Una storia che sa di pepe e cannella, ma senza la banalità esotica del masala.
Si intreccia la storia dell'India dalla fine dell'Ottocento alla fine del Novecento. Il sorgere dello Stato indiano si contrappone alle ceneri del dominio moresco in Spagna tra Quattrocento e Cinquecento.
Il Moro è l'erede tardo di quei moriscos o marranos fuggiti dalla Spagna, da Granada, dopo il 1492.
Le piccanti spezie sono quelle che intridono la pelle delle forti figure femminili. Nella prima parte del romanzo gli uomini non possono che soccombere a cospetto di una forza inarrestabile: nonne, madri, moglie o amanti. Sono le donne a dettare le regole del gioco. Le loro armi sono la lingua tagliente, la decisione dei gesti, una forte creatività artistica e una spiccata sensualità. Epifania, Belle, Aurora e Uma sono coloro alle quali è impossibile dire di no. Protagoniste di amori difficili, ostacolati e resi possibili con la forza dell'ostinazione e della sicurezza.
I figli, i partner di queste forti donne hanno spesso tratti in comune: genitori assenti e un forte bisogno di amore, suicidi e scomparse, un inevitabile ricorso all'immaginazione amica della solitudine e della sofferenza.
Una famiglia che commercia spezie da generazioni ma che sa ampliare i suoi commerci fino a giungere al traffico di droga, di armi e di prostitute. Una famiglia potente che diventa il simbolo dell'India nascente, quel paese che non esita a far ricorso alla violenza per affermare se stessa. La saga famigliare si intreccia dunque con nomi altisonanti come Gandhi, Tagore, Nerhu, Bose, Indira Gandhi. Dietro alcuni personaggi appartenenti alla malavita e ai gruppi religiosi estremisti si rintracciano i tratti di politici e figure tuttora viventi o scomparsi di recente. La stranezza e forza dei personaggi della famiglia Zogoiby richiede un allontanamento dal resto del mondo, una posizione di distacco, superiorità e controllo. Da Cochin al Malabar, dal Kerala a Bombay, la famiglia vive su un'isola, quella di Cabral o di Elephanta.
L'arte è sicuramente una protagonista importante del romanzo. Aurora da Gama è l'artista eclettica ed eccentrica che dipinge gli stati d'animo più reconditi: passione, violenza, forza, tormento, follia. E folli diventano gli artisti che la stimano, emulano, amano, come Vasco Miranda o Uma. Rushdie riesce ad usare la parola-pennello per rendere viva e vibrante un'immagine pittorica evocativa e a tratti delirante.
L'Ultimo sospiro del moro è il titolo-quadro che collega il passato al presente. Il Moro è lo " sfortunato el-Zogoybi, ultimo sultano di Granada, visto mentre abbandona l'Alhambra ". Ma il Moro è anche l'ultimo superstite di una famiglia di antichissime origini iberiche. Un uomo il cui tempo corre al doppio della velocità e che racchiude in sé la stirpe moresca, quella ebraica e quella indiana d'adozione. Il pizzico di realismo magico, indispensabile nei romanzi di Rushdie, è mescolato alle spezie, al pepe famigliare: il Moro nasce dopo soli 4 mesi e mezzo di gestazione nel ventre dell'artista Aurora e la sua vita procede a velocità doppia.
La seconda parte del romanzo descrive, attraverso il pennello di Aurora, e gli espedienti di coloro che la circondano, un'India corrotta, violenta, malvagia. L'India che, dai massacri post Indipendenza arriva, attraverso l'Emergenza imposta da Indira Gandhi, alla mafia degli anni 70', al mondo dell'apparenza del cinema e alla corsa verso la ricchezza ad "ogni costo". Il pennello invasato di Aurora e la parola schietta di Rushdie rappresentano realtà in corsa inarrestabili, quei primi passi di un processo ancora in corsa oggi.
In questa corsa emergono i personaggi maschili: l'ebreo commerciante e trafficante Abramo, il fanatico religioso misogeno Raman Fielding e i suoi picchiatori, il ragazzo-vecchio Moraes Zogoiby, l'artista bisessuale, innamorato e folle Vasco Miranda.
Attraverso queste figure la narrazione cambia registro per assumere le tinte della spy story, dei racconti di gangsters e delle lotte tra bande per il dominio della città. Non potevano quindi mancare reginette di bellezza e attricette Bollywood emblema di quella bellezza che vuole detergere nell'apparenza il marcio e l'oscurità della corruzione e del crimine.
La lotta per il potere, sulla città o sul cuore altrui, culmina nella distruzione, a partire da quella di Ayodhya, nella vendetta, nell'esplosione e nel sangue. La conclusione di un amore non spiegato o non condiviso giunge nel luogo da cui tutto è arcaicamente iniziato, in Spagna. Anche qui, tra stradine assolate e contrade arroccate, sono ancora presenti le divisioni politiche della dittatura franchista appena conclusa. E' in questa terra che il Moro racconta la storia della sua famiglia, la racconta per poter sopravvivere e per tentare di riappacificarsi con l'immagine di una madre nascosta sotto il colore de "L'ultimo sospiro del moro".
Tutta la straordinaria complessità del linguaggio di Rushdie in una trama avvolgente e accattivante. Forse uno dei migliori romanzi di questo interessante autore indiano.
Un frammento dal primo quadro di Aurora:
" E tutto era ambientato in un paesaggio che [...] era la Madre India in persona, la Madre India con le sue vesti sgargianti e il suo moto inesauribile, la Madre India che amava e tradiva e divorava e distruggeva e tornava ad amare i suoi figli, e la cui lotta con questi stessi figli, eterna, appassionata e congiunta, si prolungava ben oltre la tomba; la Madre India che si stendeva tra grandi montagne che erano come grida dell'anima e lungo vasti fiumi pieni di pietà e di malattie, e attraverso aspri altipiani tormentati dalla carestia sui quali l'uomo spezzava col piccone il suolo secco e infecondo; la Madre India con i suoi oceani e le palme da cocco e le risaie e i giovenchi intorno al pozzo, con le sue gru sulla cima degli alberi che mostravano un collo che sembrava un attaccapanni, e gli aquiloni che volavano in cerchio nell'alto dei cieli [...] S. Rushdie, L'Ultimo sospiro del Moro, pag. 71