(La Vita Felice edizioni, 2014) di Luigi Cannillo è una silloge i cui versi, calati nel 'magma' di un reale stratificato e complesso, appaiono come il diagramma di un'esplorazione faticosa e sofferta che richiama il limbo purgatoriale di Dante. Già dalla prima poesia che dà il titolo alla raccolta si coglie il nesso fra realismo 'visionario', classicismo e allegoria:
Chi scuote questa galleria del vento
dove oscillano fiori e fondamenta
e palpitanti ci animiamo?
Come pianure disperse nella nebbia
misuriamo la potenza del vuoto
respirando l'aria dell'attrito
I cristalli del corpo si accendono
nell'alito imprevisto che ci sfiora
Sono lampi e scatti nel corridoio buio,
e sulla pelle vetro si alterna
a velluto, nel vortice che scorre
sul tappeto o si impenna
un capitano naviga il destino
Dantesca è soprattutto l'idea di una lingua "come per se stessa mossa", obbediente a un'imperiosa ispirazione interiore, necessitata ad aderire alla materia.
Peraltro, come si vede già da questa prima poesia, l'universo di uomo e di poeta si tiene unito, in modo saldo e circolare; tutto è già dato e compiuto sin da subito, come ritorno su se stesso, in altre parole: destino.
E' una poesia così adulta e composta da apparire per certi versi 'inerme'. Si configura come banco di prova, messa in causa ora del soggetto poetante che si muove in una realtà fenomenica dai tratti incerti, sospesa fra sonno e veglia, ora del linguaggio che non sfocia mai in una valenza puramente estetica, in quanto il ritmo pur melodicamente cadenzato, rimane rarefatto e 'mentale'.
Una poesia che destina la parola a finalità profondamente etiche, alla pacata accettazione del dolore, attraverso l'ossimorica coesione fra il nitore apollineo della lingua e la dionisiaca drammaticità del logos poetico.
Diviene evidente come il carattere predominante della raccolta sia la continua e perentoria alternanza di registri. Peraltro essa è suddivisa in quattro sezioni: L'ORDINE DELLA MADRE, 12 SEGNI, IL ROVESCIO DEL CORPO, BERLINER.
Gli elementi poetici ci confondono e si fondono fra essi. Un unico circolo, vizioso e virtuoso al tempo stesso, si compone di svariati 'microcircoli': zodiacali appunto, che paiono contraddistinti da un bisogno di dialogo all'interno di se stessi al fine di tracciare un solco fra la vita e la ricerca del suo senso e della sua pienezza.
Le incognite esistenziali sembrano bloccarsi come grumi impastati ad un tentativo di azione che vorrebbe spingere verso la realtà, indugiare, fermarsi su una tensione fra indifferenza e coinvolgimento, ma tale attesa non è nient'altro che il tempo programmato di una riflessione, una disponibilità anche al vuoto.
Lo sdoppiamento è forse la figura prediletta del poeta, un proiettarsi di passioni in fantasmi, non escluso il fantasma di se stesso come nella poesia del segno dei Gemelli a pag. 33:
Cercami nel profilo alla parete
nel vuoto scavato nell'aria
quando ci allontaniamo
Siamo i lembi separati da sempre
destinati a inseguirci
e fuggire appena sfiorati
Fermami quando ti evito
se mi riconosci allo specchio
o se germoglio nella tua figura
L'impulso è distinguere
fino a rinnegare i fratelli
Se ti avvicini si rivela il doppio
la negazione del primato
E il confine scritto sulla polvere
spalanca i denti a chi lo attraversa
Eppure mi immagini nel buio
planare come riflesso di stella
incontrandomi ti perdi
ritrovi il gemello perduto
Dunque la scrittura di Cannillo si popola di fantasmi, i fantasmi di sé si mescolano ai fantasmi della memoria e ai fantasmi degli stessi luoghi: quella Berlino che nella poesia vive una vita fatta anch'essa di ritorni, separazione, assenza, abbandoni, attesa:
C'è per tutti una seconda patria
con un raggio spinto nella sera
Come la prima parla una lingua
ma alla parola successiva assedia
Accoglie una nostra impronta
e un tempo mentre si distacca
Anche qui immagino e cammino
nella notte una luce estranea
con il coraggio della separazione
Diversi sono il viaggio, e l'attesa
il passo sospeso sulla nuova soglia
ma l'esilio è seminato ovunque
Come osserva Sebastiano Aglieco nella prefazione, nella prima sezione del libro
, l'esperienza della perdita "è la necessità della maturazione,
del passaggio in un secondo tempo della vita quando una voce ci parla più sommessa, senza urlare e ci chiede uno sguardo più aperto, capace di abbracciare anche la morte,
di darle una forma e un nome meno terribile".
In questo nucleo di poesie gli 'oggetti della casa' acquistano un significato particolare, addirittura divengono segnali che 'anticipano il lutto'. (pag.17)
Sono le occasioni minime, di montaliana memoria, gli oggetti o i gesti o le situazioni sfuggite al potere irrigidente della realtà, emblemi che possono schiudere il luogo oscuro della prigionia, tracce di una via di fuga dall'abisso della morte interiore.
L'ordine della madre impronta
forme e limiti, ogni creta
quanto accanto, quanto a distanza
Ha soffiato vento nelle spugne
acceso le luci necessarie
E i nomi scomposti così sussurrati
si definiscono attorno ai confini
conversano, è quel discorrere
l'ordine ad animare la casa
Il materno si dichiara al mondo
nella cura, la scriminatura
nel tesoro delle bocche
L'origine, lo spazio si dispongono
nelle valigie, così l'universo
viaggia con noi, stabilito
nei nostri gesti e nel sonno
Vedi, tutto si riduce ad attesa
il superfluo brucerà nella memoria
Restano poche insegne a scorrere
tutto è ieri e sembra solo osso,
poche righe accompagnano
che la gola restituisce all'aria
E così che l'orizzonte viene
a riprenderci, così minimi e arresi
Di fronte un quaderno aperto
continua a cercarti e chiama
dove si nasconde il proprio male
Ripete in ogni pagina mamma
ormai è buio, è ora di tornare
Anche il corpo allo stremo
continua a proteggerci figli
a colorare il sogno della casa
A noi che torniamo indifesi
l'origine dei gesti innocenti
consegna in eredità l'uscita
Che sia un corridoio agile
e il viaggio in fortuna di vento
affidato a una vena pulsante
Il tempo adesso è tutto nostro peso
le ore firmano la fronte di chi resta
La bellezza della madre è maternità in servizio e poi... grande memoria.
Nella sezione Cannillo ci restituisce alla nostra stessa realtà, quella del corpo 'estasi e tortura, in un unico respiro / che tutto trafigge, come freccia ferma' [...], (pag. 46)
Il corpo diventa una dimensione gnoseologica dell'esistere, di fronte al quale il poeta delinea una lirica giocata tutta sul registro delle note esistenziali di una condizione incerta, di un vagare che si nutre di un risentito smarrimento come di un desiderio incessante.
E' così che i versi martellano instancabili una crepuscolare oscillazione tesa a cogliere le più variegate espressioni dell'esistere, i più vaghi labirinti dell'intelletto,
arrivando a comunicare una sensazione tattile: quella del 'potere del corpo' che 'esplode muto' [...], (pag. 46) o ancora: 'Una bracciata, si capovolge il corpo / e cerca il resto di universo nel compagno' [...], (pag. 50)
La trama del corpo si mostra
al rovescio e l'unica maglia
intreccia il reciproco assedio:
il mio desiderio verso le tue mura
e il tuo esserci al mio desiderare
Un cerchio di fuoco sorveglia
fiero e minaccioso il territorio
perché nessuna vela di salvezza
possa penetrare e l'assediato infine
debba scagliarsi fuori tra le fiamme
E ancora il laccio si ritorce in cappio:
spinge spietato verso la tua assenza
e mozza il fiato all'appuntamento
Dunque è l'angoscia del vuoto la sensazione dominante che opprime il poeta, che
lo spinge a cogliere il battito forte del suo straniamento, per poi arrendersi al proprio destino.
Ma in fondo, non sempre è necessario capire; a volte, è solo sufficiente vivere nel migliore dei modi possibili: attraverso la comunicazione poetica.