Per caso stamani mi sono imbattuto in una foto del vertice dei BRICS tenutosi a fine marzo in Sudafrica. Nell’immagine si vedevano in posa Xi Jinping (Cina), Dilma Rousseff (Brasile), Vladimir Putin (Russia), Manmohan Singh (India) e Jacob Zuma (Sudafrica). Il ritratto di gruppo di questi grandi leader mi ha richiamato alla mente un dubbio che mi insegue da tempo: ma cosa hanno da spartire questi cinque Paesi, così diversi l’uno dall’altro, sia economicamente, sia politicamente?
A ben guardare, la formalizzazione del rapporto dei BRICS è piuttosto recente, poiché il loro primo meeting è del 2009, con il Sudafrica che aderì alla formazione solo un anno dopo. Sicuramente, l’aspetto primario che tiene unito il gruppo è il comune andamento economico positivo da almeno dieci anni (salvo il Sudafrica), il che si traduce anche nella promozione di sistemi di produzioni alternativi a quelli occidentali, in un velato terzomondismo e in obiettivi politici ben precisi.
Tuttavia, ogni Paese dei BRICS ha un proprio modello politico-economico e, spesso, la gestione delle relazioni internazionali si tramuta in un vero neo-imperialismo non dissimile dall’arroganza dell’Occidente. Inoltre, i livelli di democraticità dei sistemi brasiliano, indiano e sudafricano non sono quelli della Cina e della Russia. Se si analizzano le diversità economiche, si nota che, per esempio, la Cina superi di gran lunga la produzione degli altri Paesi messi insieme; che il Brasile stia rallentando; che l’India forse cominci ad accusare una sosta nella grande spinta avviata negli anni Novanta; che la Russia dipenda per lo più dalle esportazioni di petrolio e gas e che il Sudafrica, rispetto ai partner, abbia un ruolo marginale.
Sul piano politico, come può esserci concordia tra i partecipanti? Russia e Cina si affrontano in Asia centrale e, insieme con l’India, nell’intero continente asiatico; Cina e India hanno controversie ad alto rischio nell’Oceano Indiano; il Brasile e – ancora – la Cina hanno ingaggiato un duro scontro in Africa. Sinceramente, non riesco ancora a capire se i BRICS potranno trasformarsi in una vera organizzazione politica capace di condizionare la politica mondiale o se, casomai, eventuali modificazioni nelle dinamiche mondiali possano derivare solo dall’influenza dei singoli Paesi membri, quasi si trattasse di un blocco costruito forzatamente per dimostrare l’inevitabilità del contrasto all’Occidente: tutti gli “altri” a ogni costo contro l’imperialismo e il capitalismo euroamericani. Al momento lancio questa provocazione, sulla quale io per primo non posso che riflettere.
Beniamino Franceschini