L'Unione Italiana Ciechi mobilita i suoi soci perché rivendichino presso la Regione Siciliana contributi, a tutela di presunti diritti violati.
Una voce controcorrente e di dissenso rispetto a questa indicazione giunge da Trapani, da Santo Graziano (tiflologo, docente, operatore della formazione degli insegnanti di sostegno e già dirigente dell'Unione Italiana Ciechi). Graziano sostiene che «Nel momento in cui i cittadini italiani e in specifico siciliani sono continuamente chiamati a sacrifici e a rinunce, non è più tollerabile il fatto che le istituzioni ascoltino solo la voce dell'U.I.C.I. come voce dei ciechi».
Graziano, con una analisi attenta e puntuale, fuor da ogni luogo comune sulla cecità e sulla immagine vagamente ottocentesca dell'assistenza ai "poveri ciechi", mette in discussione: l'uso dei finanziamenti regionali da parte dell'UICI, attraverso una gestione autoreferenziale, prima che diretta verso gli assistiti, dissennata e dilapidatoria; il dichiarato numero di ciechi assistiti («le sezioni U.I.C.I., innanzi tutto, non assistono il numero di ciechi che dicono di assistere. È giunto il momento che le istituzioni smettano di assumere per buoni i dati di parte forniti dall'associazione e provvedano a documentarsi da sé prima di erogare soldi in fiducia»); la pletorica organizzazione di lavoro della stessa Unione («organici gonfiati»); l'erogazione dei servizi per i ciechi, talvolta solo fittizia e sulla carta. Una disamina cruda che squarcia un velo di colpevole distrazione e, soprattutto, obbliga a rivedere e valutare il reale funzionamento di una emerita associazione come l'UICI.
Graziano ha scritto una lettera agli assessori Luca Bianchi ed Ester Bonafede e ai presidenti delle commissioni Nino Dina (Bilancio e Programmazione), Marcello Greco (Cultura Formazione e Lavoro) e Giuseppe Di Giacomo (Servizi Sociali e Sanitari) per mettere in chiaro quanto sopra sintetizzato.