Ai più, lettori o ascoltatori dei nostri "media", sempre più disinformati in politica estera se non esclusivamente per quel che può tornare utile nell'immediato al Paese, sarà certamente sfuggita la nomina, ad inizio d'anno, di Teodoro Obiang Nguema a presidente dell'Unione Africana(UA).
Diciamo subito intanto che si tratta del presidente della Guinea Equatoriale, 68 anni, considerato uno dei dittatori africani tra quelli più sprovvisti di patente democratica.
Infatti, al primo summit sotto la sua presidenza, ad Addis Abeba, c'è stata una defezione pazzesca degli stessi capi di Stato africani.
Teodoro Obiang Nguema è al potere in Guinea Equatoriale, ex-colonia francese, dal 1979 dopo un colpo di stato, che lo ha reso padrone della terza potenza petrolifera dell'Africa.
Invece, com'è scontato, la maggioranza della popolazione del suo Paese, circa un milione di persone, vive nella miseria(non povertà) più assoluta. E non si fa nulla perché le cose possano in qualche modo cambiare.
Accanto quindi alle proteste, più o meno silenziose, degli altri capi di Stato dell'Unione Africana, per una conduzione non gradita, si unisce la denuncia plateale di Human Rights Watch, la nota Ong, che definisce, per chi avesse buone orecchie e ottima vista, il regime di Teodoro Obiang Nguema l'esatto opposto di ciò che l'Unione Africana vorrebbe proporre in Africa.
A questo punto si capisce parecchio anche a proposito di crisi libica e destino di Gheddafi per quel che riguarda le decisioni e gli atti conseguenti dell'Unione Africana.
Un puzzle sempre più complesso quello africano per noi occidentali e perciò meritevole, oltre misura, di parecchia attenzione in un mondo comunque e necessariamente interdipendente.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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