Una squadra dell'Università dell'Arizona, guidata dall'astronomo Peter A. Milne, ha scoperto che le supernovae, comunemente utilizzate per misurare le distanze nell' Universo, sono più diversificate di quanto di pensasse. I risultati hanno notevoli implicazioni sul calcolo dell' espansione dell'Universo a partire dal Big Bang.
Il loro studio è stato pubblicato sulla rivista Astrophysical Journal.
THE CHANGING FRACTIONS OF TYPE IA SUPERNOVA NUV-OPTICAL SUBCLASSES WITH REDSHIFT [abstract]
Ultraviolet (UV) and optical photometry of Type Ia supernovae (SNe Ia) at low redshift have revealed the existence of two distinct color groups, composed of NUV-red and NUV-blue events. The color curves differ primarily by an offset, with the NUV-blueSecondo la ricerca, un particolare tipo di supernova, considerato fino ad oggi con caratteristiche omogenee ed utilizzato per questo dai cosmologi come "faro cosmico" per scandagliare le profondità dell'Universo, in realtà si differenzia in popolazioni distinte. Un po' come acquistare un grande campione di lampadine tutte da 100 watt e scoprire che emettono una luminosità diversa.
"Abbiamo rilevato che le differenze non sono casuali ma portano a separare le supernovae in due gruppi, dove il gruppo più piccolo è più vicino a noi mentre quello più grande è più distante e quindi corrisponde alle fasi più giovani dell'Universo", ha spiegato Milne.
La scoperta porta un po' di scompiglio nella teoria comunemente accettata che l'Universo si sta espandendo ad un ritmo sempre maggiore, membrato da una forza poco conosciuta, l' energia oscura.
"L'idea alla base delle attuali teorie", ha spiegato ancora Milne, "è che le supernovae arrivano ad avere tutte la stessa luminosità, o quasi, una volta che sono esplose e per questo sono state utilizzate come pietre miliari nel lontano Universo".
In poche parole, "le supernovae lontane dovrebbero essere come quelle vicine ma dato che, invece, risultano più deboli del previsto, si è concluso che in realtà devo trovarsi più lontano di dove sarebbero dovute essere. E questo, a sua volta, ha portato alla conclusione che l'Universo si sta espandendo più velocemente che in passato".
Milne ed il suo team hanno osservato un vasto campione di supernovae, nel visibile ed bell'ultravioletto, combinando le osservazioni del Telescopio Spaziale Hubble con quelle del satellite Swift della NASA. I dati di quest'ultimo sono stati fondamentali per cogliere le lievi differenze nello spostamento verso il rosso o verso il blu dello spettro, che sono poco percepibili nella luce visibile.
M101 ripresa dal satellite Swift. Le linee gialle indicano la posizione la posizione della supernova SN 2011fe.
Credit: NASA/Swift
"Identificati i due gruppi di supernovae con i dati Swift, siamo andati a verificare anche altri database, trovando la stessa tendenza presente nei vari set di dati", ha detto Milne.
" Andando indietro nel tempo la popolazione di supernovae cambia. L'esplosione ha qualcosa di diverso, che non si nota in luce ottica ma salta fuori in ultravioletto", ha aggiunto.
"Nessuno si era mai accorto prima di questa differenza. Se ne guardassimo 10 vicine, queste tenderebbero mediamente di più al rosso, rispetto ad un campione di 10 supernovae lontane".
Per gli autori ciò implica che molte delle accelerazioni riportate finora, possono essere spiegate più semplicemente con una differenza di colore tra i due gruppi di supernovae. L'accelerazione dell'Universo, perciò, non sarebbe così significativa e la quantità di energia oscura andrebbe ridimensionata di conseguenza. Milne ha specificato, però, che devono essere raccolti più dati prima di poter scrivere un numero esatto e valutare l'impatto della scoperta sulle attuali misure di energia oscura.