L’antico Egitto ci tramanda un messaggio culturale tra i più affascinanti che l’umanità abbia conosciuto. Non solo per le testimonianze più universalmente note (le piramidi, le mummie, la Sfinge, i geroglifici), ma anche per alcuni stupefacenti risultati – meno noti al grande pubblico – ai quali erano pervenute sia la scienza medica e chirurgica che la tecnologia delle costruzioni. Il libro L’UNIVERSO EGIZIO – Origine e fine della civiltà egiziana – di Pasquale Vallone (di professione medico) ad un certo punto si domanda: “(…) Perchè ho scritto questo libro? Innanzitutto per passione, per una grande e totale passione, come ho già ribadito più volte, in secondo luogo per ordinare e dare corpo ai miei scritti, frutto di ricerche messe su e portate avanti per anni spesso in situazioni difficili e nei pochi momenti di pausa (nei giorni festivi e di notte) dall’intenso lavoro di una professione non priva di responsabilità e vissuta con la piena coscienza che questa comporta (…)”.
Francesca Rita Rombolà ha posto alcune domande a Pasquale Vallone su temi diversi inerenti all’antico Egitto.
D – La civiltà egizia è ancora oggi, per molti versi, molto misteriosa. Ne vuoi parlare brevemente anche in rapporto al tuo libro L’UNIVERSO EGIZIO?
R – La civiltà egizia fu e rimane una civiltà misteriosa e complessa, forse la più misteriosa e complessa che sia esistita sulla terra, inquietante e allo stesso tempo attraente. Quello che conosciamo dell’antico Egitto lo dobbiamo all’esplorazione moderna del paese attraverso gli scavi archeologici e attraverso l’interpretazione delle iscrizioni sui monumenti. E’ una conoscenza sempre nuova e in continua evoluzione legata all’archeologia. L’archeologia, ovvero la scienza delle cose antiche, è la conferma della storia antica che, riportando alla luce i resti sepolti, dissolve i dubbi, migliora le nostre conoscenze e serve a scoprire, o meglio, a illustrare il corso della storia umana. Tra le civiltà antiche che con tanta fatica riescono ad emergere dal mondo confuso della preistoria quella egizia, forse la più conosciuta, con i suoi millenari misteri, ci consente di seguire quel processo evolutivo che fu opera della tenacia dell’uomo il quale, adattandosi all’ambiente, riuscì a trasformarlo.
D – Gli inizi della civiltà egizia sono tutt’ora oscuri, avvolti nella leggenda, o si sa abbastanza al riguardo tanto da essere suffragati da dati storici sicuri?
R – Sì è vero, gli inizi della civiltà egizia sono tutt’ora oscuri e, forse, avvolti nella leggenda perché le sempre nuove conoscenze che si hanno dalle continue ricerche e scoperte archeologiche sono suffragate da interpretazioni a volte non certe e quindi misteriose. Si cerca di costruire, attraverso essa, la storia ma spesso ci si trova a dover cambiare il corso e il valore degli eventi. Emblematiche al riguardo sono: le liste dei re, ovvero le trentadue dinastie e la battaglia di Kadesh. Le liste delle dinastie iniziano con Menes (o Narmer), verosimilmente il primo faraone la cui esistenza è comprovata da monumenti. Colui che unificò l’Alto e il Basso Egitto perchè sposò la principessa Necthotep anche per riappacificare le tribù del nord e del sud in guerra tra loro. Costui fondò la capitale, Menfi, e fece cotruire palazzi per l’amministrazione del paese, che furono il centro del potere.
D – E’ giunto il momento di parlare un pò di medicina, il tuo campo specifico, poichè hai svolto la professione di medico per più di trent’anni. Nell’antico Egitto la medicina era molto sviluppata e i medici tenuti in gran conto. Illustra l’argomento, in sintesi, prendendo anche spunto dalla tua esperienza personale di medico di famiglia, che ha anche curato varie e molteplici patologie nel corso della sua esistenza.
R – La storia della medicina egizia non fu mai disgiunta dalla religione. E’ stata una disciplina quasi esclusivamente pratica ed empirica. La medicina egizia aprì la strada del futuro perchè fornì la base delle nostre conoscenze moderne in ambito medico, infatti insegnò a ricercare e a scandagliare, nel corpo umano, la causa delle malattie. Gli antichi egizi gettarono le basi della scienza medica perchè erano liberi dai ceppi di tabù religiosi che potevano impedire la dissezione del corpo umano. Partendo dai loro esperimenti funebri, acquisirono una conoscenza diretta dell’anatomia del corpo umano. Le loro conoscenze al riguardo furono scritte sui famosi papiri. Gli eccipienti con i quali preparavano unguenti e pomate erano più o meno gli stessi in uso ancora oggi. Nel papiro di Ebers, un rotolo lungo venti metri e databile alla XVIII dinastia, 1500 a. C., sono citate circa novecento prescrizioni di medicamenti, molti dei quali figurano ancora oggi nelle moderne farmacopee fra i quali, ad esempio, la trementina, la senna, l’olio di ricino. Una pianta molto nota era la mandragora, i cui effetti ipnotici e analgesici sono legati alla presenza di due sostanze: atropina e scopolamina. I medici egizi erano organizzati secondo una gerarchia ben precisa e definita. Al vertice vi era il medico personale del faraone al quale erano sottoposti i medici del Palazzo uno dei quali era il “supervisore” di tutti gli altri. Seguivano gli “ispettori dei medici” e infine la gran massa dei “medici di base”.I medici egizi godevano di un tale prestigio che molti nobili e re si revavano in Egitto da altri paesi per consultarli. In alcuni casi, erano i medici stessi che, dietro autorizzazione del faraone, andavano presso i potenti dei paesi vicini per prestare la propria opera. Essi eccellevano soprattutto nella chirurgia del cervello. Anche le donne potevano esercitare la professione medica. Una donna di nome Peseshet divenne addirittura “supervisore”. I medici egizi, quando visitavano un ammalato, erano soliti compilare un questionario nel quale annotavano: l’aspetto del malato, il suo stato di coscienza, il suo potere uditivo, l’eventuale presenza di tremori, di secrezioni o tumefazioni; osservavano i caratteri delle urine, delle feci e dell’espettorato, valutavano la temperatura e le alterazioni del polso. Al termine dell’esame, che si completava con la percussione e l’auscultazione, il medico scioglieva la prognosi indicando tre possibilità: è un male che tratterò, prognosi favorevole; è un male che combatterò, prognosi infausta.
D – Bene. Una figura quale quella del dio Thoth è davvero significativa, secondo te? A te piace? E’ fra le tue preferite oppure no?
R – Il dio Thoth, nell’Olimpo degli dei egizi, è il nome dato dai greci al dio egizio Dyhowtey. E’ rappresentato sotto forma di Ibis, uccello che volava sulle rive del Nilo, e che era libero di costruire il nido ovunque volesse. Il suo uccisore veniva lapidato. E’ rappresentato anche sotto forma di un babbuino. Il culto di Thoth comparve nel periodo predinastico a Hermopolis. Egli era considerato una delle divinità creatrici del mondo. Dio della luna e quindi signore del calendario, era anche il dio creatore, signore della parola divina. Era anche una divinità dell’oltretomba, infatti, durante il giudizio del defunto ne pesava il cuore al cospetto di Osiride. I greci identificarono Thoth con Hermes, lo dissero Trismegisto, cioè “tre volte grande” e gli attribuirono la paternità di scritti magici, astrologici e alchemici, che permisero, in seguito, di parlare di una tradizione “ermetica”. Per quanto detto, la figura del dio Thoth è molto importante e significativa non solo nell’antico Egitto ma anche in tempi più recenti e moderni nei quali Thoth, in fondo, non è mai stato “dimenticato”. Sì, io sono molto legato a questa importante divinità, anche per la passione che nutro per l’opera lirica. Non posso, infatti, esimermi dal ricordare un’altra divinità dell’Olimpo egizio di verdiana memoria: “L’Immenso Ptah invocato nell’Aida.
D – Il blog www.poesiaeletteratura.it si occupa di poesia, di letteratura, in una parola, di scrittura. Quest’ultima era molto importante nell’antico Egitto, a tuo parere, lo è ancora oggi?
R – La scrittura è il modo per trasformare in immagine visiva permanente il suono prodotto dalla parola mediante l’uso di segni convenzionali: lettere, segni accessori, cifre ecc. ecc. quindi è la rappresentazione grafica della lingua parlata. Essa permette la trasmissione durevole di informazioni. Gli egizi usavano caratteri sacri, così definiti perchè venivano impiegati per la scrittura religiosa, soprattutto nei templi, dagli scribi. Tali segni sono chiamati geroglifici, dal greco hieros, sacro, e glifen, incidere. I geroglifici furono usati dagli egizi fin dal IV millennio a. C. rimanendo in uso fino al IV secolo d. C. In origine, furono una forma di scrittura pittografica che esprimeva i concetti mediante pitture e disegni. I segni erano circa settecento, detti ideogrammi, e potevano anche esprimere una azione: una donna in ginocchio, sotto la quale spuntava la testa di un bambino, significava “partorire”; un uomo di fronte a un muro significava “costruire”. La lettura di un geroglifico può essere fatta in quattro direzioni: da destra a sinistra; da sinistra a destra; dal centro a sinistra; dal centro a destra. La scrittura geroglifica è detta “monumentale” perchè usata soprattutto per le iscrizioni scolpite sulle pareti dei templi e delle tombe. La scrittura a penna su papiro fu detta “ieratica” dal greco ieratikos, sacerdotale, sacro. Infatti, essa era molto usata solo dai sacerdoti nella trascrizione di libri sacri.
So che oggi, 24 giugno, è il giorno del tuo settantesimo compleanno, perciò ti giungano gli auguri più sinceri e tante felicitazioni mie personali e del blog.
Grazie mille.
Francesca Rita Rombolà
Pasquale Vallone