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L’unico frutto dell’Amor

Creato il 30 agosto 2010 da Albino

Salve a tutti. Ieri sono tornato dall’Italia e oggi sono gia’ al lavoro. A proposito, e apro parentesi subito, lasciate che vi dica che se c’e’ una cosa che non sopporto al mondo sono quelli che scrivono “andare a lavoro” invece di “andare al lavoro”. Se siete tra quelli sappiate che (1) vivete nella stoltezza e (2) non siete degni di questo blog, per cui siete pregati di andare a leggervi bastardidentro o altri siti conformi al vostro livello culturale.

Chiudendo parentesi e tornando a quello che stavo dicendo prima: eccomi qua, sono tornato. Devo dire che qui a Tokyo ho trovato un clima che definire di merda credo sia un complimento, nel senso che l’umidita’ sfiora il 100% e fa un caldo atroce. Stamattina, per dire, mi sono svegliato in un lago di sudore, ero sudato perfino in faccia, non so se vi e’ mai capitato di svegliarvi con le gocce di sudore che vi colano dalla fronte, a me non era mai successo. E contate che erano le sei e mezza del mattino, io vivo all’ottavo piano e dormivo con tutte le finestre aperte.

Ma immagino che di questo ve ne sbatta sinceramente poco, e che a questo punto voi invece vogliate sapere come mi e’ andata in Italia, e quali siano le mie prime impressioni dopo il ritorno in questa landa desolata fatta di cemento e giappine. Inizio dal fondo, ovvero dalle impressioni. Mi sento… spaesato? Ieri sono tornato a casa e ho aperto la porta di casa in automatico, ho fatto le mie lavatrici in automatico, sono uscito a cena con amici in automatico, sono tornato a casa, mi sono infilato a letto, indovinate un po’… esatto: in automatico. Praticamente, ho fatto tutto a testa vuota. Questa mattina mi sono svegliato, ho preso il solito treno e sono arrivato al lavoro, con il solito ritmo che mi ha seguito in tutto questo 2010.

Penso che non so cosa pensare. L’Italia e’ il solito posto eccezionale e indescrivibile, a ogni angolo vedi qualcosa che o ti fa incazzare, o ti fa innamorare. E infatti mi manca, come mi mancano gli amici di una vita che rivedo una volta l’anno e con cui ci si capisce al primo sguardo anche se da un lustro ormai non si divide piu’ nulla. Qui non posso pretendere di avere nulla di tutto questo, e a parte chi come me vive fuori credo che nessuno riesca a capire fino in fondo quanto soli ci si senta a volte quando si vive all’estero. Per carita’, sono qui per la carriera, e rispetto a quando sono in Italia mi sento molto piu’ libero di fare quello che mi pare, ed esco con gente che non mi capira’ al volo, ma condivide con me il tarlo del viaggiatore. Gente che non ha aperto un mutuo come quasi tutti i miei amici hanno fatto, ma che appena ha due soldi messi da parte magari va a farsi due mesi in Patagonia zaino in spalla. Sono scelte, ripeto, non facili per molti di quelli che vanno e per certi tra quelli che restano.

Solo che io, questa volta, sembra faccia un po’ di difficolta a ricordare per quale motivo abbia scelto di venire qui nella Terra dell’Incongruenza. Nel Paese dove mettono il cellophane alle banane.
Avete capito bene, il cellophane alle banane. Perche’ vi racconto tutto cio’? Perche’ stamattina ho acceso la TV e ho visto un servizio in cui spiegavano il perche’ di questa cosa. Hanno introdotto l’argomento con un sondaggio, spiegando che per la maggior parte dei giapponesi insacchettare le banane e’ inutile (ma dai?), visto che le banane hanno la buccia che non si mangia. Giustamente: non per nulla in quasi tutto il resto del pianeta il preservativo si mette su un altro tipo di banane, non certo su quelle gialle che compri al supermercato.

Allora, il solerte servizio che sarebbe degno di Studio Aperto e’ andato a chiedere conto al principale fornitore giapponese di banane, il quale ha spiegato che il cellophane serve non solo ad appiccicarci l’adesivo di riconoscimento (mettere il bollino 10 e lode direttamente sulla banana no, eh?) ma soprattutto serve a prendere meglio il casco di banane, per cui quando si mettono le banane sul banco del supermercato si fa prima. Hanno fatto la prova: a spostare una cassa di banane senza cellophane da un punto a un altro c’hanno messo un minuto e 48 secondi, mentre col cellophane il tempo e’ stato di soli un minuto e cinque secondi. Un bel risparmio in termini di efficienza, se vogliamo.

Mi si potrebbe far notare che comunque anche in Italia in molti supermercati si mettono nel banane nei sacchetti, ma dopo, in Italia le mettono i clienti, e questo per la nostra mania compulsiva per la pulizia, vuoi mai che la buccia della banana entri in contatto con dei germi, oddio. Ma restiamo piuttosto a parlare di questa cosa delle banane giapponesi, perche’ qui scaturiscono due pensieri, due quesiti anzi.
Il primo, banale (anzi, banane, ahahaha… scusate la battuta, lol): viene da chiedersi come mai i giapponesi sentano il bisogno di portare le banane dal camion allo scaffale del supermercato portandole a una a una (anzi, a casco a casco, ricordiamo che ogni sacchetto di banane ne contiene quattro o cinque, unite tra loro). Questo e’ un punto che non trova risposta, non mi capacito di questa incongruenza logistica.

Il secondo quesito riguarda il primo principio della termodinamica, secondo cui nulla si crea e nulla si distrugge. Mi chiedo se i giapponesi lo conoscano, e in realta’ secondo me no, non lo conoscono. Non lo conoscono nei sacchetti delle banane, non lo conoscono nei biscotti che vengono insacchettati a uno a uno a loro volta dentro il sacchetto dei biscotti, non lo sanno in tutte le altre cose che mi fanno riempire un bidone di spazzatura di plastiche varie al giorno, non lo sanno nei chili di volantini che mi ritrovo nella cassetta della posta ogni sera, non lo sanno negli attaccapanni usa e getta di plastica che mi danno in lavanderia e che non posso rifiutare, visto che se vuoi il capo senza attaccapanni lo devono piegare, e se lo devono piegare ti costa un euro in piu’.

Non sanno che nulla si crea e nulla si distrugge, perche’ si’, e’ vero, le banane insacchettate gli fanno risparmiare ben 37 secondi per ogni cassa di banane. Ma quei 37 secondi non sono gratis, vengono guadagnati a spese dell’ambiente, e’ plastica prodotta da smaltire, e’ petrolio ed energia consumata, e’ CO2 scorreggiato nell’ambiente, e’ inutile spreco di materia e di energia. E ora sembra essere conveniente magari, perche’ si risparmia tempo e il tempo e’ denaro, ma sacchetto oggi, sacchetto domani, prima o poi il conto arrivera’.

Si puo’ dire, a ragione credo, che ogni banana e’ un piccolo passo verso l’estinzione del genere umano.

L’unico frutto dell’Amor



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