Magazine Cultura

“L’ultimo viaggio” di Irène Cohen-Janca e Maurizio A. C. Quarello, Orecchio Acerbo

Da Federicapizzi @LibriMarmellata

Ultimo_viaggio_schedaQuale figura, se non quella di Janusz Korczak, va raccontata, illustrata, fatta conoscere ai bambini, ai ragazzi, ai genitori e agli educatori?

Pur nel suo drammatico, ma significativo, epilogo, quella del medico e pedagogista polacco è stata un’esistenza così importante e miliare, che non va dimenticata, non soltanto nel Giorno della Memoria, ma, soprattutto, nella memoria di tutti i giorni, quella che si arricchisce degli esempi illustri, li fa propri e li reitera nelle azioni.

Korczak ha infatti, col suo lavoro – purtroppo non abbastanza noto come meriterebbe – profondamente rivoluzionato la materia pedagogica, il modo di intendere, considerare ed approcciarsi all’infanzia.
Fu uno dei padri e dei pionieri della moderna scienza dell’educazione, non soltanto dal punto di vista accademico – al quale contribuì con scritti e pubblicazioni – ma anche, soprattutto, da quello umano, della vita e delle pratiche.

Fu fondatore della Casa dell’Orfano, a Varsavia, nella prima metà del secolo scorso, un istituto dove egli accoglieva i bambini poveri e senza famiglia, integrandoli in una piccola comunità virtuosa, avanzatissima come sistema educativo.
Un’oasi dove ragazzini sfortunati potevano sentirsi accolti, rispettati, considerati degni di ascolto ed attenzione. Membri attivi, chiamati alla partecipazione, alla solidarietà, alla condivisione delle regole, elevati dall’istruzione, confortati dalle forme d’arte – invitati a cantare, a recitare – responsabilizzati dalla cura di bambini più piccoli e dalle regole definite, note e uguali per tutti. Resi sicuri di crescere in un ambiente senza violenze, né fisiche né tantomeno psicologiche.

E’ esattamente questo spirito di profondo rispetto e considerazione, di serenità ed accoglienza che si respira, si avverte vivo nonostante la tragedia in vero raccontata, nell’albo di Irène Cohen-Janca e Maurizio A. C. Quarello, da pochissimo uscito in libreria con il marchio, sempre indice di alta qualità, di Orecchio Acerbo.
Un’avventura editoriale entusiasmante, condivisa da altre case internazionali – il libro è uscito in coedizione tra i paesi di Italia, Francia, Corea, Canada, Germania e Stati Uniti – nata proprio dall’intenso desiderio di raccontare la statura rivoluzionaria, e per i tempi sicuramente visionaria, di un personaggio d’eccezione, nella cui esistenza idee e teorie coincisero con azioni e insegnamenti.

Esattamente in quest’ottica – e se si legge la meravigliosa, delicatissima e insieme intensa e vigorosa, fluida e toccante, narrazione di Irène Cohen-Janca non si potrà fare altrimenti – si comprende come il gesto finale dell’uomo – la scelta di seguire i suoi bambini nel campo di concentramento, pur avendo avuto la possibilità di sottrarsi al mortifero destino – non fu altro che una conseguenza lineare di ciò che egli era e aveva perseguito e messo in atto per tutta la vita.
Questo non per togliere valore ad un gesto di coraggio spropositato ma per conferirne il dovuto anche a tutti gli altri, più semplici e quotidiani, e al lavoro incessante di uno studioso che fu l’ispiratore e, di fatto, l’autore della Carta dei Diritti dell’Infanzia (approvata poi dall’ONU nel 1989).

Nel libro la figura di Korczak è resa tramite il racconto in prima persona di Szymek, un ragazzino appena adolescente che si trova, come era d’uso nella Casa dell’Orfano, a dover fare da referente e guida ad un bambino più piccolo, appena giunto all’orfanatrofio, nel momento in cui l’intero gruppo è costretto ad abbandonare la sua consueta dimora per essere relegato nel ghetto di Varsavia.
Tutti ebrei, infatti, i piccoli ospiti dell’istituto, come fu ebreo lo stesso Korczak, anche se, in quanto medico e uomo di cultura, per carisma ed influenza, non troppo inviso al regime.

Szymek parla a Mietek e nelle sue parole confluiscono dolore e paura ma anche affetto, riconoscenza, stima. E una dignità gioiosa che non può essere mortificata nemmeno dalle angherie.

Ultimo_viaggio_completo 10
E’ difficile d’altra parte per la comunità abbandonare le propria casa, bella e spaziosa, e trovarsi segregati in un quartiere separato dal resto della città da alte mura presidiate giorno e notte da soldati armati.
Una distanza breve, minuscola, nella realtà, quella che corre tra la vecchia e cara via Krochmalna e il ghetto, ma, nei fatti, più invalicabile dell’oceano che separa Europa e America.
Ma il ragazzo ha imparato bene ad essere rassicurante e positivo con i più piccini, alla stregua di come è sempre stato con lui e gli altri Pan Doktor, il Signor Dottore, come i bambini chiamano, con affetto e calore, Korczak.

Durante il tragitto e nei lunghi mesi a venire – quando il quartiere ebraico diviene sempre più una prigione inumana, restringendosi, popolandosi, riempendosi di uomini e donne disperati, costretti a vivere nelle condizioni igieniche più malsane, senza cibo e senza speranza – la mente va ai giorni sereni, illuminati dalle tante occupazioni organizzate all’interno della Casa dell’Orfano: le rappresentazioni teatrali, le lezioni, ma anche le sedute del Parlamento con tanto di deputati, le sentenze del Tribunale che si impegna a far rispettare una giustizia condivisa e codificata tanto ai bambini quanto agli adulti, le buone e le cattive azioni riconosciute dalle cartoline, le fiabe raccontate ed ascoltate, le canzoni, le poesie, i giochi…

Ultimo_viaggio_completo 20
Con cenni garbati ma chiari l’autrice, continuando a seguire un filo narrativo cronologico, racconta le virtuose pratiche inventate e messe in atto da Korczak, così come viste e recepite dai piccoli.
Ciò che risulta, vivo e acceso, è un sentimento di profonda armonia, non perché nella casa degli orfani mancassero gli screzi, i litigi o le difficoltà della convivenza – anzi, sono anch’essi narrati – ma perché emerge l’atmosfera di una comunità dove ciascun membro è cosciente e sicuro di aver diritto al rispetto e alla dignità, certo di non essere sopraffatto o dimenticato. Pan Doktor – scrive Irène – dava voce alle opinioni e ai sentimenti di tutti i bambini, si accorgeva delle tristezze e delle malinconie, non si affrettava in giudizi, volgeva al positivo le esperienze, era consapevole dell’importanza dell’istruzione, così come di quella della fantasia. Senza affettazioni, finzioni o ipocrisie.

xNon si possono amare tutti allo stesso modo, ma ciascuno ha diritto al rispetto. E questo, pare, nella Casa dell’Orfano fosse una legge. Una di quelle necessarie ed indispensabili per ogni crescita felice.

Emerge, dal libro, anche il radicato senso di giustizia di Korczak, quando viene raccontato come egli non abbia indugiato nel recarsi presso il quartier generale dei nazisti per reclamare un carro indebitamente sottratto agli orfani dai militari. Nonostante per una protesta come questa fossero certe percosse e reclusione , Pan Doktor non poté fare a meno di continuare nella sua azione di vita: la difesa dei bambini e la lotta per il loro benessere.

Ma la Storia, quella ben nota e drammatica, purtroppo si dipana tra le pagine dell’albo. Verrebbe quasi voglia, sapendo dove si andrà a parare, di ricacciarla indietro, protestare, perché l’immersione nelle parole vibranti e delicate di Irène e nelle tavole struggenti e impressive di Quarello pare rendere ancora più ingiusta, tragica e inaccettabile la fine del dottor Korczak e dei suoi bambini.
La violenza e la disumanità della guerra, infatti, appaiono, se possibile, ancora più brutali, se confrontate con l’alta umanità del lavoro dell’educatore polacco, il quale, nella sua attenzione al bambino, al suo sviluppo, non solo fisico ma anche emotivo, nel riconoscimento di una dimensione dei diritti e delle possibilità che prescinda da tutto, perfino dall’età del soggetto –bambini e orfani, cosa ci poteva essere a quel tempo più in fondo alla scala sociale? – afferma a gran voce una parità radicale di tutti gli esseri umani, che non possono, non devono, essere maltratti, umiliati, uccisi.

Ultimo_viaggio_completo 26
Un albo prezioso, adatto ai ragazzi per la lievità di una prosa che, oltre ad essere incantevole, riesce a toccare e far comprendere, non solo i fatti, ma anche lo spirito, il senso, le emozioni.
Senza calcare ma, come forse avrebbe fatto lo stesso Korczak, lasciando che il valore, il bello, di un’esperienza significativa di vita e di impegno, risalti attraverso i sentimenti e i ricordi degli stessi bambini. I narratori d’eccezione, forse sono inventati ma, sono certa, nei fatti verosimili.

Le spettacolari illustrazioni che accompagnano il racconto – il tratto accurato ma morbido del carboncino che crea limpidissimi particolari e rivela suggestive ombreggiature accanto all’occhio acuto e sensibile dell’artista che sceglie, di volta in volta, inquadrature ampie o di dettaglio, possenti o delicate – creano un senso di accorata solennità.
Le emozioni escono dalle tavole assieme alla bellezza, corrono sui volti ridenti di Korczak e dei suoi orfani quando giocano oppure si sprigionano dalle mani strette che, salde in primo piano, nascondono il triste corteo degli ebrei reclusi. Poi si conficcano come spine nell’anima del lettore quando, sul finale, due pagine contigue si aprono a libro, rivelando, sulle quattro facciate che ne risultano, il corteo di bambini che sfila mesto per l’ultimo viaggio.

Non è possibile volere che i bambini non diventino grandi. Non è possibile non imparare dalla Storia.

(età consigliata: da 8 anni)

Se il libro ti piace, puoi comprarlo qui: L’ultimo viaggio. Il dottor Korczak e i suoi bambini


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :