con un indiano! Insomma, non che mi aspettassi il mito del buon selvaggio o cose simili, ma da un autore che più volte critica lo sterminio dei pellerossa perpetrato dai bianchi e dedica un intero romanzo alla tristezza di una stirpe che scompare, mi sarei aspettata forse un po’ meno razzismo. Ma vabbè, erano decisamente altri tempi, forse pretendo un po’ troppo.
Insomma, in mezzo a tutti questi personaggi straordinari, spicca il povero maggiore Heyward, un “giovane inetto” lo definisce Orengo nell’introduzione, semplicemente ingenuo avrei detto io, che in mezzo ad atti incredibilmente coraggiosi ed altruistici anche lui, dimostra ogni tanto un po’ di stupidità che lo rende il più umano dei protagonisti, ma anche, ahimé, il meno interessante! Sì, perché questo alone di perfezione che circonda questi personaggi, non ci posso fare nulla ma mi ha affascinato! :) Ah, dimenticavo di citare David Gamut! Anche lui stereotipato, ma nel ridicolo. E’ un po’ una macchietta, il nostro salmista, che non sa usare nessun arma, ma usa il canto per difendersi e, guarda un po’, ci riesce piuttosto bene! Lui se non altro è il personaggio che mi è stato più simpatico proprio perché Cooper l’ha messo in ridicolo fin dalla sua prima apparizione (anche se poi ogni volta che spariva mi dimenticavo completamente di lui).
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Il protagonista eponimo di questo romanzo, Uncas, l’ultimo dei Moicani, è in realtà un personaggio un po’ assente, anche perché quando è fisicamente presente non parla mai, fedele alla famosa impassibilità pellerossa. Come dicevo è un personaggio che rasenta la perfezione, parla poco e quel poco gronda saggezza ad ogni sillaba nonostante la sua giovane età. E’ coraggioso e abile quanto il padre e l’amico bianco, ma dalla sua ha anche l’impetuosità della gioventù. E si innamora. Di Cora, una delle figlie del generale. Che forse lo ricambia, non so, non s’è capito bene, Orengo dice di no, ma a me un po’ sembrava. E muore per salvarla (ma inutilmente, perché muore pure lei), così tecnicamente smette di essere l’ultimo dei Moicani perché il padre, Chingachgook, gli sopravvive. Ma so’ quisquiglie. Pur intervenendo poco nella storia a livello individuale, Uncas è il personaggio che mi è piaciuto di più, ho subito il suo fascino selvaggio ma controllato, audace, rispettoso, forte, intelligente… insomma, stereotipato, ma con eleganza.
Lo stile di Cooper non è proprio del tutto nelle mie corde. Anche se con Uncas è riuscito a fregarmi, non ha raggiunto lo stesso effetto con gli altri personaggi, in particolare Occhio di Falco, che penso sia il vero protagonista, mi è risultato spesso antipatico. Mi sono chiesta più volte durante la lettura quale fosse il messaggio che Cooper voleva lasciare con questo romanzo. Visto che il tema principale è la dicotomia tra bianchi e pellerossa, lui da che parte sta? Meglio gli indiani o i bianchi? Vorrei poter dire che le cose non stanno così, che in realtà il libro non voleva esprimere una preferenza, ma non è vero, in realtà Cooper ci dice chiaramente che sono meglio i bianchi, e me l’ha confermato l’introduzione. Pare che il nostro James Fenimore fosse anche un po’ bacchettone, quindi immaginatevi se mai poteva dare il suo pieno consenso ad una popolazione di infedeli. Anche se poi fa esprimere al suo “portavoce” (almeno questo è il ruolo che io ho visto in Occhio di Falco) una bella riflessione sull’aldilà, su come secondo lui gli indiani alla fin fine credono nello stesso dio dei cristiani, e si ritroveranno quindi poi nello stesso Paradiso. Anche perché a lui piace più l’idea di infiniti campi di caccia piuttosto che la pace eterna della religione cristiana.
Ogni capitolo è preceduto da una citazione, spesso da Shakespeare o da altri classici, molto attinente alla trama del capitolo in questione, e questa particolarità mi è piaciuta moltissimo, delle volte piùc he apprezzare quel che accadeva nel capitolo mi deliziavo a scoprire in che modo fosse correlato con la citazione iniziale, trovando in alcuni casi questo collegamento veramente geniale!
Il romanzo nella mia edizione è preceduto da due introduzioni dell’autore. Nella prima parla degli indiani e della loro storia, e dissuade fanciulle, celibi e religiosi dal leggere questo romanzo per non rimanerne turbati (…). Nella seconda vengono analizzate le origini degli indiani e i vari ceppi linguistici, e questo mi ha aiutato se non altro a capire che la stessa tribù può essere identificata con molti nomi diversi, anche se non mi ha del tutto salvato dalla confusione su questo punto.
The Last Mohicans by ~RedMusicBox8 on deviantART
Commento generale.
La scrittura di Cooper è fondamentalmente scorrevole, anche se si perde un po’ nelle descrizioni. Il romanzo è una bella storia d’avventura che non rinuncia ai cliché del genere, ma nonostante gli stereotipi e i pregiudizi risulta comunque gradevole. Il finale, onestamente, non me l’aspettavo.
Avvertenze per chi vuole leggere la mia stessa edizione: l’introduzione di Nico Orengo, per quanto molto bella, nei primi due righi rivela il finale del libro. Io le introduzioni le salto sempre per principio, ma questa veramente vi consiglio di leggerla dopo il romanzo, e non prima.
Copertina e Titolo
La mia edizione appartiene alla serie dei “classici del romanzo storico” che la Fabbri publiccò in edicola anni fa. La copertina è rigida ma il formato tascabile, per cui non mi dispiacciono, e le copertine rosse con testo dorato sono piacevoli. Peccato solo che l’immagine in questo modo risulta piccolina! Quella di questo libro penso sia stata creata apposta, perché ci mostra i Nostri in una delle scene del libro. Molto bella.
Il titolo mi piace, ma è un po’ fuorviante perché Uncas è solo uno dei protagonisti e anche perché, morendo a fine romanzo, lascia il titolo di ultimo a suo padre.
Curiosità
Non ne avevo idea, ma ho scoperto che questo romanzo fa parte di una serie dedicata a Occhio di Falco e Chingachgook che comprende in tutto 5 romanzi. Non credo ne sia mai stato tradotto qualcun altro in italiano, e secondo Nico Orengo il motivo è che sono molto meno belli di questo. Il romanzo è ambientato durante la guerra dei Sette Anni e racconta un episodio realmente accaduto durante questa guerra, ovvero il massacro di Fort William Henry. I comandanti che vi parteciparono sono anch’essi due personaggi (secondari) del libro: il Marchese di Montcalm per la Francia e il generale George Munro per la Gran Bretagna. Quest’ultimo è anche il padre delle due fanciulle protagoniste, una delle quali si chiama Alice, omonima quindi della scrittrice canadese il cui libro stavo leggendo in contemporanea a questo.Sfide
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Stereotipato ma con eleganzaScheda del libro
Titolo: L’ultimo dei Moicani
Titolo originale: The last of the Mohicans
Genere: storico, avventura
Autore: James Fenimore Cooper (biografia)
Nazionalità: statunitense
Anno prima pubblicazione: 1826
Ambientazione: Stato di New York, agosto 1757
Personaggi: Occhio di Falco, Uncas, Chingachgook, Cora Munro, Alice Munro, Magua (Volpe Astuta), Duncan Heyward, George Munro
Casa Editrice: Fabbri Editori (I CLASSICI DEL ROMANZO STORICO)
Traduzione: Viviana Cavalli
Pagine: 503
Note: introduzione di Nico Orengo
Link al libro: IN LETTURA – ANOBII – GOODREADS
inizio lettura: 20 giugno 2013
fine lettura: 4 luglio 2013
Trasposizioni
L’ultimo dei Mohicani (1992) di Michael Mann, con Daniel Day-LewisUn po’ di frasi
Una caratteristica delle guerre coloniali del Nordamerica, era che ancor prima di poter incontrare il nemico si dovevano affrontare le fatiche e i pericoli della foresta. Una vasta e apparentemente impenetrabile barriera vegetale separava i possedimenti delle contrapposte province francesi e inglesi nemiche. [incipit] E’ loro [dei bianchi] abitudine scrivere nei libri ciò che hanno visto e fatto, anziché raccontarlo nei propri villaggi, dove una menzogna può essere smascherata subito sulla faccia di uno spaccone codardo e il bravo soldato potrebbe chiamare i suoi compagni a testimonianza della verità delle sue parole. Occhio di Falco (Pagina 56) La storia, come l’amore, circonda i suoi eroi di un alone di immaginario splendore. (Pagina 269) Quando un indiano afferma qualcosa di solito ha ragione; ma quando è confermata da un altro, prendetela come fosse il vangelo! Occhio di Falco (Pagina 290) Lo Spirito che ha creato gli uomini, li ha colorati diversamente. [...] Alcuni li fece con il viso più pallido dell’ermellino delle foreste [...]. Diede a questo popolo l’indole del piccione: ali che non sono mai stanche, piccoli più numerosi delle foglie degli alberi, appetiti da divorare la terra. [...] Con la lingua tura le orecchie degli indiani; il cuore gli insegna a pagare i guerrieri perché combattano le sue battaglie; la sua astuzia gli suggerisce come accumulare i beni della terra; e le sue braccia racchiudono la terra dalle coste del lago salato alle isole del grande lago. La sua ingordigia lo fa ammalare. Dio gli ha dato molto, eppure egli vuole tutto. Questi sono i visi pallidi. Volpe Astuta (Pagine 434-35)explicit Leggi
Basta. Andate, figli dei Lenape, la collera di Manitù non è placata. Perché Tamenund dovrebbe restare? I visi pallidi sono padroni del mondo, e l’ora del ritorno degli Uomini Rossi non è ancora giunta. Il mio giorno è stato lungo. Ho veduto al mattino i figli di Unamis felici e forti; ma prima che fosse calata la mia notte, sono vissuto per vedere l’ultimo guerriero della saggia stirpe dei Moicani. Tamenund
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4 stelline, ambientati negli Stati Uniti, ambientati nel 18° secolo, autori del 19° secolo, autori statunitensi, avventura, explicit, frasi dai libri, Historical Fiction Challenge 2013, incipit, La sfida della grammatica, La sfida della TBR pile, La Sfida Nascosta 2013, Mini Recensioni 2013, segnalibri, Sfida dei Mattonazzi 2013, sfida del protagonista 2, Sfida infinita...o quasi 2013, storico, Tutti diversi, voto 7