Magazine Libri

L’unico scrittore buono è quello morto – Marco Rossari

Creato il 08 marzo 2012 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

L’unico scrittore buono è quello morto – Marco RossariRecensione di Chiara Rea

«Sapere che non si scrive per l’altro, sapere che le cose che sto per scrivere non mi faranno mai amare da chi io amo, sapere che la scrittura non compensa niente, non sublima niente, che è precisamente là dove tu non sei: è l’inizio della scrittura».
Roland Barthes

Che strana razza quella degli scrittori. Esibizionisti ma spesso schivi, ci regalano un pezzo della propria interiorità attraverso i loro libri eppure sono spesso reticenti a parlare di sé; sostengono che conta solo il testo ma poi non si sottraggono alle polemiche via web e si offendono tra di loro per questioni personali . Sono tutto e il contrario di tutto – e considerando che, in fondo, sono pur sempre persone, la cosa non meraviglia troppo.
Marco Rossari è uno che gli scrittori li ha osservati bene. Oltre a essere scrittore lui stesso, è anche traduttore, mestiere che gli ha dato la possibilità di osservare sul campo le molteplici bizzarrie caratteriali degli scrittori. Ma Rossari non conosce bene soltanto chi scrive, conosce benissimo anche i lettori, gli editori, i critici, i giornalisti e tutto quel sottobosco di strani personaggi che gravitano intorno agli scrittori: fan, groupies, antagonisti, invidiosi, adulatori, e chi più ne ha più ne metta. Rossari ha raccolto tutto questo in un libro che ha il merito di divertire senza essere vuoto e di essere leggero senza diventare frivolo.
Stiamo parlando di L’unico scrittore buono è quello morto (e il titolo è già tutto un programma), una raccolta di racconti, aforismi, aneddoti al limite tra realtà e finzione. In queste pagine troviamo una galleria di ritratti di scrittori reali e immaginati: da uno spaesato Tolstoji alle prese con le stupide domande di un intervistatore radiofonico a Kafka, diventato il patrono di inquietantissimo parco a tema (una stravolta Praga ribattezzata Kafkania); da Shakespeare portato in tribunale per plagio al povero Joyce, che dopo ogni rifiuto si intestardisce a scrivere libri sempre più complessi e ostici. Accanto agli scrittori laureati, una schiera di illustri sconosciuti, scrittori archetipici o alter-ego dell’autore: quello che, dopo aver pubblicato il primo libro, è ossessionato dalle voci che sente scaturire dai libri, dalle persone, dagli oggetti, e per non impazzire è costretto a rinchiudersi in un convento; quello che deve partecipare a un assurdo Poetry Slam; quello che viene spedito a San Francisco a seguire le tracce degli ultimi beat; quello che prova a portarsi a letto le proprie lettrici. E poi:

«C’era uno scrittore che scriveva solo cose vere, ma tutti gli chiedevano cosa c’era di inventato. Non appena passò a scrivere cose inventate, tutti cominciarono a chiedergli cosa c’era di vero».

E ancora:

«C’era uno scrittore che si credeva Proust. Era Proust».

Oltre a essere un libro autoironico e autoriflessivo, che descrive situazioni paradossali con ironia ma senza amarezza, L’unico scrittore buono è quello morto è anche un’ottima prova di scrittura: ognuno dei brani che lo compongono, infatti, è scritto da una mano abile, con uno stile asciutto ma elegante, senza sbavature colloquiali e senza sciatterie. Anche grazie a questo – oltre che per la riflessione sul senso della scrittura e dell’essere scrittore – si riconosce in Rossari un autore coltissimo e talentuoso, attento al significato delle parole e alla costruzione della lingua e soprattutto capace di cogliere sfumature del suo mestiere riflettendo sul suo senso. Insomma, un autore nient’affatto improvvisato.

Nota sull’autore
Marco Rossari è nato a Milano nel 1973. Dopo essersi laureato con una tesi su Charles Bukowski, ha svolto e continua a svolgere vari mestieri nel campo letterario-editoriale. Oltre a essere scrittore, infatti, traduce (tra gli altri Percival Everett e Alan Bennet) e collabora con alcuni quotidiani e riviste. Ha pubblicato Perso l’amore (non resta che bere) (Fernandel, 2003), Invano veritas (e/o, 2004) e L’amore in bocca (Fernandel, 2007). Il suo sito è
www.marcorossari.com.

Per approfondire:
leggi un brano di L’unico scrittore buono è quello morto su Il primo amore
guarda l’intervista a Marco Rossari su La compagnia del libro
leggi la recensione su Flanerì

Marco Rossari, L’unico scrittore buono è quello morto
e/o, 2012
pp. 214, euro 16,50


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :